Grazie a Dio, l’Ulivo non governa
di Pierluigi Mennitti

“Grazie a Dio, non governiamo noi”. Come dare torto alla frase di Silvana Dameri, deputata piemontese dei Ds, pronunciata in Transatlantico nelle ore in cui l’Ulivo consumava la sua deriva verso l’irresponsabilità politica, definendo la richiesta di ritiro delle truppe dall’Iraq e unificando la propria posizione a quella della sinistra radicale. Grazie a Dio non governano loro, non ancora. E grazie a Dio possiamo assistere alla definizione di una linea precisa di politica estera prima di andare al voto europeo, prima cioè di poter dare all’attuale opposizione l’occasione di partire di slancio verso la lunga marcia del 2006. I mal di pancia espressi soprattutto all’interno dell’area culturale riformista, molto meno in quella politica, testimoniano quanto vincolante sia stata la decisione del Triciclo di infilarsi nel tunnel senza uscita della richiesta di ritirare le truppe.

Proprio nel momento in cui i paesi della coalizione stanno ridefinendo strategie e obiettivi, sulla scorta dei cambiamenti avvenuti in Iraq e degli errori strategici commessi nel cosiddetto dopoguerra. Proprio nel momento in cui l’Onu si appresta ad intervenire direttamente nella gestione politica della transizione irachena e il suo segretario Kofi Annan ringrazia pubblicamente il governo italiano per la sua presenza a Nassiriya. Proprio quando, al vertice di una Lega Araba in cui le voci moderate tornano a sollevarsi, il presidente egiziano Mubarak invita le forze militari occidentali a non abbandonare il paese pena il caos più totale.

Come hanno notato sconsolati alcuni commentatori di area riformista, invece di cogliere l’occasione delle novità per rivendicare (magari un po’ a sproposito) il successo di un cambiamento strategico, l’Ulivo ha deciso di tuffarsi nel mare magno del pacifismo, rilanciando l’appeasement di fronte al terrorismo - cioè la resa senza combattere - come guida generale della politica estera. Una deriva che in realtà non ci sorprende: non tanto perché la campagna elettorale stia forzando la posizione dei riformisti, quanto perché la linea pacifista è stata sempre, in fondo, la linea dell’Ulivo e di Prodi. Una linea anti-americana e anti-occidentale in nome di un’alternativa mai precisata e mai espressa. Tanto, grazie a Dio, non devono mica governare.

20 maggio 2004

pmennitti@ideazione.com

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