New Europe/6. Lettonia tra l’incudine e martello
di Angela Regina Punzi

Ampie pianure, modesti rilievi e una lunga costa che affaccia sul mar Baltico. La Lettonia è racchiusa fra le due sorelle, l'Estonia a Nord e la Lituania a Sud, schiacciata ad Est dalla Russia e dalla Bielorussia. Erede di una posizione geografica strategica, e a volte scomoda, ponte naturale verso il più vasto mercato della Russia “bianca”, la Lettonia sta recuperando ad un ritmo sostenuto il ritardo accumulato durante gli anni sovietici. Dopo gli ottimi tassi di crescita dell’ultimo quinquennio, il 2002 è stato un anno particolarmente difficile. Rispetto al 2001 le esportazioni sono calate, le importazioni aumentate e il naturale aumento di deficit ha portato a non pochi problemi per il governo. Il primo ministro, Einars Repse, ha subito informato il parlamento della strategia che intende attuare per rendere il prossimo bilancio “qualitativamente e quantitativamente” differente dai precedenti. Verranno tagliate le funzioni che lo Stato non può adempiere, mentre verrà assicurato un finanziamento totale in materia di polizia, giustizia, insegnamento e sanità. Repse indica come settori in cui verranno effettuati i tagli: la pubblica amministrazione, i servizi e l’acquisto di materiale tecnologico.

Sempre nell’ottica del risanamento, il ministro delle Finanze, Valdis Dombrovskis, ha cercato di raggiungere un accordo con Estonia e Lituania per aumentare simultaneamente la tassa sulla benzina entro il primo maggio del 2004. In tal modo si potrebbero anche evitare problemi di code nelle zone di frontiera. Altra nota dolente: fino a pochi anni fa, su 60.000 km di strade, solo un terzo era asfaltato. Promette bene, al contrario, il settore turismo. Nel 2002 hanno visitato la Lettonia 808.000 turisti, e sebbene la maggioranza dei turisti provenga dai paesi confinanti, si è avuto un aumento di vacanzieri provenienti da Germania e Finlandia. Sebbene la situazione del 2002 non ha sempre portato i risultati sperati, il governo lettone è comunque stato premiato per la sua assiduità e costanza e il Fmi ha riconosciuto i progressi raggiunti in politica macroeconomica nazionale.

Ma il governo baltico ha anche un’altra questione spinosa da affrontare. La Lettonia è costretta ad importare tutta l'energia elettrica dalla Lituania e dall'Estonia, e questo crea numerose difficoltà all'economia statale. Il ministro dell’Economia ha emesso una licenza che permette alla compagnia norvegese-statunitense Tgs Nopec d’intraprendere ricerche di giacimenti di petrolio nelle acque territoriali lettoni. La compagnia avrà l’esclusiva della ricerca ma non dell’estrazione. Inoltre, sono stati stipulati diversi accordi bilaterali per facilitare gli scambi economici di materie prime con la Bulgaria, la Georgia e la Croazia. E questo dopo che nel 2002 le relazioni tra Lettonia e Russia sono state intrattenute in modo alquanto ambiguo. L’ex primo ministro Berzins aveva più volte tentato nel corso del 2002 di sottolineare l’importanza del ruolo che la Lettonia, insieme a Lituania ed Estonia, avrebbe potuto svolgere nel commercio del petrolio dalla Russia e dal Kazakistan verso l’Unione Europea, una volta divenuta paese membro. Ma, la possibilità di una notevole diminuzione del transito di greggio russo e kazhaco attraverso i paesi baltici, ha di fatto reso le relazioni diplomatiche con la Russia notevolmente instabili. E il provvedimento russo di taglio dei rifornimenti energetici alla Lettonia, in occasione dell’invito da essa ricevuto ad aderire alla Nato, dell’imminente ingresso nell’Unione Europea e all’appoggio agli Stati Uniti in occasione della dichiarazione di guerra contro la dittatura di Saddam Husein in Iraq, ha confermato tensione nei rapporti tra Russia e Lettonia.

In passato hanno occupato questo piccolo paese, i potenti vicini di Svezia, Russia e Germania, ma alla fine sono stati i russi ad insediarsi stabilmente, mischiandosi alla popolazione in diverse città. Ancora oggi moltissimi abitanti della Lettonia sono russi, e parlano la loro lingua. Dal 1999 esiste una legge che impone di dar loro la cittadinanza dello Stato, ma nel 2000 si è stabilito anche che vige una sola lingua: il lèttone, appunto. Decisione che però ha suscitato forti proteste della minoranza russofona. Putin ha più volte sottolineato come sarebbero più semplici i rapporti con il paese se questo fosse guidato da un partito che rappresenti la minoranza di lingua russa e che sia ben disposto a riallacciare relazioni diplomatiche strette con la Russia. Da parte lettone, comunque, sono stati fatti innumerevoli tentativi per facilitare le relazioni di tutti coloro che hanno per motivi di lavoro, o familiari, necessità di spostarsi di frequente nei paesi vicini. La parabola del figliol prodigo insegna.

30 aprile 2004

a.punzi@libero.it

 

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