Bush–Kerry, sfida a colpi di spot
di Alessandro Gisotti

In attesa dei dibattiti televisivi, che caratterizzeranno lo scontro finale tra George Bush e John Forbes Kerry, i due contendenti si affrontano a distanza a colpi di spot. Immagini, musiche e parole concentrate in trenta secondi per convincere gli elettori indecisi a schierarsi da una parte o dall’altra della barricata. Lo staff del presidente in carica ha atteso l’esito del Supertuesday, che ha incoronato il senatore del Massachusetts candidato democratico allo Studio Ovale. Quindi, è iniziato lo “shock and awe” televisivo. D’altronde, di soldi da spendere in spot Bush ne ha in abbondanza. Decisamente più di Kerry, che infatti lancia continui appelli per il finanziamento della sua campagna per la Casa Bianca. Anche Bill Clinton ha perorato la causa dalle pagine di www.Johnkerry.com.

Lo slogan che accompagna tutti i messaggi elettorali di Bush è “Steady leadership in times of change”: una guida sicura in tempi di cambiamento. Di segno opposto il motto di Kerry (per la verità non molto originale): “A new direction for America”. Nella prima serie di spot “approved” dal presidente - andata in onda il 3 marzo - sono prevalsi i simboli del patriottismo, dalla bandiera agli uomini in divisa impegnati contro il terrorismo. Ha fatto la sua comparsa anche la schiva first lady Laura. Il messaggio, che gli strateghi di Bush - Karl Rove in testa - hanno voluto far passare con questa prima ondata è molto chiaro: l’America ha superato il momento critico dell’11 settembre ed ora, grazie al presidente, è più forte e più sicura. “Safer and stronger” è appunto il titolo di uno dei “tv ad” presidenziali più gettonati. Il registro è cambiato il 16 marzo con una serie di attacchi molto duri, che hanno preso di mira le scelte politiche dell’avversario democratico, non sempre apparso coerente nei suoi lunghi anni di servizio al Senato. In uno spot dal titolo “Wrong on defense”, viene ricordato con enfasi che il novello JFK ha prima detto sì all’uso della forza contro Saddam, per poi negare il suo voto al finanziamento delle truppe di stanza in Iraq.

D’altro canto, lo stesso Kerry, con un “tv ad” passato sui piccoli schermi americani a fine febbraio, aveva messo l’accento sulle promesse non mantenute da Bush. Nello spot, icasticamente intitolato “We make a pledge, we keep our word” (Quando promettiamo una cosa, la manteniamo) alcune dichiarazioni di Bush su temi chiave come disoccupazione, welfare e sicurezza vengono accostate a dati e statistiche, che proverebbero il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’amministrazione repubblicana. A dimostrazione del fatto che i video clip elettorali stanno dominando questa fase della campagna elettorale, Kerry ha risposto alle bordate di Bush con una serie di “tv ad”, in onda dal 12 marzo, incentrati sulla domanda: “L’America non merita forse qualcosa di più dal suo presidente piuttosto che spot ingannevoli”. Da ultimo, per contrastare l’immagine di politico debole e tentennante sulle questioni di sicurezza – i suoi critici lo definiscono flip-flopper, voltagabbana – il candidato democratico ha mandato in onda, da lunedì 22 marzo, uno spot che alterna immagini di “Kerry 2004” con quelle degli anni ‘70, quando il giovane ufficiale di marina si conquistava medaglie al valore nella giungla del Vietnam. Il messaggio che risuona nel video è una risposta secca al “presidente di guerra”, come ama definirsi Bush. Sono 35 anni che Kerry combatte per la sua patria: “Ha l’esperienza militare per difendere il Paese”.

26 marzo 2004

gisotti@iol.it

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