Germania. Il declino del Cancelliere
di
Pierluigi Mennitti
Il tracollo elettorale di Gerhard Schröder nelle elezioni comunali di
Amburgo non è certo un buon viatico per il lungo anno elettorale che
interesserà la Germania: 14 tornate tra amministrative ed europee che
potrebbero scompaginare il panorama politico tedesco. Ma non lo è
neppure l’ultima notizia sul fronte economico sfornata dall’autorevole
agenzia federale di Norimberga: la disoccupazione riprende a salire. Più
46mila senza lavoro è il dato di febbraio rapportato al mese precedente.
Cifra totale: 4 milioni 641mila disoccupati, l’11,1 per cento
dell’intera popolazione. Trecentomila solo nella capitale Berlino, in
gran parte giovani che trovano difficoltà a inserirsi nel mondo del
lavoro. I dati sulla mdisoccupazione seguono di qualche giorno quelli
sulla crescita economica: meno 0,1 per cento, il peggiore di tutta
l’area euro. Dati in rosso, come rosso è il colore della maggioranza
governativa e rosso è l’allarme ormai scattato nelle stanze del
Bundeskanzleramt, la nuova Casa Bianca berlinese.
Il voto di Amburgo è stato emblematico. Nell’ex roccaforte
socialdemocratica, nel centro finanziario ed editoriale del paese da
sempre sede dei poteri forti che guardano a sinistra, l’Spd ha raggiunto
il minimo storico: 30,5 per cento, un balzo indietro di 5 punti
percentuali rispetto alle elezioni precedenti. La crescita dei verdi del
ministro degli Esteri Joschka Fischer (oltre il 12 per cento) ha
attutito il tonfo della coalizione di governo ma non è servita a
superare gli avversari democristiani che si sono imposti con il 47,2 per
cento: ben 20 punti percentuali in più rispetto al voto precedente.
Evaporati i liberali, rimasti sotto la fatidica soglia del 5 per cento,
la maggioranza locale che continuerà a governare Amburgo sarà
conservatrice al 100 per cento, in netta opposizione con quella federale
che alberga a Berlino. Uno smacco per il Cancelliere.
Il crollo di Schröder, però, non deve sorprendere. Sono anni che il
Cancelliere è in difficoltà e nel 2002 ottenne la riconferma solo grazie
a una serie di eventi straordinari, tra cui l’alluvione nel quale
naufragò il candidato democristiano sino ad allora favorito. Ma il
progetto politico della socialdemocrazia ha continuato a dimostrarsi
inadeguato per innovare il sistema paese tedesco, trascinandolo sempre
più verso l’impasse. Schröder paga dunque il risultato di promesse non
mantenute e di riforme varate troppo in ritardo. Ha scontentato
l’elettorato riformista, quello della prima fase, che gli imputa di non
aver saputo rimodellare l’economia e la società tedesca per renderla
competitiva di fronte alle sfide della globalizzazione, condannandola a
un declino umiliante. Oggi scontenta anche l’elettorato conservatore,
quello che lo ha ancora sostenuto nel 2002, che lo accusa di voler
tagliare stato sociale e privilegi e di voler iniettare dosi di
meritocrazia nel sistema universitario tedesco. Se la Cdu riuscirà a
trovare uomini capaci di sfruttare la prevedibile ondata favorevole in
questo anno elettorale, la Germania potrà ritrovare nell’alternanza al
governo la speranza di un rilancio futuro. Evitando il rischio di
un’avventura populista.
4 marzo 2004
pmennitti@ideazione.com
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