Primarie 2004: doppia vittoria per Kerry
Con due larghe affermazioni, in Michigan e Washington State, John Kerry
si avvia a grandi passi verso la nomination democratica per le elezioni
presidenziali di novembre. In Michigan, dove erano in palio 128
delegati, il senatore del Massachusetts (52%) ha distanziato di oltre 35
punti il suo avversario più votato, Howard Dean, che non è andato oltre
il 17%. John Edwards (13%) e addirittura Al Sharpton (7%) precedono
invece il generale Wesley Clark (sempre al 7%). In questo insolito
sabato notte elettorale, si sono svolti anche i caucus di Washington
State, primo passo di un complicato processo di selezione che porterà ad
eleggere 76 delegati dopo 5 sfide che si concluderanno all'inizio di
giugno. Anche in questo caso, Kerry si è imposto con il 49% delle
preferenze, di fronte ad un Dean più brillante del solito (30%) e ad un
Kucinich competitivo nella "rossa Seattle" (8%). Quarto Edwards (7%) e
ancora una volta quinto Clark, che raccoglie appena le briciole con il
3% dei voti (neanche 700 persone hanno votato per lui in tutto lo
stato).
Seguito con
disattenzione dai media, impegnati nel tradizionale intrattenimento del
sabato sera, questo assaggio di primarie ha in ogni caso confermato la
solidità della candidatura di Kerry e l'estrema fragilità dei suoi
avversari. Clark è a un passo dal ritiro, soltanto rinviato dalla
risicatissima vittoria su Edwards in Oklahoma dello scorso martedì.
Edwards, a sua volta, ha evidenziato gravi problemi negli stati del nord
e nelle zone urbane che rappresentano un serbatoio elettorale
irrinunciabile per il partito democratico. Tralasciando Sharpton e
Kucinich, che non hanno mai corso con una reale speranza di vittoria,
sembra paradossalmente rafforzarsi la posizione di Dean, che si è
piazzato secondo in entrambi gli stati. Ma a meno di clamorosi colpi di
scena, sempre possibili in una campagna così lunga, l'unica strategia
plausibile per l'ex governatore del Vermont è quella di sopravvivere più
a lungo possibile e sperare in un suicidio (politico) dell'avversario.
Sempre che abbia ancora in cassa abbastanza denaro per mantenere la
promessa fatta ai suoi sostenitori in Iowa.
Resta
dunque Kerry, con il suo presente ma soprattutto con il suo passato. Per
quanta copertura positiva possa ricevere dai network oggi, è ragionevole
prevedere che da qui al prossimo novembre i trascorsi dell'ex
vice-governatore di Michael Dukakis possano essere analizzato a fondo da
più di un'angolazione. Dopo qualche decennio di voti al Senato, è molto
difficile vendere un'immagine di se stessi molto lontana dalla realtà. E
quando, tra le pieghe scavate sul volto di questo veterano del Vietnam,
si inizierà a scorgere la sagoma inconfondibile di Ted Kennedy e di
tutta la sinistra democratica spazzata via dalla rivoluzione
clintoniana, soltanto allora si potrà capire se l'America, davvero, è
disposta a farne il suo presidente. (a.man.)
8 febbraio 2004 |