Se il buongiorno si vede dal mattino
di Rodolfo Bastianelli
[26 apr 06]
Nasce sotto i peggiori auspici la XVIa legislatura repubblicana, uscita
da elezioni che hanno visto il Paese spaccarsi in due e risoltesi con il
margine più risicato – appena 24.000 voti – che la storia elettorale
italiana ricordi. Parte male, e non solo perché la sua esistenza appare
già appesa ad un filo visto l’esiguissima maggioranza su cui al Senato
può contare l’Unione, ma soprattutto per il fatto che all’interno
dell’alleanza di centrosinistra sembrano prevalere quelle ali estreme,
uscite rafforzate dalle urne, ostili a qualsiasi compromesso e tentativo
i dialogo che un quadro così difficile e complicato richiederebbe.
L’episodio avvenuto il 25 aprile a Milano, con gli insulti ai reduci
della brigata ebraica, i fischi al Ministro dell’Istruzione Moratti ed
il consueto rogo di bandiere israeliane, la dice lunga su quanto
all’interno dell’Unione trovino ampio spazio le voci di chi, in nome di
un antiamericanismo e di un’ostilità all’occidente stile anni Settanta,
sia pronto a giustificare ed a comprendere anche gli atteggiamenti più
idioti e violenti. La politica estera italiana ha avuto in questi anni
un indirizzo preciso ed il critico scenario internazionale attuale
richiederebbe che almeno su questo punto i due schieramenti
collaborassero per raggiungere un’intesa come accade in tutti i grandi
Paesi. Purtroppo però non andrà così.
Dopo aver accusato l’esecutivo di centrodestra di essersi appiattito
sulle posizioni dell’amministrazione Bush, la linea del governo Prodi,
condizionata dalla sinistra più radicale, nel migliore dei casi si
limiterà a cercare un approccio multilaterale contando sul rilancio del
ruolo e della credibilità delle Nazioni Unite mentre nel peggiore di
questi cercherà di riproporre utopistiche politiche pacifiste, di
rispolverare ormai sbiadite alleanze terzomondiste o improponibili
“terze vie” che non si sa dove porterebbero. In tutti i casi la
credibilità e l’immagine internazionale dell’Italia subirebbero un colpo
durissimo, ritornando il nostro Paese ad essere visto come un alleato
instabile su cui non è possibile fare affidamento.
E non meno dubbi suscita l’atteggiamento che il nuovo governo assumerà
in Europa. Noto per il suo europeismo, Prodi ha continuamente sostenuto
che Berlusconi con il suo euroscettcismo abbia fatto uscire l’Italia dal
gruppo dei Paesi guida e come tra le priorità del suo governo vi sia
quella di riportare il Paese in Europa. Il Professore dimentica però di
dire che il vecchio continente oggi non ha né una politica estera né una
difesa comune e lo stesso futuro dell’asse franco–tedesco, sul cui
appoggio punta il leader dell’Unione, appare quantomai debole ed
incerto. Un successo del gaullista Sarkozy, più propenso a guardare
oltre Atlantico che non oltre Reno, con ogni probabilità ne decreterebbe
la fine lasciando l’Italia priva di punti di riferimento politici.
Qualcuno poi dovrebbe ricordare a certi esponenti dell’Unione che se si
allentano i nostri legami con l’Occidente, con gli Stati Uniti ed
Israele per andare incontro ad assurde avventure politiche o ad
improbabili nuove alleanze l’Italia non diventerà il ponte sul
Mediterraneo tanto auspicato da diversi ambienti della sinistra ma
semplicemente un Paese isolato e privo di qualsiasi considerazione
internazionale.
Per questo viene da chiedersi non solo quale margine potranno avere
quelle tanto citate forze laiche e riformiste intenzionate a cercare
un’intesa bipartisan sui temi internazionali visto l’atteggiamento
ostile di buona parte della coalizione a qualsiasi intesa con
l’opposizione ma come potrà lo stesso governo impostare una credibile
politica senza sottostare ai veti ed ai condizionamenti della sinistra
radicale. Ed in tal senso non sono incoraggianti né l’atteggiamento
ambiguo verso “Hamas” tenuto dall’Unione né i legami che diverse sue
componenti continuano ad intrattenere con il regime castrista ed altri
governi sudamericani d’ispirazione populista ed autoritaria. Con un
avvenire incerto ad appena tre settimane dalle elezioni, la nuova
legislatura promette però di essere una delle più aspre e conflittuali
del dopoguerra. C’è solo da augurarsi che non diventi anche il
palcoscenico di pericolosi avventurismi politici dai quali l’Italia
avrebbe tutto da perdere.
26 aprile 2006
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