Grosse Koalition o Grosse Distintion
di Pierluigi Mennitti
[14 apr 06]

Quando Giuliano Ferrara mi ha chiesto l'altra sera a "Otto e mezzo" cosa ne pensassi, io giovane, dell'ipotesi di una Grosse Koalition, forse si aspettava tutt'altra risposta. Forse pensava di trovare in un giovane (anche se solo in questo buffo paese si è giovani fino alla soglia dei quaranta) quegli accenti un po' estremistici che sembrano caratterizzare il chiacchiericcio televisivo post-elettorale. Noi, invece, ragioniamo di politica. E devo dire che nel salotto di Ferrara&Armeni, di politica si ragiona sempre con piacere: per quanto consentito dai ritmi televisivi, c'è sempre spazio per esprimere e argomentare pensieri e idee.

Grosse Koalition, dunque. La vediamo? In teoria sì. A Berlino, abbiamo raccontato, i due partiti che oggi governano il paese avevano condotto una campagna elettorale aspra e combattuta. Il tono complessivo del confronto tedesco era stato certamente superiore, concentrato su fatti e cifre, proposte e coperture finanziarie, roba assai concreta rispetto all'animosità che abbiamo vissuto qui da noi. Frutto anche di una democrazia dell'alternanza più matura, e temperata da partiti storici che hanno sedimentato da tempo valori condivisi. Da noi, il maggioritario è in fondo la proiezione utopistica del giustizialismo di tangentopoli (copyright di Eugenia Roccella), difficile lamentarsi se produce insulti e delegittimazioni reciproche. E comunque, in Germania, dopo il risultato che aveva messo il paese in uno stallo politico, i due partiti maggiori (peraltro penalizzati dalle urne) si sono messi attorno a un tavolo e hanno buttato giù un'agenda di impegni comuni: un patto che dovrebbe durare almeno due anni.

In Italia, a guardarlo senza l'eccitazione dei santissimi apostoli, il risultato elettorale è stato lo stesso. La piccola maggioranza aritmetica non si riflette in una maggioranza politica e non promette stabilità di governo, data anche l'estrema conflittualità all'interno del centrosinistra. Il clima politico generale è ancora molto acceso. E tuttavia, se questa classe politica volesse compiere uno sforzo di reni ed essere all'altezza (tutta insieme) della difficile sfida del momento, potrebbe regalare al paese quello che finora non ha saputo regalare: una prova di generosità, di serietà, di responsabilità. E' quanto ha fatto in un primo momento Silvio Berlusconi, aprendo all'ipotesi di una Grosse Koalition. E' quanto non ha fatto Romano Prodi che ha rispedito con arroganza al mittente la proposta, salvo poi lamentarsi che il Cavaliere si sia irrigidito sulla questione del conteggio dei voti.

Una Grosse Koalition all'italiana potrebbe essere varata con un'agenda assai più ristretta di quella tedesca. Il clima politico e la difformità tra i partiti più grandi che dovrebbero comporla, non permette realisticamente altro che un accordo per la Finanziaria, per la riforma della legge elettorale (a noi piacerebbe un bipolarismo proporzionale alla tedesca, con sbarramento alto), per il rifinanziamento delle missioni italiane all'estero, per una gestione concordata del ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, così come deciso dal vecchio governo e auspicato dalle parti più senzienti dell'Unione. Poi si ritorna al voto, confidando in una campagna elettorale certamente aspra, ma condotta in un clima di maggiore legittimazione reciproca.

Se questa strada non è considerata percorribile dal centrosinistra, che ritiene di avere le possibilità di dare all'Italia un autonomo governo forte e stabile, allora si prenda le responsabilità di questa scelta, fino in fondo. Perché altrimenti, non di Grosse Koalition si tratterebbe, ma di inciucio. Nessuna camera regalata all'opposizione. Nessun compromesso sulle commissioni parlamentari. Nessuna compravendita di posti di sottopotere nei mille bugigattoli delle burocrazie statali. Quello che in queste ore stanno provando gli inciucioni di professione, i D'Alema, i Fassino, per dirla in una parola i "consortiani" della Seconda Repubblica, è una scorciatoia che il centrodestra farebbe bene a evitare. Se Prodi pensa di farcela da solo, ci provi, ne ha tutto il diritto. Si prenda questa responsabilità e ne risponda al paese: se andrà bene, ne avrà il riconoscimento, se lo imballerà ne porterà le colpe. Ma in questa fase così delicata, la chiarezza delle posizioni, dei comportamenti ed eventualmente delle trattative, è indispensabile: o Grosse Koalition o Grosse Distintion.

14 aprile 2006


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