Prodi, un libro dei sogni chiamato programma
di Domenico Naso
[30 mar 06]

Meno di due settimane. E’ quanto manca all’attesissimo appuntamento elettorale. Gli italiani potranno, finalmente, mettere fine ad una campagna elettorale priva di contenuti e ricca di attacchi incrociati e veleni senza fine. Durante il periodo elettorale, almeno in Italia, nessuno con un minimo di senso della realtà si aspetterebbe concrete proposte politiche. Le promesse dei due schieramenti hanno il sapore della fantasia. Sembrano soltanto astuti tranelli per attirare voti. Molti sostengono che l’origine di tutto sia da ricercarsi nel berlusconismo, in quel tipo di campagna propagandistica giocata dul sogno e sulla promessa, piuttosto che sui dati certi e sulla concretezza del programma. Da quel “miracolo italiano” del 1994 ne è passata di acqua sotto i ponti. E sembra quasi che i detrattori del berlusconismo ne abbiano assimilato proprio quella parte che dicono di detestare.

Le promesse dell’Unione durante questa campagna elettorale hanno davvero dell’incredibile. Proviamo a ripercorrerle insieme. Iniziamo dal cavallo di battaglia di Prodi e soci: l’abbassamento di 5 punti percentuali del cuneo fiscale. Si tratterebbe, in poche parole, di diminuire il costo del lavoro, accontentando così sia le imprese che i lavoratori. Sembra una cosa buona e giusta, insomma. Il problema, però, è che un’operazione del genere costerebbe 10 miliardi di euro. La domanda, più che lecita, è la seguente: un possibile futuro governo di centrosinistra dove prenderebbe i soldi necessari? Le risposte degli esponenti dell’Unione a questo quesito sono state numerose e di diverso orientamento. Se Prodi e i “moderati” del centrosinistra, infatti, si sono prodigati in rassicurazioni all’elettorato, promettendo di non aumentare le tasse e indicando come fonte principale una non meglio precisata intensificazione della lotta all’evasione fiscale, infatti, altre anime meno “istituzionali” dell’opposizione hanno avuto forse il coraggio di dire la verità: alcune tasse vanno necessariamente aumentate, altrimenti l’abbassamento del cuneo fiscale rimane un sogno irrealizzabile.

Da che parte sta la verità, dunque? Un occhio obiettivo e scevro da ogni partigianeria (e che sappia fare di conto) capisce perfettamente che l’abbattimento del 5% del cuneo fiscale costa, e parecchio. In una situazione contabile non eccezionale come si possono perdere 10 miliardi di euro senza aumentare altri tipi di tasse e imposte? La verità, dunque, potrebbe emergere solo durante un futuro governo Prodi. Prima è impossibile verificare la bontà della proposta: insomma, si vota a scatola chiusa senza poter verificare come e se questo “cavallo di battaglia” vedrà la luce.

Altra proposta inverosimile: 2500 euro per ogni bambino di età compresa tra 0 e 3 anni fino al raggiungimento della maggiore età. Va bene che l’Italia è un paese a natalità bassissima ma, anche in questo caso, i soldi dove li prendiamo? E poi non è la stessa sinistra che aveva criticato il bonus di 1000 euro inviato da governo ai neonati, deridendo la lettera scritta ai nuovi italiani dal premier? Ecco cosa intendiamo quando parliamo di deriva “berlusconista” del centrosinistra, precisando, tuttavia, che le anomalie italiane a nostro avviso nascono ben prima del “berlusconismo” e a prescindere da esso.

Continuiamo questa breve e incompleta disamina delle promesse dell’Unione (un programma di 281 pagine è più frutto di verbosità compromissoria che di efficacia propagandistica, ma tant’è). Eccoci al famigerato nodo dei Pacs, i patti civili di solidarietà che dovrebbero regolarizzare le unioni di fatto (eterosessuali e omosessuali) tutelando i diritti dei soggetti in questione. Nel centrosinistra l’argomento sta diventando quasi un tabù, a riprova del fatto che le divisioni all’interno dell’Unione si fanno giorno dopo giorno sempre più evidenti. Se prima i Pacs erano uno dei cavalli di battaglia dell’Armata Brancaleone di stampo zapateriano, adesso è subentrata la paura di perdere l’elettorato moderato e la marcia indietro è imbarazzante. Dichiaratamente e sfacciatamente pro-Pacs rimane solo la Rosa nel pugno, l’aggregazione fra radicali e socialisti, questa sì vera anomalia politica con miscugli improbabili tra liberismo e veterosocialismo lombardiano, con sostenitori “vip” lontani anni luce l’uno dall’altro, basti pensare a Giorgio Albertazzi e al cineasta Marco Bellocchio.

Rifondazione ha fatto marcia indietro, i Ds non si esprimono, la Margherita mette paletti e detta distinguo, l’Udeur assicura che in caso di proposta parlamentare sui Pacs il governo Prodi cadrebbe come un castello di carte al primo alito di vento. E allora arriva il dubbio (più che legittimo e confortato dai fatti degli ultimi tempi) che si tratti solo ed esclusivamente di una mossa elettorale della coppia Bonino-Boselli per accalappiare l’elettorato omosessuale.

Chiudiamo con la Tav, la linea ferroviaria ad alta velocità che permetterebbe al nostro paese di entrare in un virtuoso circolo di comunicazioni transeuropee. Come si sa il progetto è fermo. Le proteste sono state violente e strumentalizzate e in parte egemonizzate da quella pericolosa e dilagante sinistra estrema che qualche settimana fa ha messo a ferro e fuoco il centro di Milano. Prodi dice che la Tav si farà senza ombra di dubbio. Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi non ne vogliono nemmeno sentire parlare. Che garanzie di stabilità può dare un governo che si divide (a prescindere) su un progetto di fondamentale importanza per le nostre future potenzialità economiche e commerciali?

30 marzo 2006

* Domenico Naso è il titolare del blog Il Megafono.net


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