Manifesto dei blogger liberali
di Paolo della Sala*
[18 giu 05]
Nel tessuto sociale e culturale italiano si è formato un movimento
composto da credenti, laici liberali e liberal-socialisti. Questo
movimento non si muove in base a schemi di partito ed è per forza di
cose fluido, mobile, più innovativo dei suoi quadri politici di
rappresentanza. Potremmo definirlo in molti modi, ma -per dire la
verità- esso è una reale forza per il progresso del paese. Nel contempo
la politica, l'economia e la cultura di sinistra, hanno perso la loro
spinta innovativa, presentandosi -nel web come nella società- sempre più
come aggregazioni vuote, fatte di slogan, conservatrici, illiberali,
antimoderniste.
C'è un problema: la destra, intesa come partiti, istituzioni culturali,
media, non si è accorta di nulla, o quasi, di un cambiamento che è ormai
evidente nell'editoria e nel mondo dei blogger. Eppure questa
aggregazione, fatta di giovani, studenti, professionisti, dipendenti,
blogger, c'è ed esiste e può avere l'effetto dirompente di movimenti già
realizzatisi, da Cl a quelli radicali e di sinistra. Non possiamo però
chiedere che esso venga omologato ai partiti e alle istituzioni
socio-culturali della CDL. Tuttavia la sua crescita è una conditio sine
qua non perché la "destra" e i raggruppamenti laico-liberali e
socialisti riformisti vincano la competizione con la controparte e si
consolidino nel territorio imponendo la propria visione etica e
culturale.
Bisogna ripetere con chiarezza che già ora l'editoria, la produzione di
testi e idee è guidata dal neo movimento, in Italia come altrove. I
giornali e l'editoria prodiani da anni sono ridotti a combattere i
competitori e cercare di dissolvere i contenuti e i messaggi prodotti
dall'altra parte della barricata. La Repubblica propone forse idee,
modelli di sviluppo, soluzioni? Difendono una idea di Europa che si è
esplicata con ammiccamenti al terrorismo arabo, e alle dittature
latino-americane come a Cuba e in Venezuela, all'estero. In Europa si è
accettata una allucinante politica di Consegna di fondi dalla periferia
a Bruxelles, e da Bruxelles alla periferia. Un metodo allucinante, già
fallito con la Cassa del Mezzogiorno, e che non ha dato risultati né nel
sud Italia né nella Germania dell'Est. Si è accettato che il 43%
dell'intero budget europeo fossero destinati alla Agricoltura, che
assorbe il 5% della forza-lavoro e che è egemonizzata e colonizzata
dalla Francia. Una politica che definire "borbonica" è eufemistico,
eppure presentata da Prodi e dal suo schieramento come la sola politica
possibile. Escludendo così ogni alternativa, giusta o sbagliata: metodo
davvero poco democratico e poco creativo.
L'Unità formalizza scienze e nuove coscienze? Il Manifesto guida forse
una New Wave culturale? La Feltrinelli è la Casa Editrice di
riferimento? Non sembra. Esclusa la pattuglia riformista dell'omonimo
quotidiano, che non a caso ha redattori che provengono in parte da Il
Foglio, ed esclusi singoli appartenenti al partito di Rutelli,
l'immiserimento giurassico della sinistra è totale. Essa combatte contro
il libero mercato, quando sappiamo che il mercato è funzione dello
sviluppo; essa muove guerra contro l'esportazione di libertà, pur
essendo nel contempo tacita complice delle politiche neocoloniali
franco-europee nell'Africa, soprattutto occidentale; essa è stata
paladina dello statu quo che garantiva stragi e orrori di personaggi
terrificanti; giornalisti come Gruber e docenti come Vattimo hanno messo
sullo stesso piano Bush e Zarkawi, i tagliatori di teste e i decapitati;
ha ceduto alle lusinghe petrolifere dell'islam, col quale dialoga in
nome del comune anticapitalismo, ma nel contempo ha reciso il dialogo
con la fede cristiana. Questo è il quadro della sinistra.
Si tratta di dare voce e gambe a chi non crede che la dissoluzione dei
valori sia un destino inevitabile. Anche perché il re del nemico del
nuovo movimento liberale è nudo e scervellato, sia esso Prodi sia esso
un altro. Dove deve correre il movimento neolib che non c'è? Bisogna
farlo correre, se non nelle strade dove sfilano gli integralisti
social-comunisti con i loro cortei e liturgie ancestrali, nei canali del
web, nei media, a partire dai luoghi più democratici e vivi della
comunicazione attuale: i blog. I blog hanno una espansione
straordinaria. Ecco la loro grammatica: a) si è editori di se stessi (a
costo zero, escluso il tempo); b) si è letti per ciò che si scrive, se
si è bravi. I blog non possono trovare vita nel "popolo della sinistra
integrale", perché esso per sua natura preferisce i comportamenti (e il
pensiero) di massa, è abituato a essere eterodiretto dagli ideologues e
dalle avan/guardie di turno.
Finora i partiti della CDL non si sono accorti di ciò che succedeva,
compito che forse non spettava a loro. Tutte le organizzazioni politiche
dovrebbero però contribuire a salvare il paese dal disastro prodiano,
allargandosi al segmento giovanile e restituendo al territorio una
cultura viva e in movimento. Occorre salvare i social-riformisti dalla
deriva multiculturalista. Essi non possono contribuire oltre alla
dissoluzione dei valori, terreno fertile per la penetrazione di altri
valori, più forti e necessariamente meno tolleranti. Ricordiamo con
sarcasmo la vasta e prolungatissima campagna contro l'inglesizzazione
del lessico francese. Tutti dimentichiamo che la stessa iniziativa
promossa dai socialisti mitterandiani venne fatta dal socialfascista
Mussolini. Eppure oggi un contesto interculturale più massivo rischia di
dissolvere le identità culturali dell'intera Europa, nemica di se
stessa, all'interno, col tentativo di trasformare 25 nazioni in una
Crazia, solo per "volontà di potenza" e desiderio di una nuova
social-crazia. Nel contempo, all'esterno, non si è riusciti a stabilire
un rapporto coerente con le culture dell'emigrazione.
Qualcuno ha tentato
La guida del movimento neocon poteva essere assunta dal gruppo de Il
Foglio. Bisogna dirlo chiaramente: il quotidiano di Giuliano Ferrara è
arrivato fino a un certo punto, ma non ha avuto -caratterialmente e
strutturalmente- la capacità di aprirsi alla società di internet,
diventarne un motore e farsi fecondare da essa. Non ha saputo creare
nuovi strumenti di aggregazione, e non ha saputo linkare tra loro i
Think tank in crescita continua, nuovi centri di cultura e di sapere a
integrazione delle ormai decadenti università.
Non si poteva chiedere tutto questo a un quotidiano. Ferrara ha fatto
molto, ma non può fare tutto, non ha appieno la "nuova grammatica"
necessaria a destrutturare un Bertinotti che sa usare - così
meravigliosamente!- quei suoi " ..noi non siamo contro l'Islam, noi
siamo per l'accoglienza e il dialogo", il che è un discorso
condivisibile anche dai topi del Belucistan. Apparentemente. perché, se
sappiamo che accoglienza è una bella parola, dovremmo poi ricordare che
essa però implica la deterritorializzazione di milioni di persone, dai
loro paesi di origine ai nostri. Un trasferimento indotto, se non
forzoso come nel periodo dello schiavismo. Così facendo l'Europa di
Bertinotti (che le è contrario, ma intanto flirta con Prodi. altro
paradosso insanabile) asseconda il tentativo di respingere, negare e
combattere il capitalismo industriale e multinazionale, una fede comune
sia al socialcomunismo sia all'islam, nemici dello sviluppo tecnologico
ed economico, colpevoli dell'asservimento di fatto degli immigrati e
soprattutto della rovina delle campagne dell'Africa, abbandonate per
colpa delle Politiche europee, e per colpa di sussidi ai politici
corrotti. Un doppio danno immenso: ci siamo condannati alla decadenza
mentre potevamo creare un piccolo rinascimento nel Mediterraneo.
Eppure non si riesce a destrutturare e smascherare il falso messaggio
dei Bertinotti sempreverdi. Loro sembrano paladini dell'accoglienza, una
accoglienza che condanna alla servitù e alla miseria i paesi arabi e i
loro cittadini, mentre la destra liberista-liberale, che propone
sviluppo uguale sulle due sponde del Mediterraneo come base per il
dialogo e gli scambi, appare xenofoba. E questo è un disastro. Non si è
nemmeno contestata la politica neocoloniale euro-francese in Africa,
attuata in parallelo con la penetrazione islamica di Iran e Sauditi. E
questo è un altro grave errore. Non si è fatto capire agli italiani che
le parole d'ordine degli integralisti sinistrorsi in difesa del Welfare
sono possibili quanto asciugare il mare. Lo Stato sociale è fallito, va
salvato per poter garantire assistenza almeno ai soli disagiati. Vi sono
sistemi previdenziali basati sulla capitalizzazione privata: vanno
riattivati quanto prima possibile, sia per la Sanità sia per le
pensioni. Non si dice che il Bel Paese è cementificato e scempiato -
nonostante il calo demografico - dalle Coop rosse edili, le più attive
ovunque, anche nella Sicilia della mafia (dove le Coop rosse vincono la
maggior parte degli appalti edili). La cosa più straordinaria delle
sinistre è che, mentre cementificano il paese, si proclamano e vengono
considerate le uniche paladine dell'Ambiente. Qualcosa si poteva fare e
dire. Ma non è stato fatto.
Perché i liberali non hanno imposto la loro visione? Perché non hanno
trovato un collante, un unificatore della Comunicazione. La cultura
politica è ancora appiattita nella centralità dei media televisivi e
sulla interconnessione di questi con la carta stampata. La sinistra
illiberale ha dalla sua un imponente numero di media, organizzazioni
territoriali, associazioni, partiti, che provvedono alla diffusione di
notizie e comportamenti, per quanto allucinanti, vacui e allucinati. Ma
oggi nessuno crede o segue più come prima i telegiornali. La tv mantiene
un ruolo importante, ma non è più il comunicatore centrale. Questo
ruolo, nel mondo della scuola, del lavoro, e nel segmento giovanile
della popolazione, è ricoperto da Internet.
Si tratta allora di creare piattaforme comuni per chi scrive e si
informa nel web, e creare strumenti "transmediali" che connettano i
diversi media. E' questa la missione del portale blogger Tocqueville. In
queste settimane hanno preso avvio nuove iniziative, da Freedom's zone,
a Rete delle libertà. Ma altre sono in arrivo. Chi capisce l'importanza
dei nuovi media democratici può davvero governare la comunicazione, e
-se produce contenuti, cioè culture- otterrà un successo più largo di
quello elettorale. E' il momento di dare voce all'intelligenza e forma
alle idee.
18 giugno 2005
*
Paolo della Sala è il titolare del blog
Le Guerre Civili |