Semiologia del blog
di Paolo della Sala*
[28 mar 05]

Di blog si parla e si scrive.  Grazie a questa forma di comunicazione chiunque può diventare editore (a costo zero) ed essere letto per ciò che scrive. Ma non si indaga abbastanza sulla natura semiologica del blog, un mezzo che finalmente permette uno scambio di informazione compiuta, da Emittente a Ricevente e viceversa. Le piattaforme esistenti permettono a ognuno di creare il proprio medium, ma il passo successivo è la aggregazione dei blogger in villaggi e tribù virtuali: l’apparentamento delle idee. Una aggregazione di blog è una libera condivisione del pensiero, attraverso un canale comune. Si tratta di persone che scelgono di apparentarsi in base alla propria quotidianità, alle idee, alla visione del mondo, ai temi della fede e della laicità.

Modelli comunicativi: si parte da questo schema (Eco, 1975):

Emittente à Codifica à Canale à Segnale à Decodifica àMessaggio à Ricevente

L’insieme di regole che codifica e decofica si chiama Codice,; il Canale è il mezzo di trasmissione del messaggio codificato, soggetto a “Rumore” ( o Disturbo) e a Saturazione, quando un numero troppo alto di messaggi non può più essere smistato dal sistema comunicativo. Si ha comunicazione bidirezionale quando il ricevente è in grado di invertire la direzione del Messaggio, tramite una Risposta.

Cosa è un blog dal punto di vista della Teoria della Comunicazione? Possiamo fornire diverse risposte:

1)     Una forma di auto-apprendimento;

2)     Uno strumento per comunicare;

3)     Un nuovo genere letterario.

Il blog pone questa considerazione iniziale:
Stiamo passando dal predominio della comunicazione orale al ritorno alla parola scritta
.

Nessuna civiltà ha mai prodotto tante parole e immagini permanenti. I semiologi tuttavia ricordano che “le parole orali nascono e muoiono in un secondo, se sono scritte vivono un po’ di più”, ma hanno comunque un loro “ciclo di consumo” (Ugo Volli, Manuale di semiotica, Laterza, 2000).

Possiamo dedurre che i mass media del Novecento hanno concluso il loro ciclo vitale? Il “secolo breve” è infatti vissuto sotto il segno della radio e del cinema nei primi 50 anni, e nella seconda metà sotto il linguaggio orale televisivo. Questi due media hanno permeato il secolo scorso con una comunicazione imperfetta e potenzialmente totalitarista, perché unidirezionale. Una forma di comunicazione emotiva, volatile, subliminale, utile per impartire comportamenti e opinioni. Anche la stampa da sempre utilizza dei Codici e un Canale per rivolgersi a un Ricevente passivo, perché privo di risposta e impossibilitato a trasformarsi a sua volta in Emittente. Tuttavia la parola scritta, rispetto a quella orale e alle immagini in movimento, dà al lettore una possibilità in più: quella del tempo di riflessione.

Il Novecento è stato il secolo delle masse, e queste sono portate al totalitarismo, dopo che hanno raggiunto un numero critico tale da non poter permettere la democrazia diretta né il dialogo interpersonale. Finito il periodo delle piazze dove ci si incontrava per discutere, quello passato è il secolo di Piazza Venezia e della Piazza Rossa, luoghi dove tutti i cittadini si inchinavano a una sola voce, richiamo quasi irresistibile per nuovi Ulisse incatenati all’albero della propria nave.

Le masse del Novecento, secondo Hortega y Gasset, amavano essere guidate: “…Molti uomini ritornano ad avere nostalgia del gregge… L’odio per il liberalismo non procede da altra fonte” (La ribellione delle masse, Il Mulino 1962).

Il Novecento produce il disfacimento degli stessi luoghi fisici dove si scambiavano idee alternative a quelle del potere e dei media passivizzanti. La Agorà è stata affidata a una voce dominante, o attore, amplificata dalla tecnica, mentre il dialogo tra tutti i singoli saturava i canali, relegando i singoli al ruolo di spettatori. Nel contempo la lettura di testi (libri e giornali) non bastava più a combattere il dominio della comunicazione unidirezionale, seduttiva grazie al suo impatto liturgico e alle immagini o sinestesie, fatta di slogan ed efficace nel restringere il campo semantico, semplificandolo fino al messaggio unidirezionale più tipico e semplice: l’ordine, mutuato dal linguaggio militare.

Dal punto di vista semiotico il dittatore (anche nella forma astratta del Partito unico) è la reincarnazione del Cantastorie che nelle società preletterate girava di villaggio in villaggio per raccontare gli stessi miti. Dopo l’agorà sono decaduti anche altri spazi comunicativi “orizzontali”: all’interno delle famiglie si è presa l’abitudine di mangiare ascoltando la radio o vedendo la televisione; la scuola e il mondo del lavoro hanno prodotto solo tecnica, creando un salto tra cultura e prodotto del progresso. In questo modo lo stesso pensiero ha potuto soltanto riprodursi in un modo conforme ai modelli sociologici e didattici già dati: il totalitarismo come antitesi del sapere.

Oggi la comunicazione sceglie la scrittura, ma in un modo nuovo e bidirezionale: Internet è una reincarnazione migliorata di Guttemberg? Gli scribi stanno tornando di moda ma, a differenza dei tempi antichi, essi non sono più una casta di pochi privilegiati. Gli scribi siamo noi, tutti noi, a partire dalla scrittura frammentata degli sms telefonici, ridotti a volte a una funzione  meramente assertiva: “Io esisto”. Ma è con internet, la prima rivoluzione del XXI secolo, che la parola scritta riprende il suo potere nelle società di massa uscite dal totalitarismo.

L’alfabetizzazione di massa condotta negli ultimi 150 anni aveva la funzione di trasformare il cittadino in Ricevente: più che a pensare e scrivere, la scuola educava alla sola lettura e al solo ascolto (oggi questa pratica continua per inerzia). I cittadini dovevano limitarsi ad ascoltare e comportarsi di conseguenza. Ora, a differenza di prima, il cittadino ha la possibilità di essere sia Emittente sia Ricevente. Il blog crea una agorà virtuale nella quale le persone possono dialogare, e in più nella forma meditata e riflessiva della scrittura.

Il cittadino non è chiamato ad essere un muto ricettore: può scrivere, pensare, riflettere, utilizzare una propria griglia narrativa, uno stile personale. Rispetto a pochi anni fa, il passo è notevole. Se la semiotica, secondo Umberto Eco, è “la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire” (Trattato di semiotica generale, Bompiani 1975), il web fornisce lo strumento perché non più uno soltanto possa mentire o dire la verità, ma il maggior numero possibile di persone. Pertanto, restituendo il linguaggio ai cittadini, il livello di menzogna potrebbe diminuire. Allora il giornalismo on line, nella forma letteraria del blog, ci renderà dei moderni scribi? Nel dubbio, una certezza: ricominciando a dirci e scriverci saremo più democratici. Il mezzo ora c’è.

28 marzo 2005

* Paolo della Sala è il titolare del blog Le guerre civili

 

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