Il common sense contro il pensiero debole
di Daisy Miller*
[26 mar 05]

Sono felice che ci abbiano già accusati di inquinare il web, di aver dato vita a una creatura bizzarra e un po’inquietante. Un po’ perché i blogger sono franchi tiratori, vanesi di prima categoria, simpatici sputasentenze in attesa di essere letti, un po’ perché da certi blog regressisti si traggono ogni volta mille insegnamenti negativi: come non argomentare, come non scrivere, e soprattutto, da certe produzioni narcisistiche di questi, si impara la grande regola di non guardarsi l’ombelico, mai.

Quando ho iniziato a scrivere su I Love America ho scelto lo pseudonimo di Daisy Miller per sottolineare l’estraneità all’ambiente che per nascita dovrebbe essermi congeniale - quello dell’Italia pigra e conformista, lontana dal liberalismo che ne turberebbe il beato sonno. Come Daisy Miller incontra il destino, per quanto tragico, a Roma, io ho trovato il cibo per il mio cervello in tutto ciò che fosse angloamericano, restandomene sempre all’ombra del Colosseo. Gli inizi al Mamiani sono stati duri, per una che rifiutava di mettersi la kefiah e che mostrava senza vergogna di leggere la Costituzione Americana e i Bill of Rights e che amava la lingua dei cattivi pragmatici e empiristi, ma il blog mi ha permesso di non sentirmi più un’aliena. Certo, le mie sono pasquinate, colpi dati da non si sa chi, ma per alcuni le maschere sono il mezzo migliore per dire la verità. Non sono andata, e ancora non vado alla ricerca di prove di tesi decise a priori; amo invece la riflessione totale alla Tocqueville e alla Aron sul mondo, che incroci storia e filosofia, arti e tutto ciò che sia realtà di fatto. Mi aspetto che i fatti mi smentiscano e mi guidino in una realtà dove, come insegnava Margaret Thatcher, l’imprevedibile accade.

Così oggi noi bloggers della Right Nation possiamo unirci per discutere e offrire il nostro punto di vista di su una destra che ha sposato ideali interventisti, su mondi laici, stranocristiani e stranoradicali che abbiamo fatto convergere con il nostro dibattito e confronto. Non credo che arriveremo mai a dire “siamo la coscienza critica di questo paese”; il monopolio dell’intelligenza non è nostro. Cerchiamo solamente con la nostra futura collaborazione di non cadere nell’errore delle signore americane descritte da Oscar Wilde nel Fantasma di Canterville, che per sembrare chic ed “europee” assumevano l’aspetto di malate croniche. Alcune anime belle citate all’inizio, molto simili alle succitate signore, ci accusano di voler sfoggiare i nostri muscoli. E noi questa accusa la accogliamo: meglio la chiarezza interiore e l’onestà intellettuale del common sense di elucubrazioni deboli e malaticce.

26 marzo 2005

* Daisy Miller è uno degli autori del blog I love America

 

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