Roma Tre affoga nella Coca Cola
di Federico Punzi
[17 mar 05]
Cosa succede da un po' di tempo a questa parte nelle nostre Università?
Ministri minacciati e ambasciatori a cui viene impedito di prendere la
parola da gruppuscoli di estrema sinistra, scazzottate tra opposte
fazioni politiche di studenti, mobilitazioni pacifiste decretate dai
Rettorati, e ora, boicottaggio di prodotti americani.
La delibera antimperialista
L'Università
Roma Tre ne infila una dietro l'altra, riuscendo sempre nell'impresa di
ricoprirsi di ridicolo. Il 15 febbraio scorso la delibera del Senato
Accademico che «prende atto» della richiesta dei rappresentanti degli
studenti di sinistra: «E' venuto il momento in cui i Paesi ricchi
prendano in considerazione le esigenze di sviluppo del Sud del Mondo.
Chiediamo la progressiva, ma rapida, sostituzione nelle attuali macchine
distributrici di bevande e snacks con bevande e snacks del Commercio
Equo e Solidale...». Le multinazionali sono accusate di «crimini di lesa
umanità», la Coca Cola in particolare viene accusata di «violare i
diritti umani e dei lavoratori» in Colombia. Dunque il Senato approva: a
Roma Tre via bibite e snacks americani, rimpiazzati da bibite e snacks
del commercio equo e solidale. La decisione è di quelle «totalitarie».
Il principio sancito è che 40 mila studenti potranno rifocillarsi tra
una lezione e l'altra soltanto con i prodotti graditi al Senato
Accademico. E i protagonisti dell'impresa non fanno mistero del loro
obiettivo «etico». Ce n'è da far tremare i polsi.
La polemica monta. La Coca Cola Company respinge al mittente le accuse
su fatti non accertati da alcuna giurisdizione dei 200 Paesi in cui
l'azienda opera e ricorda il sostegno di Coca Cola al movimento per i
diritti civili di Martin Luther King. Mentre il filosofo Giacomo
Marramao veste i panni del "cattivo maestro" difendendo quella che non è
una scelta ideologica, ma «una linea del bere e del mangiare
biologicamente corretta», altri professori insorgono. La mozione degli
studenti, spiega il prof. Pietro Grilli di Cortona (Scienze Politiche)
«fu interpretata come esibizionismo politico, non sembrava una decisione
operativa, anche perché non credo che il Senato possa limitare il libero
mercato...».
Fatto sta che il Rettore Guido Fabiani ci ripensa e con una piroetta da
pattinaggio artistico annuncia al Corriere della Sera del 13 marzo che
il Senato revocherà il bando, affiancando i prodotti del commercio equo
e solidale a quelli esistenti. Le giustificazioni hanno del comico, ma
ahimé sono assai realistiche. Verso la fine della seduta «eravamo
stanchi, non abbiamo esaminato a fondo il testo della delibera
presentata dagli studenti», approvata in fretta anche per non provocare
«scintille tra i ragazzi» (?). Dopo due settimane passate a rileggerla
Fabiani si è accorto che una via d'uscita c'è, poco onorevole, ma c'è:
la delibera, che prevede una semplice «presa d'atto», «ci permette
adesso di gestire questa vicenda in modo responsabile, amplieremo
l'offerta delle merci, inseriremo anche quelle bio, ma non toglieremo
nulla».
Ma qui le versioni divergono. Il rappresentante degli studenti primo
firmatario della proposta, il diessino Enrico Crescenzi (22), racconta
che la delibera è stata letta integralmente, microfono acceso, tutti ad
ascoltare e ad approvare, senza dissensi. Se il Rettore ci ripensa
faremo in modo che nessuno compri la Coca Cola, se non sarà bandita ci
penserà il mercato, perché nessuno la comprerà più. E' già pronta una
campagna con lo slogan del caso: "Boicotta Coca Cola". Ma tra i costosi
prodotti equi e solidali, gli ingessati sapori del bio, e la Coca Cola o
i Kinder non c'è partita. «Bevi Coca Cola che ti fa bene», cantava
provocatoriamente Vasco Rossi in "Bollicine".
La risposta a Fabiani, assicura lo studente, sarà comunque pacifica
«come da tradizione». Con il Rettore c'è «un rapporto splendido e questa
è un'università davvero democratica», si affretta a dichiarare. Al
giovane Crescenzi sembra normale, come dichiara ai giornali, che «in un
luogo deputato all'alta formazione, si dovesse cercare di toccare anche
le tematiche del profilo etico dei consumi, escludere quei prodotti il
cui marchio parla di sfruttamento dei lavoratori o violazione dei
diritti umani». Avete letto bene: attribuire un «profilo etico» ai
consumi era lo scopo dell'iniziativa. Non come scelta individuale, ma
come obbligo per tutti. Sensibilizzare gli studenti «a fare attenzione a
ciò che si mangia e si beve», cose che neanche il ministro Sirchia
poteva immaginare.
Perché non un «profilo etico» anche per l'abbigliamento? Si potrebbe
cominciare con il bandire dagli Atenei le magliette con l'immagine di
Che Guevara, l'artefice della dittatura comunista cubana, colui che
dirigeva le esecuzioni sommarie a La Cabãna, la fortezza-mattatoio,
colui a cui piaceva amministrare il colpo di grazia, il proiettile nella
nuca, e che amava far sfilare la gente sotto El Paredón, il muro rosso
di sangue contro il quale furono uccisi tanti innocenti, colui che
istituì il sistema di campi di lavoro dove innumerevoli cittadini -
dissidenti, democratici, artisti, omosessuali - soffrivano e morivano, i
gulag cubani. Ma sono un liberale e questa proposta la ritiro perché
chiunque sia libero di indossare le magliette che desidera, senza
«profili etici».
La mobilitazione pacifista
Il Rettore dell'Università Roma Tre non è nuovo a decisioni di stampo
ideologico. Il 20 marzo del 2003, a seguito dell'attacco angloamericano
in Iraq, Fabiani decise nel giro di poche ore e senza alcun preavviso di
sospendere per un'intera giornata le lezioni, per permettere a tutti
(professori, personale, studenti) di partecipare al giubilo pacifista.
Il comunicato ufficiale recitava: «Care colleghi e colleghe, per
favorire la più ampia partecipazione democratica alle iniziative
programmate nella giornata odierna dalle organizzazione degli studenti e
delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, ho disposto di concerto
con i presidi di facoltà, la sospensione di tutte le attività didattiche
programmate per la giornata odierna».
Nell'ordine calpestando: il diritto di tutti i non pacifisti a
continuare a seguire la didattica, il diritto dei pacifisti a far pesare
la loro legittima assenza dalle aule, il diritto degli studenti
lavoratori e fuori sede ad essere informati con preavviso. Però il
passaggio sui Tg3 regionali fu memorabile per la carriera del Rettore.
Una serrata per meriti di conformismo, in violazione delle leggi
sull'apertura dei servizi pubblici, una violenza anche per tutti gli
studenti che sarebbero andati alle manifestazioni, ma ancor più se
andarci significava scegliere tra l'atto obbligato e quello civile,
mentre si sono trovati di fronte a un ordine di Stato, da sabato
fascista. "Mi rifiuto - avrebbero dovuto rispondere - di essere un
manifestante per ordine del Rettore e dello Stato".
"Studenti che sbagliano"
Risalgono ad alcune settimane fa le aggressioni di cui si sono resi
protagonisti alcuni collettivi di estrema sinistra, prima all'Università
di Pisa nei confronti del consigliere dell'ambasciata israeliana in
Italia Shai Cohen, poi dello stesso ambasciatore Ehud Gol all'Università
di Firenze, infine tentando di impedire l'accesso del ministro Gianni
Alemanno a una conferenza nella Facoltà di Scienze Politiche
dell'Università Roma Tre. Gli stessi hanno ripetutamente affrontato in
diverse occasioni gruppuscoli di estrema destra all'interno dei locali
del giovane ateneo romano, non risparmiando sputi e aggressioni ai
docenti che tentavano di ristabilire la calma ma incapaci persino di
difendere se stessi. Una situazione sempre più esplosiva resa
incontrollabile soprattutto dal clima di impunità di cui sono prime
responsabili le autorità accademiche, Rettore e Presidi, che rinunciano
a garantire la legalità e a perseguire i soliti noti autori degli atti
di violenza. Il 42° posto dei nostri atenei nelle graduatorie
internazionali è ampiamente meritato.
17 marzo 2005
f.punzi@radioradicale.it
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Federico Punzi è il titolare del blog
JimMomo
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