Turismo e parchi naturali. La lezione del Sud
Africa
di Pierluigi Mennitti
[05 mar 05]
Una lezione di turismo ed ecologia tutta volta a dimostrare come sia
possibile coniugare sviluppo economico e tutela del territorio,
rifuggendo dalla retorica paleo-ambientalista. E’ stata quella di David
Mabunda, chief executive officer dei Parchi nazionali del Sud Africa e
ospite d’onore della terza edizione del Mediterre (Conferenza
in6ternazionale sui parchi naturali e sulle migrazioni nel Mediterraneo)
in corso a Brindisi. Una lezione per i politici. Una lezione per gli
imprenditori privati. E soprattutto una lezione per i tanti
paleo-ambientalisti che pululano sempre attorno a queste manifestazioni
e attorno alle stanze dei ministeri e degli assessorati all’Ambiente con
la presunzione che l’ecologismo sia un’ideologia politica utile a dare
una veste più accattivante a vecchie teorie di pauperismo
anticapitalista.
Con Mabunda si respira tutta un’altra storia e si avverte quell’aria di
pragmatismo anglosassone, di amore per il business e per l’equilibrata
crescita economica che fa del Sud Africa di oggi l’unico esperimento di
successo di un continente allo sbando. E’ la storia di una nazione che
sta riuscendo a coniugare le speranze di una nuova epoca di integrazione
con la tradizione di una cultura moderna e operativa. Imparare dal Sud
Africa, dunque, può essere per i paesi del Mediterraneo e per l’Italia
una utile strada per rilanciare un turismo soffocato da offerte senza
qualità, troppo costose e prive di innovazione e appeal. Sui parchi
naturali, il tacco del continente africano ha d’altronde maturato
un’esperienza lunga quasi un secolo e nell’ultimo decennio è riuscita a
trasformarla in un’industria di enorme ricchezza, sia dal punto di vista
economico che ambientale.
Mabunda offre la competenza del biologo quando descrive la ricchezza
della biodiversità delle aree messe sotto tutela, la varietà della fauna
dei parchi, la difesa di specie animali uniche al mondo, la complessità
dell’equilibrio di piante e alberi che disegnano uno scenario naturale
tra i più affascinanti del pianeta: “Il Sud Africa occupa il terzo posto
nella classifica mondiale dei paesi più ricchi di biodiversità”. Ma poi
indossa i panni dell’economista quando descrive senza ipocrisie i numeri
che compongono un’industria turistica che questa ricchezza naturale
riesce a sfruttare, realizzando strutture di grande qualità che
valorizzano, non deprimono, il patrimonio ambientale del paese. Sullo
schermo si alternano le foto dei resort turistici, complessi
perfettamente integrati nell’ambiente che offrono a turisti esigenti
confort di tutti i tipi a prezzi straordinariamente competitivi.
“Se la gente si accorge che può far soldi e accrescere il proprio
benessere attraverso la tutela delle aree protette – dice Mabunda –
vedrete che appoggerà politiche finalizzate a questi proigetti”. Ma per
renderli appetibili e utili, bisogna abbandonare la presunzione che la
difesa del territorio significhi il divieto di sfruttarlo
economicamente: “Turismo e conservazione sono aspetti interdipendenti,
non è vero che l’uno distrugge l’altro, la nostra esperienza lo
dimostra, abbiamo realizzato all’interno delle aree protette
insediamenti abitativi di gran qualità e nessuna indagine scientifica ha
evidenziato che le strutture turistiche abbiano intaccato la
biodiversità dei parchi”.
Fischiano le orecchie ai paleo-ambientalisti raccolti in sala, che
avevano guardato con commozione il saluto video di Nelson Mandela ma che
ora scoprono che quel Mandela non segue le sirene utopistiche del
verdismo di casa nostra. Lo sviluppo del turismo nei parchi è anche
parte integrante dell’integrazione della comunità nera nel sistema
produttivo del nuovo Sud Africa: le realtà locali sono parte dei
progetti economici, negli ultimi 3 anni 32 milioni di euro erogati dai
fondi contro la povertà sono serviti a finanziare la riqualificazione
dell’offerta turistica nei parchi naturali. L’ecoturismo offre oggi
un’alternativa conveniente alla crisi del settore agricolo, ha assorbito
il 30 per cento dei lavoratori in esubero e garantisce salari tre volte
più alti rispetto a quelli nei campi.
E i finanziamenti? Il settore del turismo ecologico cammina in
prevalenza sulle proprie gambe. Solo il 17 per cento proviene da fondi
statali, il resto giunge dal settore privato, quello imprenditoriale di
chi è coinvolto nei progetti edilizi e nei servizi svolti all’interno
dei resort e quello che deriva dagli investimenti dei tour operator
internazionali. Pacchetti turistici innovativi, wild cards, attività di
trekking, birdwatching, cicloturismo, safari arricchiscono l’offerta.
Fino ai negozi di souvenir ristrutturati secondo regole di marketing
moderne per vendere ai visitatori il prodotto parchi naturali. Temiamo
sia troppo per i nostri paleo-ambientalisti.
05 marzo 2005
pmennitti@ideazione.com
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