Le sfide neocon scuotono il decennale di Liberal
di Marta Brachini
[06 mar 05]

Libertà e democrazia contro relativismo culturale e nichilismo. E’ la sfida del ventunesimo secolo. Ed è il tema sul quale si concentrano i teorici del pensiero neoconservatore americano che hanno visto nell’azione politica del presidente Bush il loro naturale referente. Alcuni di loro hanno raggiunto l’Italia in occasione del decennale della Fondazione Liberal. La chiara vittoria della tanto criticata nuova dottrina della Casa Bianca raccoglie oggi sempre più approvazioni da ogni parte del mondo. Lo spirito con cui l’America affronta le sfide poste dal terrorismo internazionale è una sintesi di due parole: “pride and courage”, esordisce Bill Kristol, direttore del Weekly Standard, all’inaugurazione del convegno internazionale romano. Un esempio da seguire per l’Europa chiusa in un orgoglio relativista e senza il coraggio di dire che, sono le parole di Adornato, “libertà e responsabilità” sono i fondamenti comuni di cristianesimo e liberalismo, senza i quali nessuna identità europea potrebbe emergere. Ma dalle parole di Robert Kagan, del Carnegie endowment for international peace, viene anche una nota positiva alla timida politica estera europea per il potere d’attrazione liberale che esercita nelle aree di confine. Tuttavia le distanze tra Usa e Ue rimangono ben evidenti sebbene un piccolo miglioramento ci sia stato dopo gli evidenti sviluppi politici internazionali. La “rivoluzione delle rose” in Georgia, quella “arancione” in Ucraina e l’ultima soprannominata dei “cedri” in Libano insieme alle elezioni afgane e irachene sono esempi macroscopici della possibilità di esportare libertà.

Anche l’osso duro dell’opposizione europea alla politica di Washington, la Francia, sembra fare un passo indietro e ritrovare un motivo di convergenza con Bush sulla questione della Siria. E testimone del dibattito politico interno francese è il filosofo Andrè Glucksmann che, sul tema della “democrazia globale”, racconta la Francia di chi cerca di rimediare allo strappo atlantico facendo leva sulle differenti interpretazioni del concetto di libertà e democrazia. E poi chiama terroristi gli antiamericani e gli antimperialisti ed invece elogia il “coraggio civile” di chi va a votare sotto la minaccia del terrorismo. Glucksmann è d’accordo con chi definisce una “seconda caduta del muro di Berlino” quello che sta avvenendo nel Medio Oriente. Questo movimento è infatti di grande rilevanza, lo sottolinea anche Daniel Pipes, direttore del Middle East Forum, per sconfiggere l’Islam radicale, il nemico ideologico che predica l’anti-modernismo, coltiva la stagnazione intellettuale, la discriminazione e la violenza etnica. Infatti, il radicalismo islamico è il “volto del nichilismo del XXI° secolo” avverte Glucksmann e coltiva la “distruzione per la distruzione”, senza scrupoli morali o religiosi, solo in nome di un presunto “diritto ad uccidere”. Tuttavia nichilisti possono essere anche definiti gli Stati-canaglia e gli Stati-padrini della follia islamista o chi in fondo fa finta di non vedere: il relativismo nei confronti del male è un atteggiamento nichilista.

Altre considerazioni spettano a Michael Novak, direttore dell’American Enterprise Institute, fedele interprete della dottrina Bush, il quale non può non sottolineare le stretta relazione esistente tra la libertà politica e il progresso economico dei paesi. E i mezzi attraverso cui si possono realizzare sono libere istituzioni politiche, economiche e sociali. Nel suo stesso ultimo lavoro, “The Universal Hunger for Liberty”, sono oggetto d’analisi tutte le strutture che reggono una società libera e che ne costituiscono le fonti. “Ci può essere una divisione tra la Chiesa e lo Stato, ma non tra la religione e la societa”: sono queste le parole che Novak sceglie per spiegare dove risiede la forza di una Nazione. Forza traducibile in quel concetto di identità tanto discusso in Europa e che domina la prolusione finale del nostro presidente del Senato, Marcello Pera. Quale costituzione europea e quali relazioni euro-atlantiche potrebbero infatti esistere senza una decisa e compatta volontà comune di essere popolo e riconoscersi nei valori della civiltà occidentale e cristiana? Pera è convinto che solo la consapevolezza di quello che l’Europa è, ed è stata, può darle la spinta necessaria per divenire partner attivo e non ausiliario dell’America. Una “identità spirituale e un’identità geopolitica”: sono le carte che mancano all’Europa per confrontarsi con gli Stati Uniti.

06 marzo 2005

m.brachini@libero.it

 

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