Altruismo terrorista ed egoismo pacifista
di Stefano Caliciuri
Tra scene di giubilo, pianti e sorrisi si è conclusa l’amara vicenda del
rapimento di Simona Pari e Simona Torretta, le due volontarie ventinovenni
rapite a Baghdad lo scorso 7 settembre da una sedicente banda terrostica
islamica. Alle 23.18 i familiari sono stati i primi ad abbracciarle, dopo
un paio di ore trascorse in trepidante attesa sulla pista di Ciampino,
dove è atterrato l’aereo di Stato che le ha ricondotte in Italia. Quindi è
stato il turno dei rappresentanti del governo (Berlusconi, Letta, Fini),
seguiti dal sindaco di Roma. Tante voci si sono inseguite, scavalcate,
sovrapposte, durante le tre settimane di prigionia: da chi sosteneva che
il rapimento fosse una vendetta privata in risposta a presunte operazioni
spionistiche delle due volontarie, a quanti invece le davano già per
spacciate, non essendo mai state mostrate loro immagini durante la
prigionia. In questo clima di incertezza il governo, tramite i servizi
segreti italiani, ha avuto un ruolo principe: non lasciandosi strapazzare
dagli eventi ha perseguito la sua minuziosa opera di recupero delle fonti,
selezionando quelle attendibili da quelle “procacciatrici di semplice
terrore”. Condottiero di un’Arca che sembrava ingovernabile, Berlusconi ha
proceduto come un ariete, affidandosi a talpe sicure, ma diffidando dei
troppi avvoltoi e (sinistr)orsi vari.
Per la prima volta nella storia di questa guerra, i mezzi televisivi sono
stati usati non per diffondere un’esecuzione ma per documentare una
liberazione. L’inquadratura a tutto campo, con moschea nel deserto sullo
sfondo, è stata intervallata ai primi piani delle due ragazze e al
commissario della Croce Rossa incaricato al loro recupero. Chi ha
organizzato l’incontro? Chi ha girato quelle immagini? Chi le ha
consegnate ad Al Jazeera? Ha suscitato notevole curiosità anche il
pacchetto tenuto in mano da una delle due ragazze. Cosa conteneva?
Veramente una copia del Corano, come è stato detto, regalato dai
sequestratori in segno di amicizia e riconoscenza? Certo che se proprio
fosse stato così, con due miliardi delle vecchie lire si poteva pensare
anche a qualcosa di più originale. Troppi dubbi, insomma, ruotano attorno
a questo rapimento. Troppe domande a cui nessuno può o vuole ancora dare
risposta. Non si mette in discussione l’aver pagato la libertà di due
donne, ma a questo punto ci si domanda: perché solo loro? L’atteggiamento
delle minoranze parlamentari, questa volta, si dice esser stato
ineccepibile e di costante collaborazione. Sarà forse perché le due
giovani si definiscono “pacifiste”? Se così non fosse, perché lo stesso
atteggiamento non è stato mantenuto anche durante la prigionia di
Cupertino, Stefio, Agliana, Quattrocchi, Baldoni? Alla luce dei fatti, la
tanto decantata correttezza e collaborazione della sinistra rischia di
sfociare nella più evidente demagogia idealistica, che cambia modello di
riferimento a seconda dell’identità (o dell’ideologia) del sequestrato.
Resta inteso che la soddisfazione per aver liberato due ragazze non ancora
trentenni dalle mani di ignobili procacciatori di finanziamenti
terroristici, in questo momento deve avere la meglio su ogni polemica di
schieramento. Verrà certamente il giorno in cui sarà fatta chiarezza su
questo triste paragrafo di storia contemporanea. Sperando che Torretta e
Pari, nei prossimi giorni trascorsi in Italia, quelli in cui le vedranno
nuovamente tornare a vivere, capiscano che anche a Roma e Rimini ci sono
sicuramente dei bambini che hanno bisogno di aiuto. E alle manifestazioni
di magnanimità e generosità che hanno dimostrato nei confronti dei
sequestratori è bene ricordar loro che , per dirla alla Brudzinski, “gli
affari peggiori si fanno con gli altruisti”. Soprattutto quando, come in
questo caso, “altruista” non solo fa rima, ma è addirittura sinomino di
“terrorista”.
29 settembre 2004
stecaliciuri@hotmail.com
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