Un successo d’intelligence che rafforza il ruolo italiano
di Alessandro Bezzi

La liberazione dei quattro ostaggi in “quota italiana”, le due operatrici umanitarie ormai dilaganti sui media e i due collaboratori iracheni, sono un nuovo, lampante successo dei servizi d’intelligence nazionali. Qualunque sia il destino strumentalizzato del dopo-liberazione (di cui qualche avvisaglia già si vede a poche ore dal ritorno in patria delle due Simone), si deve riconoscere che la presenza militare italiana, assieme a tutto l’apparato d’intelligence mosso nell’area mediorientale, permette oggi al nostro paese di giocare un ruolo importante in una regione assai delicata dello scacchiere internazionale. Mai l’Italia aveva saputo muoversi con tanta autorevolezza e determinazione nei meandri del mondo arabo, neppure ai tempi di Bettino Craxi, quando il governo professava simpatie filo-arabe senza tuttavia raccogliere alcun frutto strategico.

Non è un paradosso che questo avvenga, invece, sotto un governo che ha esplicitato con grande chiarezza la propria fedeltà alla tradizione filo-atlantica dell’Europa (quella cui hanno voltato le spalle Spagna e Germania). Solidità del rapporto con l’alleato statunitense, simpatia verso lo Stato d’Israele, rispetto e collaborazione con quei regimi arabi moderati che forse non hanno il coraggio di spingere a fondo il contrasto con l’estremismo islamico ma mantengono un canale di comunicazione stabile con le democrazie occidentali: queste posizioni chiare in politica estera hanno permesso all’Italia di assumere un’autorevolezza internazionale come mai nei decenni precedenti. E la presenza di nostri uomini nei territori mediorientali ha consentito una maggiore conoscenza del territorio, dei gruppi che vi operano, dei cunicoli bui nelle quali opera la marmaglia filo-terroristica, dei coni di luce che ogni tanto si aprono in un mondo tanto complesso quanto rilevante per mille ragioni strategiche.

Piaccia o no ai nostri pacifisti che oggi riprendono a chiedere senza riflettere il ritiro delle nostre truppe, è proprio attraverso il lavoro dei militari (e a quello degli apparati che le accompagnano) che si è riusciti a districarsi attraverso servizi segreti arabi, mediatori più o meno credibili, gruppi occulti, pubblica opinione mediorientale. L’Italia ha rafforzato rapporti e legami con settori operativi dei paesi limitrofi all’Iraq, ha cementato un lavoro operativo con le intelligence di Stati Uniti, Gran Bretagna e Polonia che sta fruttando risultati eccellenti, ha maturato una grande esperienza in un territorio difficile che oggi conosciamo meglio e nel quale ci muoviamo con autorevolezza e agilità. La liberazione dei quattro ostaggi, sommata alla scoperta dell’attentato terroristico alla nostra ambasciata a Beirut, testimoniano l’accresciuto spessore del ruolo italiano nella regione. Una carta da spendere con molta oculatezza nei mesi a venire.

29 settembre 2004

 

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