Lega e Prc: le mani sui ballottaggi
di Stefano Caliciuri
Se al Sud sarà Rifondazione comunista l’ago della bilancia, al Nord questo
ruolo lo giocherà sicuramente la Lega. Il ballottaggio di sabato 26 e
domenica 27 giugno si annuncia perciò, in tutti i comuni e le province
italiane impegnate nel voto, all’insegna dell’incertezza. Una situazione
che si è andata delineando per merito (o per colpa) di un sistema
elettorale che, se da una parte vorrebbe premiare le grandi coalizioni,
dall’altra induce a creare le solite “escamotages all’italiana”. Due
partiti che messi insieme rappresentano a malapena il 12 per cento degli
italiani saranno invece coloro che determineranno le sorti amministrative
dell’Italia intera. Evitato ogni accordo ante-voto, ora è arrivato il
momento di gettarsi tra le braccia di chi offre di più. Un giochino che si
ripete ad ogni rinnovo elettorale, seguendo il solito motto: “Per adesso
non ci schieriamo, poi vedremo”. E’ troppo semplice adottare la soluzione
più comoda ad urne aperte, guardando il risultato finale e stabilendo con
chi appaiarsi per avere una quasi certa garanzia di governo. A Bergamo, ad
esempio, la Lega Nord ha indicato di voler sostenere il candidato del
centrosinistra (46 per cento al primo turno) e schierarsi contro il
conservatore Veneziani (39 per cento), suo naturale alleato di governo.
Così come a Vercelli è a rischio l’originario 42 per cento raggiunto nel
primo turno dal candidato del Polo.
La riforma del sistema elettorale amministrativo avrebbe dovuto introdurre
finalmente la stabilità all’interno delle coalizioni. Dopo un solo
decennio, però, l’italica furbizia ha avuto ancora una volta la meglio. A
fare la differenza non sono i programmi,i progetti, al limite l’ideologia.
Ma, ben più semplicemente e cinicamente, i numeri. Apparentarsi al secondo
turno è quasi certamente sinonimo di vittoria. E questo, sia la Lega Nord
che Rifondazione comunista lo hanno capito con largo anticipo, snaturando
il senso bipolare della riforma. Entrambi ormai mettono in scena sempre il
medesimo copione, scritto da due registi diversi. Bertinotti e Bossi
(anche se in questo caso sarebbe più opportuno tirare in ballo Maroni) pur
sopravvivendo di sola ideologia riescono a decidere le sorti di una
competizione, facendo una conveniente summa tra il vecchio sistema (quando
si stabilivano i governi sulla base dei voti presi) ed il nuovo
(accorpamento “alla cieca”).
Quale soluzione adottare, quindi, per non cadere ogni volta nel trappolone
degli estremi ideologici? Forse basterebbe impedire gli accorpamenti,
garantendo all’elettore la libertà di decidere secondo la propria
coscienza tra i due candidati al ballottaggio e lasciando ai terzi
arrivati il ruolo di oppositori. Oppure spieghino anche noi la formula
dell’incantesimo in grado di rendere “realizzabile e sottoscrivibile” un
programma sino a quindici giorni prima definito esclusivamente
“alternativo ed avverso”.
21 giugno 2004
stecaliciuri@hotmail.com
|