Tremonti-Fini, due filosofie a confronto
di Giuseppe Pennisi
Per il momento si respira aria di tregua nel dibattito su come fare
politica economica che, da mesi e mesi, ha come protagonisti il Vice
Presidente del Consiglio, Gianfranco Fini, ed il Ministro dell’Economia e
delle Finanze, Giulio Tremonti. La tregua è determinata in larga misura
dal fatto che è in corso una difficile campagna elettorale. Il confronto,
però, riprenderà dopo le elezioni, quale che sarà il loro risultato. E’
riduttivo interpretarlo come una storia di poltrone o come il contrasto
tra neo-liberismo nordista e neo-statalismo romano e meridionale. Esso
riguarda l’essenza di come intendere la politica economica.
Schematizzando, al cuore della visione “tremontiana” di fare politica
economica c’è una retta: definiti alcuni obiettivi di crescita e chiariti
i vincoli, la traiettoria è una linea dritta volta a massimizzare il
raggiungimento dei primi (ad esempio, riportare il tasso annuo di aumento
del pil al 3%) rispettando i secondi (i parametri del patto di stabilità).
Lo conferma la lettura della trimestrale di cassa, tutta incentrata su
quella che gli economisti ed i matematici chiamerebbero “una funzione di
massimizzazione vincolata”: i vincoli si sono fatti più severi – dice il
documento - ed abbiamo effettuato i pertinenti aggiustamenti, ma
l’obiettivo da massimizzare è sempre lo stesso. E’ una visione che ha una
grande storia dietro le spalle: da sessanta anni (o giù di lì), quasi
tutti i modelli di crescita (da quelli keynesiani a quelli più recenti),
si basano su una strumentazione, più o meno ricca, di obiettivi da
massimizzare nel rispetto di una serie di vincoli. Se il timone è ben
orientato e la nave va, basta tenere salda la rotta per arrivare in porto.
Nella visione “finiana”, invece, la politica economica è un’“opportunità”,
composta a sua volta di “opzioni”: strategie, programmi e misure sono
“opzioni” che aprono e chiudono altre “opzioni”, sia positive sia
negative, in capo ai vari gruppi di cui è composta la società italiana;
gli obiettivi ed i percorsi non sono pre-definiti ma derivano dalle
“opzioni”, e dai gruppi a cui sono in capo. La strada non è una retta ma
dipende dalle valutazione delle le “opzioni” che ciascun intervento di
politica economica apre e chiude alle categorie ad esso legittimamente
interessate. Così come la retta è dritta ma rigida, le “opzioni” tanto più
valgono quanto più se sfrutta la loro flessibilità. Nel caso Alitalia
questa è stata, almeno per ora, la carta vincente. Ma non è detto che
abbia sempre successo o che i successi siano duraturi.
Né Tremonti né Fini sono economisti. Così come il primo non ha
verosimilmente studiato la letteratura sulla crescita endogena degli
ultimi dieci anni, l’altro non si è mai dilettato con le equazioni di
Black & Scholes, con il metodo binomiale o con gli algoritmi
sull'irreversibilità. Probabilmente, non sanno neanche che i due modi di
vedere la politica economica sono al centro di accesi dibattiti nella
confraternita degli economisti.
11 maggio 2004
|