Appello ai leader: non fate marcia indietro
di Domenico Mennitti
[08 feb 08]

Finito il clamore sulla crisi del governo Prodi, i partiti sono alle prese con i problemi delle coalizioni e delle candidature. I facili entusiasmi e le rovinose depressioni stanno cedendo il campo alle valutazioni più ponderate. I numeri illustrati da Mannheimer a “Porta a Porta” hanno provocato utili riflessioni. E’ già accaduto due anni fa che i risultati sembravano acquisiti con largo anticipo e poi la rimonta di Berlusconi ha quasi rovesciato il tavolo. Il richiamo del più famoso sondaggista italiano è risuonato come un ammonimento severo: gli italiani non sono affranti dall’uscita di scena di Prodi, ma vorrebbero evitare che sul palcoscenico prendano posto comparse di terza e quarta fila. C’è una campagna elettorale da preparare, da affrontare e da vivere: considerare la partita chiusa in anticipo può rivelarsi un grave errore, perché comunque gli italiani sono alla ricerca di un cambiamento, del quale si attende l’avvento da oltre tre lustri. Oggi al centro del dibattito politico c’è, dal punto di vista dell’iniziativa innovatrice, Walter Veltroni. Un personaggio che non si è mai distinto per gesti di grande coraggio, moderato anche quando si muoveva fra i tumulti del mondo giovanile in rivolta, mediatore per costituzione fisica e mentale, un non-leader insomma che per stabilire un riferimento americano citava lo sbiadito Clinton piuttosto che il fascinoso Kennedy, si ritrova oggi a brandire la spada ed a promettere di tagliare i nodi della stagnazione politica italiana.

Nessuno può anticipare sin dove alle parole corrisponderanno i fatti; però la promessa di restituire senso al consenso in una democrazia sbrindellata piace, provoca simpatia, persino un po’ di speranza. Perciò vendere la pelle dell’orso prima d’averlo trafitto può rivelarsi per la destra un grave errore di valutazione, nel quale ci auguriamo che nessuno cada. Berlusconi, infatti, che – nonostante i proclami antipolitici – è uomo che fiuta gli eventi e tende a non subirli, non è rimasto insensibile agli umori della pubblica opinione. La razionalizzazione del sistema politico ed istituzionale in fondo è sempre stato il suo obiettivo, sinora mancato perché è rimasto intrappolato nella rete delle intese di coalizione. Quelle intese paralizzanti le ha già messe in discussione qualche mese fa, ora l’augurio è che non faccia marcia indietro per recuperare sino all’ultimo voto sommando vecchie appartenenze e nuovi arrivi. Diciamolo con franchezza: la Casa della libertà adesso non proietta una bella immagine. Sembra piuttosto una catapecchia popolata da fantasmi, tutti un po’ avanti con gli anni, qualcuno malconcio nel fisico, qualche altro con la giovinezza irrimediabilmente smarrita nell’attesa di ruoli mai raggiunti.

Alla sinistra, in parte abbarbicata alle vecchie bandiere e in parte smaniosa di modernizzarsi, la destra non può rispondere con un esercito nel quale i reduci sovrastano i combattenti. E poi con la pletora dei ravveduti, dei prudenti che non assumono mai posizioni nette, i protagonisti di quella fascia grigia che si abbarbica a quattro seggi per stare prima con l’uno e poi con l’altro, a seconda della direzione del vento. Per Berlusconi questa è davvero l’ultima volta: ha manifestato molte doti ma pure grandi carenze. Questa è l’occasione per scrivere il suo nome nella storia d’Italia con un profilo definitivo: non solo raccoglitore di voti ma pure capo di un governo che funziona, non solo autore del libro dei sogni ma pure riformatore della carta costituzionale, non un incompiuto ma il protagonista della fase di modernizzazione del paese. Si profila una delle più intense ed interessanti campagne elettorali, speriamo si concluda anche con risultati incoraggianti.


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