Va in scena la crisi di un sistema che non c'è
di Domenico Mennitti
[25 gen 08]

Ora tutti gli osservatori politici sono impegnati a comprendere quali saranno le mosse del capo dello Stato. Corre il nome di Marini come prossimo presidente incaricato, ma questo è un passaggio quasi obbligato, essendo il presidente del Senato la seconda carica dello Stato, che perciò svolge un ruolo quasi predestinato ad assumere responsabilità esecutive nei momenti di crisi acuta del quadro politico ed istituzionale. In verità il problema grave che Napolitano deve risolvere non è tanto la individuazione di un protagonista per quanto possibile neutro, dotato di grandi capacità di mediazione, capace di interloquire con tutti, piuttosto quello di sciogliere nodi che, il giorno dopo la caduta di Prodi, appaiono e forse sono inestricabili. Il primo è quello di verificare se c'è la possibilità di mettere in piedi un governo dopo quanto è accaduto in Senato. Come è stato bene osservato, non si è interrotta la vita di una coalizione, è caduta la ragione perché una intesa generale a sinistra possa ancora essere ipotizzata.

A parte la strana sorte di Prodi, l'unico protagonista che abbia sconfitto nel corso della cosiddetta seconda repubblica per due volte Berlusconi subendo in entrambi i casi un brutale benservito da parte di vecchi esponenti comunisti (D'Alema prima e Veltroni ora); a parte gli incidenti di percorso che hanno portato alla crisi la coalizione per via di abbandoni non sempre banali o di ritorsione da parte di fasce estreme (Rifondazione allora da sinistra, Udeur ora dal centro); a parte le cadute di stile che sono giunte sino a coinvolgere santi e poeti, chiamati inopportunamente a sostenere miserevoli vicende di parte o addirittura di famiglia; a parte questi spezzoni di “mucillagine” che infestano l'aria dei palazzi romani e la rendono irrespirabile, occorre stabilire quale sbocco sia possibile in presenza della provata impossibilità della coalizione che ha vinto le elezioni di ricomporsi e tentare di giungere alla fine della legislatura.

Molti richiamano la crisi del sistema. Nella verità è il sistema che si fa difficoltà ad individuare nei tratti portanti e fondamentali. La fase politica avviata dopo Tangentopoli si aprì sotto la spinta del referendum che ha cambiato le regole del gioco elettorale. La modifica essenziale si sarebbe dovuta evidenziare nel passaggio dalla versione proporzionale a quella maggioritaria, addirittura con la indicazione preventiva del leader di ciascuna coalizione, ipotesi questa mai statuita e tuttavia di fatto praticata. Se questo fosse il sistema di riferimento, il viaggio della legislatura sarebbe giunto al capolinea. E tuttavia così non è, se tutti non danno per scontato il ritorno alle urne e, anzi, la maggioranza degli osservatori e dei protagonisti istituzionali (primo fra tutti il presidente della Repubblica) è impegnata ad individuare una soluzione di transizione. La ragione ufficialmente addotta è che bisogna varare una nuova legge elettorale, ma appare a tutti evidente quanto sia difficile immaginare una serena valutazione degli eventi da parte di attori e comparse che solo ieri hanno messo in scena al Senato uno degli spettacoli più scadenti che la politica abbia mai prodotto.

Conclusione: siamo dentro un sistema istituzionale e politico che si scrive in un modo, si legge in un altro e si pratica in un altro ancora. Non siamo alla crisi del sistema, piuttosto al sistema che non c'è ed è illusorio sperare che questa classe dirigente possa inventarsene uno nuovo ed efficiente quando è colta dalla paralisi più grave che l'abbia mai colpita. Resta da vedere quale sarà l'apporto di modernizzazione, di chiarezza, di fattività che riusciranno ad esprimere le due novità intervenute nel panorama politico italiano: il Partito democratico da una parte ed il Popolo delle libertà dall'altra. Sino ad oggi hanno più rotto che composto, ma tutti sanno che per raggiungere nuovi equilibri occorre mandare in frantumi quelli vigenti. La partita comunque la giocano loro e dal risultato del confronto dipenderà il dopo-Prodi ed il futuro del paese. La politica si avvale anche di un elemento che si chiama imprevedibilità. Quando le macerie sembrano seppellire la speranza, irrompe una idea che fa muovere il mondo. Speriamo che spunti nel cielo dell'Italia.


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