Referendum elettorale, una polizza per i cittadini
di Daniele Capezzone
[22 gen 08]

Il 16 gennaio scorso, la Corte Costituzionale ha dunque concesso luce verde ai tre quesiti referendari sulla legge elettorale. La decisione della Consulta ha dissipato una serie di ombre che troppe altre volte hanno caratterizzato l'iter di richieste referendarie, non di rado con una giurisprudenza contraddittoria, e giudicata con grande severità dagli stessi ex presidenti della Corte. Stavolta, evidentemente, non c'erano margini per bocciature: i quesiti, del resto, erano stati costruiti al millimetro proprio sulla base delle decisioni pregresse della Corte.  Qualcuno aveva cercato in extremis di mettere nel mirino il ritaglio referendario preparato dal professor Guzzetta rispetto alla questione del premio di maggioranza (che, con il referendum, passa dalla coalizione al partito), ma anche in questo caso l'accusa appariva inconsistente: per quale ragione il premio di maggioranza sarebbe stato legittimo nella legge attualmente vigente, e sarebbe divenuto illegittimo dopo il ritaglio referendario? Di tutta evidenza, se la Corte avesse usato questo argomento, si sarebbe mossa in modo assolutamente incoerente. Semaforo verde, quindi, fortunatamente.

Adesso, il calendario referendario stabilisce che il governo possa fissare la consultazione (che da qualche anno torna ad articolarsi su due giornate: domenica e lunedì mattina) in un arco di tempo compreso tra il 15 aprile e il 15 giugno. E' essenziale che venga scelta una delle prime date utili: se infatti sarà indicata una data estiva, si tratterà di un ennesimo tentativo di sabotare la consultazione, puntando sulla somma tra astensionismo fisiologico (alimentato dalla stagione estiva) e astensionismo volontariamente scelto. E (non c'è davvero da sorridere su questo, in Italia!) non dimentichiamo che il 7-8 giugno iniziano i campionati europei di calcio: ciascuno immagina cosa accadrebbe se per caso la domenica referendaria coincidesse con una partita degli azzurri… Personalmente, essendo uno dei promotori della consultazione, mi auguro che essa abbia effettivamente luogo: per quanto i quesiti siano naturalmente imperfetti (con il referendum, com'è noto, si può solo abrogare), tuttavia essi saranno comunque capaci di favorire una evoluzione bipartitica del nostro sistema politico. Da anni, gli italiani chiedono a gran voce un sistema più semplice, centrato su due grandi partiti che si contendano il Governo. Da questo punto di vista, il referendum può aiutare il processo politico che ha portato alla nascita di Partito democratico e Popolo della Libertà.

Naturalmente, le Camere restano libere di tentare un'intesa prima del referendum. Ma a questo punto devono tenere presenti tre cose. Primo: se vogliono fare qualcosa, devono provvedere prima del voto. Secondo: in questo caso, non devono andare al di sotto dell'"asticella referendaria" ((insomma, non basta una legge elettorale qualsiasi, ma serve una norma che recepisca la direzione di marcia referendaria). Terzo: se il referendum avrà esito positivo, occorrerà evitare tradimenti e aggiramenti postumi (anche in questo caso, dalla responsabilità civile dei magistrati al finanziamento ai partiti, i precedenti, purtroppo, non mancano). Resta infine da decifrare il contesto politico dei prossimi giorni e settimane, nei suoi riflessi sull'iter referendario. Gli scenari più ragionevoli sembrano due, allo stato. Il primo: voto referendario in aprile e voto politico in giugno. Il secondo: recupero e modifica della bozza Bianco, e successivo voto politico.

Rispetto al secondo scenario, resta fermo quello che si è appena detto: e cioè che occorre recepire la direzione di marcia referendaria. Questo è vero non solo giuridicamente, ma anche politicamente: in questo senso, lascia perplessi la scelta di Enzo Bianco di presentare l'ultima bozza in termini così penalizzanti per i due partiti maggiori. Un conto è chiedere che Pd e Forza Italia non siano eccessivamente premiati; altra cosa, come accadrebbe con l'ultimo testo messo in campo, è pretendere che le due forze maggiori siano addirittura punite. Non sembra davvero realistico che Berlusconi e Veltroni possano accettare (e per quale ragione dovrebbero farlo?) una soluzione così insidiosa per loro. Occorrerebbero dunque modifiche consistenti in senso "decidente e governante" per riaprire la partita in Commissione affari costituzionali. Ma forse è già troppo tardi. Per tutte queste ragioni, il referendum appare come una polizza di assicurazione: sarà bene evitare che qualcuno la sfili dalle mani dei cittadini.


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