La sconfitta referendaria legittima Chavez
intervista a Marcos Polesel di Domenico Naso
[14 dic 07]

“La vittoria del no al referendum costituzionale? Il peggio che ci potesse capitare. Adesso nessuno potrà più dire che le elezioni in Venezuela sono truccate”. E’ con questa provocatoria ma sensata interpretazione che Marcos Polesel, director politico del Movimiento Democrata Liberal inizia la sua analisi della situazione politica del paese sudamericano. Strenuo oppositore di Chavez, figlio di immigrati italiani (ha infatti la doppia cittadinanza), è durissimo non solo contro il regime socialista di Caracas, ma anche nei confronti di quella parte di Occidente che troppo spesso chiude un occhio in nome di corposi interessi economici. A capo di un network politico-culturale che si ispira ai principi del liberalismo classico, Polesel ha stretti e frequenti rapporti con molti partiti liberalconservatori occidentali (Forza Italia e Alleanza Nazionale tra gli altri) ed è un acerrimo nemico del socialismo, in tutte le sue forme e manifestazioni.

La recente bocciatura del referendum di riforma costituzionale ha rappresentato davvero una sconfitta per il presidente Chavez?
In realtà, la figura del leader venezuelano non è stata danneggiata. Noi pensiamo che la vittoria del no sia la cosa peggiore che potesse capitare, perché Chavez, perdendo, si è legittimato come democratico e ora è impossibile sostenere che le elezioni passate e future sono state o saranno truccate. E inoltre il sistema elettorale ne esce “ripulito” da ogni colpa e tutti rimangono immacolati di fronte all’opinione pubblica nazionale e internazionale. Di sicuro nelle prossime elezioni i chavisti vinceranno (con l’inganno) e noi non potremo denunciare i brogli elettorali. Noi come liberali mai potremmo dire alla gente di andare a votare o di astenersi. E’ una scelta individuale di ogni persona e qualsiasi decisione va rispettata. Siamo contro il dirigismo tipico dei socialisti, che obbliga le persone a fare le cose e criminalizza chi non si adegua.

Quello che è stato davvero impressionante è il duro colpo morale ai militanti socialisti, i quali hanno ammesso la sconfitta e hanno fatto un’autocritica importante e legittima. Penso che i veri socialisti siano stati ingannati e sono loro stessi a dire che è impossibile difendere il vero socialismo quando i leader e i dirigenti che ruotano attorno al presidente si sono arricchiti grazie alla corruzione, girano su automobili di lusso, vestono alla moda, vivono in grandi case, vanno negli Usa o in Svizzera a depositare i loro patrimoni milionari. Si nota già una crepa tra il socialista della strada, che deve fare la fila per comprare beni e alimenti basilari, e l’opportunista, l’élite parassita del potere economico e politico che approfitta del sistema per arricchirsi e godere dei privilegi del potere. La gente crede che Chavez sia attorniato da inetti e corrotti che lo danneggiano, senza ritenerlo responsabile di questa situazione. E’ visto come una vittima perché in realtà è lui l’ultima speranza che rimane.

Voglio chiarire che dallo scorso giugno noi liberali avevamo assunto una posizione di rifiuto e disapprovazione nei confronti del referendum di riforma costituzionale, e non volevamo legittimare questo atto illegale, incostituzionale, illegittimo e soprattutto immorale. Questo stratagemma non è stato altro che un diversivo per distogliere l’opinione pubblica dai problemi seri del paese quali la mancanza di sicurezza, la corruzione, l’inflazione. Mai in un governo liberale si vedrebbe un referendum attraverso cui la gente voti per l’eliminazione o l’approvazione dei diritti umani e delle libertà civili. Per noi liberali i diritti individuali non si negoziano o si discutono: si difendono! La riforma serviva semplicemente a legittimare quello che di fatto avviene da tempo nel paese. Comunque, anche se può sembrare folle, paradossalmente la vittoria del no è stata la cosa peggiore che potesse succedere.

In Occidente molta gente crede che Chavez sia un eroico baluardo contro la supposta “arroganza” americana e pochi si preoccupano della mancanza di democrazia in Venezuela. Qual è l’attuale situazione nel suo paese?
E’ la vecchia storia di Davide contro Golia. Il populismo si fonda sul fatto che la gente solidarizza sempre con il più debole, con il Davide di turno. Ovviamente per farti passare da debole devi cercare un forte o un capro espiatorio, e i socialisti l’hanno sempre trovato nel capitalismo e nell’impero americano. E’ il solito stratagemma del socialismo vecchio stile. Molte volte, durante un mondiale di calcio, abbiamo sperato che il Camerun battesse il Brasile.

Si potrebbe parlare anche di una sindrome di Robin Hood: rubare ai ricchi per dare ai poveri. Solo che in questo caso si ruba al popolo intero per dare le briciole ai poveri che non avendo nulla vendono facilmente la loro fedeltà. Ma la fetta più grande di questo furto colossale se la prende l’élite burocratica del regime, che vive nel lusso e sfrutta il capitalismo a proprio vantaggio. Tutto questo somiglia molto anche alla figura dell’angelo vendicatore. Chavez impersona un angelo che per diritto divino è arrivato al potere e vengono accettati tutti i suoi abusi perché deve vendicare la disgrazia dei poveri (creati dallo stesso sistema socialista) contro i ricchi. Il povero, pur restando sempre nella stessa situazione di miseria ed emarginazione, si sente vendicato e risarcito dall’angelo e pensa: se io non posso stare bene, allora nemmeno il ricco. E’ per questo motivo che il socialismo  provoca tutte queste passioni e comportamenti insani e riesce a mantenere il potere. Anche perché le trappole in cui cade molta gente sono frutto della penetrazione “sinistrorsa” in tutti gli ambiti: culturale, politico, economico, accademico, ecclesiastico, familiare. Questo modo di pensare è stato inculcato per secoli.

Come può fare opposizione il Movimento Democratico Liberale in un paese come il Venezuela, in cui non sono garantiti molti diritti fondamentali?
Questa è la sfida che ci attende. Non stiamo affrontando solo una ideologia, bensì una cultura ideologica socialista che in Venezuela esiste dall’epoca della scoperta dell’America. Da allora è stato lo statalismo quello che ci ha sempre affondato. Facciamo una vera opposizione ideologica, promuoviamo l’uscita dal socialismo. Non esiste un socialismo buono (riformista) e uno cattivo (quello di Chavez). Il socialismo è uno solo ed è intrinsecamente autoritario, giacché colloca lo Stato al di sopra dell’individuo.

E’ vero, in Venezuela non viviamo in democrazia e non ci sono libertà politiche, economiche e civili, però questo processo non è cominciato con l’arrivo di Chavez. E’ anche colpa di quella che oggi si definisce opposizione, che è responsabile della scalata al potere di Hugo Chavez.

Noi esponenti della destra liberale abbiamo una forza importantissima che è la solidità ideologica, rappresentiamo tutto il contrario di ogni tipo di socialismo e stiamo spiegando alla gente che possiamo dare risposte migliori ai problemi del paese attraverso il sistema liberale della filosofia del “governo limitato”. Un governo limitato è limitato nelle sue funzioni (sicurezza, giustizia, infrastrutture, ordinamento) e anche nelle spese (basso livello di tassazione). Uno Stato piccolo ma efficiente, al contrario dello Stato sociale di sinistra che si occupa di tutto (musei, linee aeree, treni, banche, mezzi di comunicazioni, compagnie petrolifere, compagnie telefoniche, lotterie, ippodromi, casinò) diventando alla fine uno Stato invasivo, molto inefficiente, pieno di costi e leggi, con tasse asfissianti e corruzione endemica. In Italia, per esempio, c’è molto statalismo, anche quando vince la destra, perché lo Stato è troppo grande e si occupa di tutto, sprecando tempo e denaro.

Ci sono altri partiti di opposizione? Che strategia hanno scelto per contrastare il regime di Chavez?
In questo momento analizzare l’opposizione in Venezuela è qualcosa di complesso e persino bizzarro. E’ un po’ come se in Italia governasse Rifondazione Comunista e l’opposizione fosse il partito socialista. In Venezuela non esiste la destra: ci sono più di 770 partiti, nazionali e regionali, e questo perché il sistema corrotto ha bisogno di molti partiti per simulare una parvenza di pluralità. Ma in realtà i partiti non sono altro che strumenti per fabbricare elezioni. Possiamo tentare di classificare quindi una pseudoopposizione, poiché l’opposizione al socialismo non può essere un altro socialismo. La situazione è la seguente: esiste un’opposizione socialista di sinistra che continua a sostenere che il socialismo in Venezuela non è un male a prescindere e che da la colpa solo a Chavez e al suo entourage. Continuano a credere che la cacciata di Chavez possa avvenire in maniera democratica e pacifica e hanno accettato di convivere con il regime nella speranza di una fine naturale e pacifica dello stesso. Accettano tutto quello che il regime ordina e comanda. E’ una opposizione senza proposte alternative che si preoccupa solo di sopravvivere, un’opposizione collaborazionista che non ha proposte proprie e agisce solo secondo calcoli elettorali. Non è un’opposizione vera perché è socialista come il regime, con pochissime differenze. Possiamo parlare di un gruppo di dissidenti, non di oppositori.

Esiste un’altra opposizione nascente, formata da organizzazioni della società civile, non sottomessa alle istituzioni controllate dal regime. In futuro si potrebbe trasformare in un blocco di destra, all’interno del quale si propone il cambio di un sistema che ha affossato per secoli il Venezuela ed è stato la causa dell’avvento della tragedia attuale che stiamo vivendo. Abbiamo proposte radicalmente diverse e antagoniste rispetto al socialismo al potere e alla pseudo-opposizione.

Avete appoggi internazionali? Ci sono partiti americni o europei che si preoccupano della vostra situazione?
L’anno scorso abbiamo creato la Conferenza Liberale Ispanoamericana, che raggruppa partiti e movimenti vicini al liberalismo classico. Abbiamo anche partecipato alla riunione della Rete Liberale dell’America latina (Relial), che è una sezione latinoamericana dell’Internazionale liberale e che collabora con il nostro movimento offrendoci corsi di formazione strategico-politica. Inoltre abbiamo rapporti molto stretti con organizzazioni e personalità politiche liberali in America centrale (Toni Saca, presidente liberale in El Salvador o Eduardo Monte Alegre, il principale oppositore di Ortega in Nicaragua).

L’Istituto repubblicano (che fa parte del Partito repubblicano americano) non ci può aiutare direttametne perché non siamo un partito politico, però lo fa indirettamentre attraverso convegni e forum, ai quali partecipo spiegando la nostra impostazione ideologica affinché la gente capisca cosa significa essere di destra o di sinistra, essere liberaldemocratici o socialdemocratici o democristiani. Tutto ciò con l’obiettivo di fornire alla gente gli strumenti per evitare di essere ingannata o manipolata dai politicanti e dal populismo demagogico, decidendo in piena coscienza chi appoggiare.

Abbiamo anche l’appoggio dei partiti più importanti della destra cilena (Renovacion Nacional y la Union Democrata Independiente) e in Italia l’anno scorso abbiamo avuto contatti con deputati del parlamento italiano (Dario Rivolta di Forza Italia e Marco Zacchera di Alleanza nazionale) per organizzare la destra italiana in Venezuela in vista delle elezioni politiche del 2006. Voglio precisare, a proposito, che in Venezuela, e in molti paesi del centro America, il centrodestra italiano ha vinto le ultime elezioni del 2006, e se non consideriamo la lista degli argentini di Pallaro lo stesso vale anche per l’intero Sud America.

Cosa potrebbe fare la comunità internazionale per aiutare il Venezuale a tornare a essere un paese democratico?
A me sembra che la crociata che sta portando avanti l’ex premier spagnolo José Maria Aznar sia degna di tutti gli onori. Mi piacerebbe vedere Sarkozy o Berlusconi sulla stessa lunghezza d’onda, fustigando tutti i regimi dittatoriali del nostro continente. I governi italiani, di destra o di sinistra, devono volgere lo sguardo verso l’America Latina. In Italia i notiziari sono totalmente rivolti a Oriente: è più importante un italiano che muore in India piuttosto che trentadue italiani morti in Venezuela a causa della delinquenza e della criminalità. Hanno inviato contingenti militari in Afghanistan e in Iraq, invece di destinare lo stesso aiuto al Venezuela, poiché nel nostro paese sono stati assassinati più cittadini italiani che nelle due guerre.  In più, basta che sequestrino un cittadino italiano in Iraq o in Afghanistan e tutta l’opinione pubblica e i servizi di intelligence si mobilitano con risorse gigantesche per salvarlo; però qui in Venezuela la comunità italiana è presa di mira da sequestri per mano di ogni tipo di banditi, delinquenti e guerriglieri. Questa differenza di trattamento è ingiusta.

E poi, se un governo è autoritario, però di sinistra, non è tanto grave come quando un governo autoritario è militare e combatte la sinistra e i gruppi di guerriglia. Quando succede questo, tutte le ong si mobilitano, però se è un regime autoritario di sinistra non si muovono, né si interessano. Credo che molti giovani e leader politici stiano comprendendo questa situazione, questa doppia morale. La comunità internazionale deve essere onesta nei confronti dell’autoritarismo. I regimi totalitari più sanguinari e crudeli e che sono più difficili da scalzare dal potere sono di sinistra, e sono quelli che godono di maggior compiacenza e indifferenza. Questa situazione provoca molta rabbia e senso impotenza nei cittadini di tutto il mondo.

Il Venezuela è un importante produttore di petrolio. Crede che Chavez utilizzerà in futuro questa carta per condizionare Stati Uniti ed Europa?
Questo è un grande mito: innanzitutto perché il Venezuela ha diminuito fortemente la sua produzione a causa della mancata realizzazione degli investimenti necessari allo scopo. L’industria petrolifera è stata nazionalizzata e in questo modo si limitano moltissimo gli investimenti che permettano di produrre di più e meglio (come avverrebbe, invece, in un sistema liberale). Produrre di più e meglio con un sistema competitivo è l’unico modo per garantire la diminuzione dei prezzi e la crescita della qualità. Dall’altra parte, gli Stati Uniti non cambieranno di certo se il Venezuela smetterà di vendergli il petrolio perché è da lì che provengono i fondi per la Rivoluzione chavista e l’esportazione della stessa negli altri paesi del continente. A parte il caso americano, il petrolio venezuelano viene spesso “regalato”. Posso dire, ad esempio, che il governo italiano, come molti governi europei e latinoamericani, sta approfittando del “festino” petrolifero di Chavez anche a causa di una certa amicizia ideologica.

Se l’Italia ottiene il petrolio a un prezzo più economico di quello di mercato e il prezzo della benzina aumenta nel vostro paese, chi ci guadagna è lo Stato italiano perché la differenza va ad alimentare l’inefficiente burocrazia italiana, incrementando la corruzione e le spese inutili, che pagano gli italiani con le tasse. Molti paesi, per esempio la Spagna, tollerano le impertinenze di Chavez solo perché gli sta regalando il petrolio. Alla fine, gli Stati Uniti non dipenderanno più da un’unica fonte di energia e il petrolio già non è più una variabile così fondamentale rispetto a quanto lo era trenta o quarant’anni fa.

Chavez, Castro, Morales. I tre leader latinoamericani potrebbero rappresentare un problema per la stabilità della regione?
L’unico che ha sempre rappresentato una minaccia e un problema ed è stato un elemento di destabilizzazione è stato Fidel Castro. Il suo regime cubano, esportando una supposta rivoluzione, è stato la causa di milioni di morti e di una grande quantità di guerre civili, non solo nel nostro Continente ma anche in Africa e in Medio Oriente. Ad esempio in Cile con Salvador Allende, in Perù con Sendero Luminoso, in Colombia con la guerriglia delle Farc, il narcotraffico, l’industria dei sequestri e la criminalità che finanzia la penetrazione comunista e riempie di piaghe sociali la regione. Tutte strategie prefissate nel Forum di San Paolo, in Brasile.

Il regime venezuelano ha stabilito rapporti pericolosi con terroristi (gruppi nazionalisti e socialisti islamici) e narcotrafficanti (Farc colombiane), per cui credo che queste possano essere le ragioni per le quali a un certo punto gli Stati Uniti potrebbero intervenire, non certo per il petrolio. I temi del terrorismo, delle armi nucleari (basti pensare all’Iran) e del narcotraffico sono estremamente sensibili per l’Occidente. Sono quasi sicuro che il prossimo presidente americano sarà un Repubblicano e la politica continuerà ad essere uguale o addirittura più dura di quella che abbiamo visto fino ad oggi.

Il caso cubano è il modello, è l’unico che è riuscito a mantenersi al potere per quasi cinquant’anni. E curiosamente, nonostante tutto, è la dittatura maggiormente tollerata dalla comunità internazionale. Questo vuol dire che solo i socialisti possono instaurare dittature, solo a loro è permessa una cosa del genere. Tutto questo ci fa capire anche che Chavez non si è inventato niente di nuovo. Anzi, non è nemmeno un vero leader ma solo una piccola parte di questo asse che vuole costruire in America Latina l’Ursl (Unione delle Repubbliche Socialiste Latinoamericane), una specie di Urss. E’ un’impresa difficile, ma non impossibile. E i signori che guidano la dittatura cubana ci stanno provando.

L’opposizione a Cuba è sempre stata anticastrista, mai antisocialista. E il risultato sono cinquant’anni di potere. In Venezuela stiamo cadendo nello stesso sbaglio: l’opposizione è antichavista però socialista. Noi della destra liberale stiamo spiegando in tutto il paese che dobbiamo evitare di cadere in questo equivoco. Ma se in Sud America le cose vanno in questo modo, in America centrale la situazione è diversa. Ci sono governi liberali, come quello di Toni Saca in El Salvador, e forti raggruppamenti liberali in Honduras, Nicaragua, Costa Rica e Guatemala.


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