Quel pasticciaccio brutto della class action all'italiana
di Enrico Gagliardi
[26 nov 07]

Questo governo è in grado di fare miracoli e non solo perché riesce a vivacchiare con una maggioranza risicatissima (la recente approvazione della finanziaria ne è l’ennesima prova) ma anche e soprattutto perché questa volta è riuscito a mettere d’accordo associazioni dei consumatori e industriali. Oggetto? Le fortissime critiche mosse ad una nuova norma che inserisce nel nostro ordinamento la “class action” e cioè la famosa azione collettiva risarcitoria presente già in tanti Stati, l’America su tutti. Il provvedimento, infatti, ha scatenato un vivace dibattito che ha visto concordi Confindustria, nella persona di Montezemolo, e Codacons, nel definirlo una sonora schifezza. Tralasciando per un momento il modo rocambolesco con il quale un atto del genere è entrato nel nostro sistema giuridico (grazie al voto sbagliato di un senatore di Forza Italia) risulta davvero difficile dare torto a chi oggi attacca con veemenza la class action all’italiana. Siamo infatti davanti ad una norma scritta male, elaborata peggio e che contribuirà oltremodo ad ingarbugliare il sistema processuale italiano già sufficientemente necrotizzato.

Gli ordinamenti dove esiste già la possibilità di intentare azioni risarcitorie collettive sono preparati ad ipotesi di questo tipo da anni; in Italia invece si è voluto calare dall’alto, in maniera quasi giacobina, una norma che inevitabilmente cozza con tutto il resto del sistema. In altri termini, si è innestato un procedimento estraneo al nostro ordinamento giuridico e, qualora questo non bastasse, anche dal punto di vista sostanziale la norma è piena di falle, di lacune che non risolveranno nessun problema sul tappeto. Ad esempio si prevede che le cause possano essere intentate solo dalle associazioni dei consumatori che siano riconosciute con decreto del ministero della Giustizia di concerto con quello dello Sviluppo Economico. Già solo questo dato palesa in modo evidente l’approssimazione della norma poiché di fatto crea un vulnus sostanziale in termini di accessibilità giuridica alla stessa.

A dirla tutta, il governo Prodi si è comportato come chi, mentre la casa crolla a pezzi, si preoccupa del colore della carta da parati. In altri termini con una situazione grave come quella della nostra giustizia, soprattutto civile, il legislatore invece di pensare a risolvere i già tanti problemi presenti ha pensato bene di aggiungerne altri, emanando un provvedimento che in larga parte resterà praticamente lettera morta. Chiunque conosca i tempi dei tribunali italiani sa benissimo che da lì bisogna partire invece di scimmiottare altri paesi ben più moderni e sviluppati di noi dal punto di vista dell’amministrazione della giustizia. La class action in America funziona (e tra le altre cose anche in quel sistema è soggetta a fortissime polemiche in ordine alla sua reale efficacia e utilità) perché è innestata in un contesto preparato ad accoglierla, a cominciare dai giudici e passando per gli avvocati “educati” a procedure di questo tipo. Certe cose non si possono improvvisare, necessitano di tempo e ordine metodologico. Nel nostro paese qualcuno, come cantava Carosone, “vuò fa l’americano”. Il risultato è un’imitazione anche piuttosto goffa di un sistema che con il nostro per storia, tradizione e cultura non ha veramente nulla in comune.

 


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