Sicurezza, un pacchetto che non risolve i problemi
di Enrico Gagliardi
[16 nov 07]

Improvvisamente in Italia si è scoperto che esiste un problema “sicurezza”, quasi prima si vivesse tranquilli, sereni, beati e alcuni reati violenti non ci fossero già. La verità, come qualunque persona di buon senso può comprendere, è invece ben altra: da anni esiste in Italia un “problema giustizia” al quale chi governa non riesce a porre rimedio. La moderna analisi economica del diritto penale (elaborata, tra i primi, da Cesare Beccarla, autore troppo spesso colpevolmente trascurato dalla dottrina attuale) tenta di fornire alcune soluzioni a questo genere di problema: per esempio ci dice in maniera molto acuta che l’efficienza di una norma penale e dunque la sua effettività dipende non tanto dalla sua entità in astratto quanto invece dalla sua applicabilità in concreto. In altri termini, ai fini della deterrenza è più utile una pena immediata, da scontarsi subito piuttosto che l’ipotesi futura di una condanna che può arrivare dopo tanti anni quando ormai non svolge più il ruolo tipico e principale della sanzione penale.

Uno studioso americano Gary Becker, premio Nobel per l'economia nel 1992, una volta ha elaborato un concetto molto brillante sulla propensione a delinquere: “l'utilità attesa di un reato è inversamente proporzionale rispetto all'entità della sanzione e alla probabilità della condanna”. Su un’affermazione del genere vi sarebbe molto da discutere: per esempio non sempre l’individuo criminale agisce secondo comportamenti razionali; il più delle volte chi delinque è un soggetto emarginato, escluso dalla società, il quale non agisce secondo una logica (basti pensare ai tossicodipendenti o agli immigrati clandestini ma gli esempi in proposito potrebbero essere tanti). L’unico “prototipo” di criminale razionale forse può essere il famoso colletto bianco: i cosiddetti “white collar crimes”, infatti, si caratterizzano tutti per un atteggiamento razionale da parte dell’agente; gli scandali finanziari degli ultimi anni dimostrano proprio questo. Esiste una serie di azioni tipizzate, anche dal punto di vista psicologico, che connota chi commette reati finanziari. Ecco allora che in questo caso la definizione di Becker appare consona. Il problema però è un altro: giusta o sbagliata quella dello studioso americano è una teoria che tenta di razionalizzare un fenomeno dai difficili risvolti sociologici; condivisibile o meno è una spiegazione.

L’attuale governo invece non propone nulla, eccezion fatta per idee confuse e totalmente sballate. Anche il famoso pacchetto sicurezza, prima solo nella forma del disegno di legge e subito dopo, a seguito della tragica morte di Giovanna Reggiani, trasformato in decreto legge, non solo non risolve il problema ma anzi, se possibile, lo complica ulteriormente. La maggioranza è andata stratificando ed aggiungendo una serie di norme a materie già ampiamente regolate, che non necessitavano di un ulteriori interventi. Che senso ha aggiungere altre leggi se quelle precedenti non vengono rispettate?

Il primo sintomo di uno Stato in difficoltà è l’emanazione di legislazioni emergenziali: per tamponare crisi, per placare l’ira della popolazione ma soprattutto per tappare le falle create si interviene a colpi di accetta in ambiti che invece meriterebbero ben altra attenzione ed opera. Inutile girarci intorno: questo governo ha dimostrato di non saper affrontare con responsabilità un problema dannatamente serio come quello legato alla sicurezza. Ciò che manca nel nostro paese è la certezza della pena: le norme ci sono ed anzi sono fin troppe; aggiungerne altre porterà solo confusione. La vicenda della giustizia in realtà è “solo” la metafora di un governo che su tante, troppe cose ha le idee confuse, il termometro di una situazione tragicamente evidente nella sua gravità.

 


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