Putin in versione premier per completare la transizione
di Stefano Grazioli
[02 ott 07]
Il dubbio è stato
sciolto. Putin ha deciso cosa farà da grande: il politico. Non andrà a fare
il manager a Gazprom, né in pensione dorata su qualche isola caraibica, non
fonderà un inutile think tank, né andrà in giro per il mondo a tener ben
pagate conferenze. Farà quasi sicuramente il primo ministro, governando in
tandem la Russia con il nuovo presidente che sarà eletto nel marzo 2008.
Vladimir Vladimirovic ha detto per la prima volta a chiare lettere che il
suo futuro prossimo sarà ancora legato al destino della Russia e la
candidatura alla Duma è il chiaro segnale che Russia Unita è ora davvero il
“suo” partito: non più quella creatura ibrida creata ad hoc in Parlamento
con la fusione delle formazioni di Luzkov e Primakov a sostegno del capo
dello Stato, ma il vero “partito del presidente”.
Putin non abbandona l’arena e se di fatto lascerà il Cremlino, facendo
entrare al suo posto qualcuno di ben fidato, in realtà sarà lui a dettare
l’agenda politica ed economica del paese. Benché la costituzione russa
conferisca maggiori poteri al presidente rispetto al premier, si può stare
certi che con Putin al governo, a Mosca nei prossimi anni si sentirà parlare
più del premier che non del capo dello Stato. Che non sarà una marionetta,
ma assumerà semplicemente un ruolo più defilato, lasciando largo spazio
all’esecutivo. Una democrazia meno presidenziale e più parlamentare, se
vogliamo. Alla russa, s’intende.
Con questa mossa Putin ha dato un segnale forte al paese, che non aspettava
altro – stabilità, continuità nelle riforme e un uomo forte alla guida – e
si prende la responsabilità di traghettare la Russia verso un futuro che a
molti, soprattutto in Occidente, appare ancora incerto e per certi versi
inquietante. La realtà è che il presidente, che in questi anni ha mediato in
continuazione tra le varie anime della sua squadra, quella più conservatrice
e quella più progressista o liberale che dir si voglia, ha deciso di non
lasciare ad altri il compito di portare avanti ciò che lui aveva iniziato.
La Russia di Putin è in fieri, il progetto è appena all’inizio, manca ancora
molto per completarlo. Si tratta non solo di riportare Mosca ad essere uno
dei fari sulla scacchiera multipolare, ma soprattutto di modernizzare la
nazione e la società. Per questo, molto più della concorrenza tra i nuovi
silogarchi (un po’ siloviki e un po’ oligarchi) che gravitano dentro e
fuori il Cremlino gestendo politica ed economia, è necessaria la
collaborazione di tutti i gruppi. E questa è possibile solamente con Putin.
Nulla cambierà dunque per la Russia nella strategia interna e in quella
internazionale. Si può storcere il naso di fronte a un passaggio di potere
che di democratico ha forse poco. Eppure, osservano i maligni da Mosca,
negli Stati Uniti, la culla della democrazia, alla Casa Bianca hanno
soggiornato negli ultimi vent’anni padri e figli. E dopo il turno dei mariti
arriverà forse quello delle mogli. Le ragazze di Putin sono troppo giovani.
È ancora il papà che deve tirare il carro.
(c)
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