Odessa, la rivoluzione non abita più qui
di Pierluigi Mennitti
[24 set 07]

Odessa (Ucraina) - Eccola l'Ucraina che sa di Russia. Russi i palazzi voluti da Caterina che decise di fare di questo porto sul Mar Nero la versione mediterranea di San Pietroburgo. Russi i sapori dei cibi che si mangiano nei ristoranti. Russa la lingua che parlano gli abitanti. Russi i nuovi ricchi che riempiono alberghi e caffé. Russa, infine, quell'atmosfera di capitalismo invadente e trionfante che si traduce nelle shopping mall infinite e in quella sfrenata corsa al consumo che sembra il nuovo oppio del popolo ucraino. Ma vista da questa particolare angolazione, Odessa riecheggia Mosca e la sua frenetica e caotica corsa verso la modernità. La politica è un'altra cosa. Qui il voto si mescola, non siamo ancora nel compatto e granitico Est che gonfia le messe elettorali di Yanukovic e del suo Partito delle regioni.

Questo è un porto antico e moderno, una città a vocazione marittima e commerciale abituata a vedere stranieri sbarcare dalle navi e aggirarsi per le vie cittadine. All'orizzonte non ci sono i casermoni dell'architettura da socialismo reale e neppure le fabbriche e i kombinat di sovietica memoria. Di fronte c'è la Turchia operosa, il Caucaso turbolento ma zuppo di fonti energetiche, Costanza e Varna, ovvero le porte più dinamiche dei nuovi paesi entrati nell'Unione Europea. A Odessa, giusto per completare il cerchio, vive laboriosa e instancabile, la più vasta comunità ebraica dell'intera Ucraina. Gente di mondo, quella di Odessa. Gente pratica. Le rivoluzioni, d'ottobre o arancioni, hanno sempre lasciato un po' indifferenti. Il denaro è quello che conta e qui il denaro arriva un po' da ogni luogo, anche da Mosca. La Russia non fa paura e i russi investono. Investono anche gli ucraini, soprattutto nel riammodernamento delle infrastrutture e dell'urbanistica. Il ronzio continuo di gru e scavatrici è di fatto la colonna sonora di questi mesi. Torna all'antico splendore il palazzo dell'Opera, costruito da architetti austriaci, riprendono stucchi e colore i palazzi che Caterina affidò al genio dei maestri italiani, piazze e strade ritrovano le antiche pavimentazioni. I marinai che percorrono in lungo e in largo i boulevard cittadini girano con il naso all'insù ammaliati dal ritrovato splendore.

La politica è affidata alle bandiere che giovani assoldati alla bisogna sventolano per le strade come a marcare il territorio. Rispetto all'Ucraina occidentale sono più numerosi i blu di Yanukovic che si fronteggiano, per ora pacificamente, con gli arancioni di Yuscenko. Qua e là si intravvedono i bianchi della Timoscenko che ha però le sue roccaforti nell'Ucraina centrale, tra Kiev e Dniepropetrovsk. Ci sono anche i gazebo ma nessuno si avvicina anche se si avvicina pure la data del voto. Non è qui che la campagna elettorale vive i suoi momenti più caldi, anche se il voto di queste regioni meridionali e quello di Odessa in particolare saranno importanti e forse decisivi. Si dice che Odessa segue gli affari e che i voti andranno a chi riuscirà a prometterne di più lucrosi. E non si capisce la differenza con il resto del paese. La politica ucraina sembra una guerra per bande nella quale diventa difficile giudicare quale sia la più corrotta. Per fortuna ci pensa la società a mostrate il suo lato migliore. La corazzata Potemkin era un film di Eisenstein che celebrava la rivoluzione sovietica. La scalinata su cui venne girata la scena principale del film attira ancora oggi centinaia di turisti al giorno. Oggi, a due passi da quella scalinata Potemkin è l'insegna di una boutique di lusso con le mise di Armani, Corneliani, Versace e il meglio della moda italiana. E' lo spirito dei tempi: l’Ucraina va avanti nel segno delle contraddizioni.

 


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