Zhejiang, da paradiso naturale a paradiso dello shopping
reportage di Elisa Borghi
[15 giu 07]


“Il paradiso in cielo, lo Zhejiang sulla terra”. Se il regno dei cieli esiste, raccontano gli antichi cinesi, deve essere molto simile allo Zhejiang, una terra di ineguagliabile bellezza, un giardino lussureggiante ricco di fiumi e selvaggina. E in effetti il viaggiatore che arriva in questa provincia cinese d’Oriente nutrendo “celestiali” aspettative non rimane deluso. Le montagne fitte di vegetazione e i laghi naturali, come il West Lake nei pressi della capitale Hang Zhou, immersi nella foschia che accompagna l’umido clima subtropicale, disegnano paesaggi dal grande potere evocativo. Ma la bellezza della natura, peraltro oramai compromessa dal pesante inquinamento figlio della crescita industriale, non è tra i motivi che spingono ogni anno milioni di stranieri a visitare lo Zhejiang. A portare quaggiù un numero crescente di persone è solo ed esclusivamente il potenziale economico di questa provincia, che è la più piccola ma anche la più ricca della Cina e vanta una crescita del Pil del 13 all’anno. Con i suoi 50 milioni di abitanti, gli studi cinematografici più grandi dell’Asia, le scuole d’eccellenza e le campagne fertili, lo Zhejiang è la punta di diamante del miracolo economico cinese. Un miracolo che viene realizzato in primo luogo dalle industrie, in gran parte private, che qui producono, letteralmente, di tutto. “Dall’ago all’elefante”, lo slogan dei magazzini londinesi Harrods, meglio si addice a quest’angolo di mondo, che un paradiso in fondo lo è rimasto, ma fiscale, e riservato a chi gestisce attività di import-export.

Agli operai indaffarati alle catene di montaggio per dodici ore al giorno, sette giorni su sette alla settimana, per uno stipendio mensile che si aggira intorno ai 120 euro, più che l'Eden lo Zhejiang deve sembrare un campo di concentramento. Un luogo di fatica e, nei fatti, di reclusione, visto che i contadini che si trasferiscono in città per lavorare (e sono molti) a causa dei costi proibitivi degli affitti sono costretti a vivere nelle camerate comuni situate all’interno degli stabilimenti. Una scelta obbligata che comporta, tra l’altro, la rinuncia a qualsiasi tipo di vita privata. Ma l'abbondanza di manodopera a basso costo è solo uno dei fattori che spingono gli investitori nello Zhejiang. La provincia fa grossi sforzi per attrarre capitali dall’estero e concede mille agevolazioni a chi sceglie di impiantare qui la propria impresa. Le tasse sono basse, per un’attività di esportazione, ad esempio, la tassazione sul profitto è circa dell'11 per cento l’anno, le infrastrutture sono moderne ed efficienti, e i ritmi serrati di lavoro permettono di evadere gli ordini con una velocità impensabile in Europa. La provincia dispone anche di una città-vetrina, Yiwu, dove grandi magazzini espongono la produzione locale. Passeggiando per un corridoio qualsiasi di questo “shopping paradise” capita di vedere sfilare uno dopo l'altro negozi di finto corallo, ricostruzioni della Venere di Milo, babbi natale grandi quanto un uomo che suonano “Jingle Bells” al saxofono dimenandosi (a Yiwu viene prodotto l’80 per cento delle decorazioni natalizie del mondo), finti diamanti, bigiotteria, Buddha e Confucio di varie misure e in tutti i colori, ancora bigiotteria, vestiti e accessori, finte statuette africane, giocattoli.

Una quantità di oggetti di pura plastica dura che verrebbe da definire ciarpame se il giro d’affari che genera non contribuisse a trainare l’economia della Cina e quindi dell’intero pianeta. Oggetti che hanno, se non altro, il pregio di soddisfare “on demand” qualunque requisito, dalla certificazione di sicurezza Ce, necessaria per la vendita in Europa, al prezzo competitivo per i mercati dell’Africa. .Ma la produzione della provincia non si esaurisce qui. Dello Zhejiang vanno ricordati anche gli stabilimenti chimici, che scatenano le ire dei contadini e delle organizzazioni ambientalistiche come “Green Watch” che lamentano la contaminazione dei fiumi e dei terreni, e l'industria pesante. Vicino ad Hang Zhou si trova la sede del “Wangxiang Group”, una multinazionale cinese che produce parti d'auto e vanta tra i propri clienti Audi, General Motors e Ford. Un'industria modello che il presidente, Lu Guanqiu, ha fatto sorgere dal nulla. La storia di Lu, un povero contadino che cerca di migliorare la propria posizione sociale prima aprendo un negozio di biciclette, poi mettendo in piedi un'officina per riparare i macchinari agricoli, e così via fino a diventare uno degli uomini più ricchi della Cina, non ha niente da invidiare all'“American dream”. Ed è proprio con Lu che la prossima settimana parleremo del sogno americano “made in China”. 

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