Ritratto di un gigante a due facce
di Elisa Borghi
[08 giu 07]


La Cina corre a due velocità. Se una verità può essere raccontata senza paura di smentita sull’Impero di mezzo è proprio questa, la sua doppiezza, l’abisso che separa le grandi province orientali e le città costiere che trainano l’economia mondiale, dalle campagne aspre e sottosviluppate e dalle zone montuose e remote ai confini con l’Asia centrale. Due realtà parallele, che non si incontrano quasi mai in un paese che inibisce la migrazione interna e autorizza l’esodo rurale solo quando serve ad iniettare forza lavoro nelle industrie. Una nazione complessa, di cui l’Occidente percepisce solo la piccola parte che brilla sotto i riflettori della globalizzazione e che persino i cinesi ignorano nella totalità a causa della severa censura dell’informazione ancora praticata dal governo. L'ossessione per il controllo dei media è tale che il comitato centrale oggi non si accontenta di orientare la stampa nazionale ma cerca di influenzare anche quella estera. L'obbiettivo è quello di accreditare l'immagine di una Cina prospera e pacifica, ideale per ospitare gli investimenti stranieri.

Proprio per dipingere questo quadro, alla fine di maggio del 2007, l’Ufficio informazione dello Zhejiang, una ricca provincia a sud di Shanghai dove la vita scorre ovattata da un discreto e diffuso benessere, ha organizzato un imponente evento mediatico. Una settantina di giornalisti e fotografi europei ed africani sono stati ospitati a spese dei contribuenti locali in cambio della promessa di scrivere, una volta tornati in patria, almeno un articolo su quanto è stato loro mostrato. Che è anche quanto di meglio la Cina ha da esibire. Per tragica fatalità questo viaggio nello Zhejiang ha coinciso con l’avvio di una campagna governativa per la sterilizzazione forzata delle donne nelle aree rurali. Un fatto che ha sconvolto il mondo e lo ha colto di sorpresa in un momento in cui nessuno pensava che le autorità cinesi avessero intenzione di far rispettare con la violenza una politica come quella del figlio unico, che sembrava avviarsi a conclusione. Da mesi chi poteva permetterselo metteva in conto la multa per la nascita del secondogenito, pagava e aggirava il divieto. L’ampliarsi del fenomeno ha fatto scattare la repressione.

L’eco di questo orrore arriva dall'Europa mentre i giornalisti visitano i principali stabilimenti industriali dello Zhejiang. L’unico modo per conoscere quello che accade in Cina, quando si è in Cina, è avere degli informatori esterni. Il muro di gomma e propaganda costruito ad arte dal governo è difficile da scalfire. E quando lo si sperimenta si arriva persino a comprendere come abbia fatto Beppe Severnigni, inviato a Pechino nel 1989, a scrivere una serie di reportage sulle biciclette mentre a piazza Tienanmen entravano i carri armati. In questo paese dal doppio volto nessuna parte è rappresentativa del tutto ma ognuna ha una sua valenza, esiste e va considerata in quanto tale. La Cina rurale e arretrata, che troppo spesso diventa teatro della violazione dei diritti dell’uomo, coesiste in modo surreale con l’altra parte del paese, quella più ricca e industrializzata che traina l’economia mondiale. E quando si descrive il boom del paese bisogna ricordarlo. Quando si immagina la superpotenza che soppianterà gli Stati Uniti è bene sapere che è di province come lo Zhejiang che si parla. Non certo dello Yunnan, della Mongolia Interna o dello Shaanxi. Ma lo Zhejiang è un fazzoletto di terra che conta appena 50 milioni di abitanti. Una goccia nel mare di una popolazione di un miliardo e trecentomila cinesi. 

(c) Ideazione.com (2006)
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