Alitalia, una dama con un unico pretendente
di Giuseppe Pennisi
[05 giu 07]


Il giorno in cui venivano annunciati i risultati elettorali, il gruppo americano Atg (affiancato da Mediobanca) ha lasciato la gara Alitalia prima ancora di acquisire le informazioni finanziarie di dettaglio (le più importanti riguardano la redditività per le singole tratte). Atg ha sbattuto la porta proprio quando il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, ha detto a tutto tondo che, anche dopo la gara, lo Stato intenderà mantenere un certo controllo sulla gestione della compagnia. È probabile – lo anticipa il Financial Times del 31 maggio – che anche l’altra cordata (delle tre in gara all’inizio del mese), la Aeroflot Unicredit, se ne andrà. Di conseguenza, l’Alitalia avrà un solo cliente potenziale: l’AirOne guidata da Carlo Toto, grande amico di Romano Prodi, con il supporto finanziario di Intesa Sanpaolo (al cui battesimo Prodi ha fatto da padrino). Il Presidente dell’Alitalia, Bernardino Limonati, non si dice preoccupato: “in ogni gara alla fine ne resta uno solo”.

Tuttavia, è ormai chiaro che non si tratta di un’asta come ripete il presidente del Consiglio dall’autunno. Non siamo neanche alle prese con un beauty contest come risulta anche dall’analisi del Quinto rapporto sulle liberalizzazioni in Italia del comitato scientifico di Società Libera (documento diramato il 30 maggio). Sotto il manto di una presunta privatizzazione si cela una nuova ricapitalizzazione. Tale ricapitalizzazione (in caso venga approvata dalle autorità europee) minaccia di essere costosa per i contribuenti perché, da un lato, in essa si annida il tentativo di ampliare il “partito azienda” di impronta prodiana e, dall’altro, pone sull’erario le probabili perdite dell’azienda in un arco non precisato del futuro prossimo. Lo ha ben compreso il gruppo Atg che ha lasciato la gara Alitalia prima ancora di acquisire tutte le informazioni finanziarie di dettaglio. In primo luogo, infischiandosi dei richiami della Consob (che ha sollevato il problema della natura dell’operazione), il ministro Bianchi ha detto forte e chiaro che il diritto suo e degli altri ministri competenti a dire l’ultima parola: non solo non si parla più di una cessione immediata tale da imporre, in breve tempo, un’Opa ma secondo Bianchi lo Stato deve vendere meno del 40 per cento del pacchetto azionario.

Pochi giorni prima, il Consiglio d’amministrazione di Alitalia aveva definito le premesse per la ricapitalizzazione: approvazione di un consuntivo 2006 con una perdita netta di 626 milioni di euro (2 milioni di euro al giorno), svalutazione della flotta. In parallelo, il cambiamento in corso d’opera delle regole del gioco (con l’arrivo di un advisor per fare il prezzo delle azioni e la possibile apertura a rimaneggiamenti delle cordate) e la loquacità dei politici mentre la gara è in corso (le offerte devono essere presentate il 2 luglio tra le 13 e le 17), comportano il rischio di fare invalidare il beauty. Se se ne va anche Aeroflot-Unicredit, il 2 luglio ci sarà una sola offerta dettaglia vera. A questo punto che possono fare gli italiani che continuerebbero a pagare salato il costo dell’accanimento terapeutico per tenere in vita Alitalia? Chiedere di volare gratis. Con due milioni di euro al giorno, il biglietto lo pagano già.

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