Polito: perché serve il Partito democratico
di Barbara Mennitti
[01 giu 07]


L’Italia che cambia ha bisogno di una sinistra nuova, moderna e europea. E, soprattutto, di una sinistra che non debba essere necessariamente condannata alle alleanze tradizionali con la sua ala massimalista, ma che possa, se lo ritiene opportuno, anche allearsi con un partito altrettanto moderato del centrodestra, senza che si gridi allo scandalo e all’inciucio. Questa, in estrema sintesi, la tesi proposta da Antonio Polito durante la presentazione del suo ultimo libro, “Oltre il socialismo” (edito da Marsilio e Formiche), organizzata nella sede dei Circoli del buon governo di Marcello Dell’Utri e introdotta da Stefano Caliciuri, responsabile del settimanale “il Circolo”. Sicuramente l’ex direttore del Riformista e neo senatore della Margherita non ha fra i suoi difetti quello della reticenza, perché, approfittando di una platea più che compiacente, non ha esitato a dichiarare obsoleti due dei tre grandi ideali usciti dalla rivoluzione francese: l’egualitarismo e la fratellanza.

L’egualitarismo, ha argomentato Polito, non può costituire la base per una politica di governo, perché raggiunge un punto limite oltre il quale degenera, creando disuguaglianza. L’Italia di oggi è piena di esempi, dai blocchi salariali nel pubblico impiego, alle università che danno tutte un titolo di studi con lo stesso valore, pur non essendo tutte ugualmente impegnative e prestigiose. Tutti elementi che ostacolano il dinamismo della nostra società, frustrando il talento e gli sforzi, non premiando il merito e, di fatto, livellando la società verso il basso. Gli uomini, ha continuato Polito, non nascono di certo tutti uguali. Nascono semmai con il diritto di perseguire il proprio talento in condizioni di parità e quindi il tema dell’uguaglianza si va a giocare in gran parte sul piano dell’istruzione, un piano dove contano, semmai, le disuguaglianze di reddito più che quelle di nascita. Ma nella gara della vita, secondo il senatore, ci sarà sempre chi arriverà primo, chi secondo e chi terzo. E per fortuna, aggiunge, perché la voglia di arrivare, di migliorarsi degli individui è l’elemento fondante del dinamismo di una società, che è dinamica, solo se è formata da individui dinamici. Una cosa che risultava quasi banale alla platea dei Circoli, ma che fa tutt’un altro effetto se si pensa che a pronunciarla è qualcuno che proviene da un ambiente in cui “individualismo” è ancora una parolaccia. E infatti Polito sorride e aggiunge: “Certo, questo è un punto che mi porta un po’ al di fuori della tradizione della sinistra”.

Rimane, dunque, l’ideale della libertà che, come sottolineato da Caliciuri nella sua introduzione, è la parola più ricorrente nel libro di Polito. Ed è intorno a questo ideale che bisogna costruire la nuova identità del centrosinistra, ricalcando un’operazione che molte sinistre europee hanno già compiuto, come il New Labour in Gran Bretagna o i socialdemocratici in Germania. E come, in parte, è stato già fatto dal centrodestra nel ’94 anche se, ha aggiunto Polito, oggi forse c’è bisogno di un ulteriore scarto, traendo ispirazione ancora una volta dai nuovi leader europei: da Nicolas Sarkozy che in Francia si distacca fortemente dalla tradizione gollista, o David Cameron che sta rinnovando radicalmente immagine e contenuti dei conservatori britannici. I partiti nuovi, secondo Polito, nascono quando cambiano le fasi storico-politiche delle società ed è per questo che ora ha senso la nascita del Partito democratico, per avere finalmente due grandi raggruppamenti che si fondino sul principio della libertà. E a questo punto il senatore Dell’Utri, presente in sala, non ha resistito alla tentazione di prendere il microfono e prospettare un futuro in cui si possa verificare un’alleanza fra il Partito democratico e Forza Italia. Provocazione raccolta di buon grado da Polito, ben conscio però di quanto sarebbe difficile fare accettare un passo del genere alle rispettive basi. Ma, ha chiosato Antonio Polito, “in politica bisogna avere il coraggio di rischiare” perché è chi rischia e riesce a interpretare le società che cambiano che vince le elezioni. E allora coraggio. 

 

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