Eurss, un progetto ancora in piedi
colloquio con Vladimir Bukovskij di Stefano Magni
[18 mag 07]


Il sospetto che l’Unione Europea non sia veramente europea viene a galla sempre più spesso. “Eurabia” è un termine ormai famoso, inventato dalla giornalista Bat Ye’Or e lanciato in Italia da Oriana Fallaci, per indicare la progressiva islamizzazione della politica e della società europea. Adesso arriva anche Eurrs, acronimo che sta per Unione Europea delle repubbliche socialiste sovietiche. Ma non è uno scherzo, né una provocazione fine a se stessa: è un fatto storico. Ce lo spiega un libro documentatissimo scritto dall’ex dissidente sovietico Vladimir Bukovskij e dal giovane ricercatore russo Pavel Stroilov, edito da Spirali questo mese: l’Unione Europea è un progetto avviato nel 1987 in linea con gli interessi sovietici. Il 26 febbraio 1987 il Comitato centrale del Pcus decise la sua politica europea per gli anni a venire. L’Urss era già in crisi da due anni per il ribasso dei prezzi petroliferi e non reggeva la corsa agli armamenti rilanciata da Reagan. Gorbaciov aveva bisogno della tecnologia e degli aiuti occidentali per far sopravvivere l’Unione Sovietica.

Fu in questo contesto che il Cremlino mise da parte la sua ostilità al processo di integrazione europea e concepì il progetto di Casa comune europea: istituzioni comuni per le “due Europe” e un unico sistema misto socialista-democratico dall’Atlantico agli Urali. Il piano poteva avere successo solo formando un fronte comune con i socialisti democratici europei. L’intento del progetto, ovviamente, era quello di conquistare l’egemonia ideologica sovietica sull’Europa ed espellere del tutto l’influenza americana. “Non penso sia compito nostro aggiungere qualcosa all’esperienza socialdemocratica – ricordava Gorbaciov ad Alessandro Natta, allora segretario del Pci – Dovremmo cercare punti di contatto, è anche possibile arrivare a temporanee alleanze. Ma sono i comunisti la vera alternativa ai partiti borghesi”. I socialisti democratici di tutta l’Europa occidentale, soprattutto Mitterrand e i socialdemocratici tedeschi, aderirono con entusiasmo al progetto sovietico per la Casa comune europea. Ma non solo i socialisti furono attratti dal “nuovo” corso del Cremlino: anche i centristi Kissinger, Valéry Giscard d’Estaing, Yasuhiro Nakasone e David Rockefeller appoggiarono il progetto di Gorbaciov, tanto da proporre un allargamento del futuro sistema comune al Giappone e in qualche misura anche agli Stati Uniti in modo da costituire un unico blocco politico per l’emisfero settentrionale.

Da qui si spiega il disappunto o lo scetticismo mostrato dalle classi politiche occidentali di fronte alle rivoluzioni pacifiche dell’Est europeo. I popoli dell’Est “rovinarono” tutti i piani di avvicinamento tra i due blocchi concepiti alla fine degli anni Ottanta. In piena disgregazione del blocco orientale, Mitterrand scriveva a Gorbaciov che “ragionando freddamente, è interesse della Francia che nell’Europa dell’Est esista una forza centrale. Se ci sarà un crollo, se torneremo alla situazione che esisteva da voi prima di Pietro il Grande, sarebbe una catastrofe storica”. I documenti pubblicati in Eurrs sono solo la punta di un iceberg. Bukovskij e Stroilov sono riusciti a recuperare centomila pagine di memorandum, rapporti, trascrizioni di conversazioni, ordini e resoconti di riunioni, tutti segretissimi e provenienti dalla Fondazione Gorbaciov di Mosca. Stroilov ha messo in gioco la carriera (e anche la sua libertà) per procurarseli: riuscendo ad entrare nel database della Fondazione e spedendoli a gruppi all’amico Vladimir a Cambridge. Adesso Pavel Stroilov, che ha rischiato di essere scoperto e incriminato, vive in Inghilterra e ha definitivamente cambiato patria: dopo due anni è riuscito ad ottenere l’asilo politico che inizialmente gli era stato negato. Abbiamo incontrato Bukovskij e Stroilov a Milano, in occasione della presentazione del loro rocambolesco lavoro. E abbiamo iniziato col chiedere a Bukovskij cosa ne pensa del nuovo corso dell’Europa. Visto che due vecchi leader europeisti come Schröder e Chirac sono ormai in pensione e due nuovi leader, quali Sarkozy e Brown sono più scettici nei confronti del progetto.

La Casa comune europea di sovietica memoria è definitivamente fallita? “Il progetto è fallito – ci risponde Bukovskij – ma siccome stiamo parlando di un governo non responsabile di fronte all’elettorato, la costruzione della Casa comune sta continuando imperterrita. È un progetto che è stato bocciato dall’opinione pubblica in tutti i modi: è fallito nel referendum, è un fallimento economico, è fallito perché sta creando una corruzione immensa. Sarkozy e Brown non fermeranno questo processo. Sarkozy non si oppone al progetto di costruzione di uno Stato europeo, è solo un po’ più conservatore e prudente rispetto al suo predecessore. Non ha mai detto di essere contrario all’Unione Europea. Stessa cosa per Brown: mantiene una posizione molto forte contro l’introduzione dell’euro in Gran Bretagna. Se non altro non vuole essere privato di tutti gli strumenti fondamentali che gli permettono di controllare l’economia. Con l’adozione dell’euro si rinuncia al controllo dell’economia e ci si affida a una politica economica decisa da altri. Ma è contro l’Unione Europea in sé? Non mi sembra. Non lo ha mai detto. Probabilmente solo i conservatori sono realmente consapevoli del pericolo e vogliono esplicitamente fermare questo assurdo processo di costruzione europea. Assurdo, perché è assolutamente inutile che si continui a dichiarare la necessità di ‘rinnovare il processo costituente’ quando l’opinione pubblica l’ha già bocciato più e più volte”.

L’Europa dell’Est, invece, sembra più scettica. Forse proprio perché genuinamente anticomunista. Ed è l’anticomunismo polacco ad esser messo sul banco degli accusati dagli intellettuali e dai media italiani e occidentali in generale. Ora, paradossalmente, il nuovo governo democratico polacco, diretto discendente dei dissidenti antisovietici degli anni Ottanta, è accusato di condurre una caccia alle streghe. Mentre l’ex dittatore Jaruzelski, che governò col pugno di ferro dal 1981 al 1988 (e che una caccia alle streghe la condusse per davvero, ai danni dei dissidenti di Solidarnosc) viene difeso dalla stampa, anche quella italiana, come “salvatore della patria”. Si dice che se non avesse imposto la legge marziale, la Polonia in subbuglio sarebbe stata invasa dai sovietici, come la Cecoslovacchia tredici anni prima. Ma Bukovskij, documenti alla mano, smonta questa tesi: “Ridicolo. I documenti che ho anche pubblicato in ‘Gli archivi segreti di Mosca’ (Spirali, Milano 1999, ndr) dimostrano che l’Unione Sovietica non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di invadere la Polonia.

In compenso ci sono altri documenti che attestano l’esistenza di una campagna di disinformazione per far credere agli americani e agli europei occidentali che esistesse il pericolo di un’invasione, così da legittimare il colpo di Stato. Jaruzelski arrivò persino a telefonare a Mosca, prima di prendere il potere, chiedendo l’aiuto delle truppe sovietiche, nel caso l’esercito polacco si fosse rifiutato di rispondere agli ordini. Mosca gli rispose che doveva cavarsela da solo. Jaruzelski negò tutto al momento della pubblicazione del mio libro in Polonia, ma non mostrò mai prove contrarie. Né si deve credere ai piani di invasione che sono stati pubblicati su diversi giornali per dimostrare che il suo ruolo fu utile a salvare la Polonia da un’eventuale aggressione sovietica. Quelli erano piani di emergenza, elaborati al momento della nascita di Solidarnosc. Per metterli in pratica, l’Urss avrebbe dovuto mobilitare almeno duecentomila riservisti, sequestrare camion al settore agricolo e mettersi sul piede di guerra. Solo pochi mesi dopo gli stessi piani furono accantonati. Alla fine del 1980 era già chiaro a tutti che Mosca non aveva più alcuna intenzione di intervenire nella crisi polacca. Nel 1981 nessuno discusse questa possibilità”.

Per salvarci da un’Europa che calca le orme del vecchio regime, tratta direttamente con la Russia saltando a piè pari gli interessi dei nuovi membri liberati dal comunismo, Bukovskij suggerisce un progetto alternativo a Eurrs: un’unione euro-atlantica. L’iniziativa deve partire dagli Stati Uniti, i quali “devono capire che l’Unione Europea è un progetto ideologicamente ostile e che urge un ripensamento della politica europea. Per fare ciò occorre agire in maniera vigorosa e chiara, altrimenti l’Europa sarà condannata a un nuovo incubo ideologico, dal quale stavolta gli Stati Uniti potrebbero non essere in grado di tirarla fuori”. Ci viene spontaneo, però, chiedere a Bukovskij se è possibile avere fiducia nell’attuale classe dirigente americana. E anche da questo punto di vista, l’ex dissidente mostra tutto il suo scetticismo. Stando a quanto scrive Michael Ledeen in “The War Against the Terror Masters”, Bukovskij negli anni Ottanta incontrò l’ex direttore della Cia, Bill Casey, per presentargli un piano di azione contro l’Unione Sovietica. Casey gli rispose “Penso che il piano sia perfetto. Meglio che non lo faccia vedere alla Cia, perché lo rovinerebbero”.

Adesso un esponente della vecchia burocrazia della Cia, Robert Gates, è segretario alla Difesa. “Credo che sia un netto peggioramento – ci spiega  Bukovskij – Non conosco bene Robert Gates, ma ho avuto uno scontro molto duro con lui all’epoca del collasso dell’Unione Sovietica. Nel 1991 Gates era direttore della Cia e dichiarò che il collasso dell’Urss era molto pericoloso, perché non sapeva che fine avrebbero fatto le sue numerose testate nucleari, chi le avrebbe controllate e come. Io gli risposi per iscritto, sul New York Times, che non lo capivo: Gates si sentiva al sicuro quando tutte le armi nucleari sovietiche erano nelle mani di una cinquantina di leader comunisti che volevano distruggere l’America? E quando le armi nucleari sono controllate da governi democratici responsabili di fronte ai parlamenti e all’opinione pubblica, allora c’è da aver più paura?”. E il tandem George Bush-Condoleezza Rice? “Bush è troppo assorbito dalla ‘guerra contro il terrorismo globale’ e trascura tutto il resto. Ha completamente dimenticato quel che è la Russia e la considera persino un alleato nella guerra contro il terrorismo islamico: un concetto completamente sbagliato, fondato su un grave errore di analisi. Il suo segretario di Stato, in questo secondo mandato, è Condoleezza Rice, che io ho conosciuto molto bene all’Università di Stanford. All’epoca della Guerra Fredda era sinceramente anti-sovietica e anticomunista. Ma da quando è arrivata alla Casa Bianca, sembra che abbia iniziato a ragionare come Bush senior. È una costante: la gente cambia quando arriva al potere”.

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