Ripresa economica. La nave va, ma in Germania
di Pierluigi Mennitti
[09 mag 07]


Quest’anno, a Berlino, la notizia migliore per celebrare il primo maggio tedesco non è venuta dalle strade di Kreuzberg, dove si è consumato il rituale chiassoso e violento degli anarchici, ma dalle stanze ovattate del ministero del Lavoro. Nel mese di aprile, il numero dei disoccupati è sceso, per la prima volta dopo cinque anni, sotto la soglia psicologica dei 4 milioni. La cifra esatta è 3milioni 967mila. Il ministro Franz Müntefering, che è anche il vice-cancelliere socialdemocratico della Grosse Koalition, ha scelto proprio il giorno della festa del lavoro per lanciare l’ennesimo segnale positivo per l’economia tedesca, ormai in pieno boom, anticipando così di un giorno le comunicazioni ufficiali tradizionalmente fornite dall’Agenzia federale per il lavoro di Norimberga. E se i numeri della produzione o delle esportazioni entusiasmano il mondo delle imprese, quello degli occupati spande ottimismo in tutta l’opinione pubblica. Il dato di aprile è molto importante perché rafforza un trend positivo che dura ormai da due anni: nell’ultimo mese il recupero è stato di 140mila lavoratori, nell’ultimo anno di 800mila. Nell’aprile 2005 il numero complessivo dei disoccupati aveva addirittura superato i 5 milioni, sollevando preoccupanti richiami ad altri oscuri periodi della storia tedesca, in primo luogo quello della grande depressione dei primi anni Trenta.

Oggi tutto sembra passato. Le dolorose ristrutturazioni industriali, le riforme pur timide e tardive del governo Schröder e la congiuntura internazionale favorevole stanno dando il loro risultato: la combinazione di questi tre fattori ha spazzato via i vaticini sulla crisi irreversibile del “Modell Deutschland”, ridisegnando gli scenari economici della Germania e rafforzandone di conseguenza anche il ruolo centrale nella nuova Europa. Tutti gli indicatori vengono corretti al rialzo: il prodotto interno lordo crescerà del 2,4 per cento sia nel 2007 che nel 2008, i fatturati delle imprese si gonfiano grazie alle esportazioni, gli investimenti ripartono, i cantieri edili tornano ad aprirsi in molte città e ogni giorno milleduecento persone trovano un nuovo posto di lavoro. A Berlino riprendono a pieno ritmo i lavori per l’ammodernamento e il risanamento dei vecchi quartieri orientali, dopo un periodo di stallo seguito alle immense ristrutturazioni urbanistiche degli anni Novanta. Il ricasco sul mercato interno è ormai evidente. Accompagnato dalla liberalizzazione degli orari di apertura, il commercio vive una nuova primavera e, dopo tanti anni di lamenti e depressioni, i consumi interni tornano a crescere. Ancora pochi anni fa la Germania era l’unico grande paese industrializzato a non conoscere il rito dello shopping del sabato pomeriggio: anche nelle grandi città le serrande venivano tirate giù alle 14 di ogni sabato, dando il via a un lungo e sonnacchioso fine settimana. Oggi l’orario si dilata, nei grandi centri anche sino alle 20 o alle 22 e le aperture domenicali non sono più un tabù.

Il ministro Müntefering, tornando sui dati dell’occupazione, ha sottolineato come la ripresa sia dovuta anche a una migliore efficienza delle agenzie di collocamento che sono oggi in grado di collegare meglio il lavoratore con il mondo dell’impresa. Ora tocca ad Angela Merkel e al suo governo di compromesso gestire questa fase di ottimismo che si preannuncia lunga e duratura. Per rendere solida la ripresa dell’occupazione, due sono le direttrici su cui il governo intende muoversi. Da un lato, introdurre nuovi elementi di dinamismo, proseguendo nella semplificazione dei contratti e nel recupero delle sacche di parassitismo formatesi nelle pieghe di uno Stato assistenziale fin troppo generoso. Dall’altro, investire risorse pubbliche per riportare istruzione e formazione ai fasti di un tempo. Un percorso obbligato ma non facile per un governo che in politica interna raggiunge con lentezza faticosi compromessi.

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