L'ombra del Dragone sul continente nero
di Elisa Borghi
[03 mag 07]


È inutile, per quanto si sforzi il presidente del Consiglio italiano con i cinesi proprio non ci sa fare. E la pecca non è di poco conto se si considerano il ruolo attuale e la crescente influenza della Repubblica Popolare sulla scena internazionale. Prendiamo il recente viaggio del premier a Tokyo. Dal pulpito asiatico, sicuro di essere ben udito dalla metà del pianeta, il Professore ha mandato un messaggio incendiario a Pechino. “Europa e Giappone – ha detto – dovrebbero unirsi e coordinare i loro aiuti all'Africa per contrastare la crescente influenza della Cina in questo continente. Se si considerano le cifre – ha proseguito Romano Prodi – Roma e Tokyo messe insieme offrono un aiuto molto più importante all'Africa rispetto alla Repubblica Popolare, ma i dirigenti africani parlano solo di Pechino”. Chiamato in causa, il ministero degli Esteri cinese non ha tardato a rispondere. Liu Jianchao, portavoce del dicastero, ha precisato perplesso: “Se altri paesi vogliono aiutare l'Africa questo è un bene. Ma nessuno può escludere qualcun altro”.Figuraccia a parte, va riconosciuto al Professore di non avere tutti i torti. All'inizio del nuovo millennio la Cina ha inaugurato una politica estera fortemente interventista nel continente nero. E il tutto a discapito dell'Occidente, che a sud dell'Equatore continua a perdere posizioni. E se cercare di cambiare le cose con simili esternazioni non fa che peggiorare i rapporti tra i due Stati, già incrinati dalle note vicende che coinvolgono le comunità cinesi presenti in Italia, è indubbio che le democrazie debbano darsi da fare per arginare il neocolonialismo cinese.

“Ma che cosa cerca la Cina in Africa?” Si chiedono i ricercatori della Heritage Foundation nel saggio dello scorso aprile “Dentro l’Africa, la lotta della Cina per l’influenza e il petrolio” (Into Africa: China’s scramble for influence and oil). Incuriositi dai frequenti viaggi dello stato maggiore comunista nel continente nero e dai summit fra i leader cinesi e quelli africani, gli studiosi del think tank conservatore americano approfondiscono un tema che solo nelle ultime settimane (e dopo che tutte le maggiori testate internazionali ne hanno parlato) ha trovato spazio nella grande stampa italiana. A febbraio 2007, riporta l’articolo della Heritage Foundation, il presidente Hu Jintao ha fatto tappa in otto nazioni africane nel corso di un viaggio durato poco più di dieci giorni, e nel novembre del 2006 la Cina ha organizzato un summit storico cui hanno preso parte una cinquantina fra capi di Stato e di governo dell'Africa a cui sono stati promessi aiuti finanziari ed assistenza militare. È chiaro, conclude lo studio, che il Dragone oggi non si muove più per esportare il comunismo internazionale come succedeva ai tempi della Guerra Fredda, ma è alla ricerca di risorse energetiche, di mercati che assorbano merci a basso costo e di alleati, per aumentare la propria sfera di influenza geopolitica.

Ed ecco che dovrebbe temere l'Occidente dall'ascesa cinese. Pechino cancella milioni di debiti ai paesi emergenti, sovvenziona infrastrutture, invia medici e cooperanti nel terzo mondo per un motivo che va al di là della mera, seppur redditizia, cooperazione economica. La Cina, già titolare del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, si assicura in questo modo (sostanzialmente “comprandoli”), un cospicuo pacchetto di voti che possono tornare utili in tutte le organizzazioni internazionali. Lo prova il fatto che i 47 paesi africani (su un totale di 53) che hanno relazioni diplomatiche con Pechino non riconoscono Taiwan, perché interrompere ogni relazione diplomatica con Taipei è la precondizione posta dalla Cina per diventare suoi partner commerciali. Una richiesta che si sposa a fatica con il principio della “non ingerenza” negli affari dei propri interlocutori su cui la Repubblica Popolare dichiara (Libro bianco della politica estera 2006) di basare la propria diplomazia. Ma la maschera dello Stato non ingerente indossata dal regime per mostrarsi pacifico e per differenziarsi dagli Usa non è credibile, sia perché la politica estera di qualunque nazione “ingerente” lo è per definizione, sia perché la non ingerenza del Dragone riguarda esclusivamente gli abusi dei diritti umani. Insomma, Pechino non vede, non sente e non giudica i crimini contro l'umanità perché questo gli permette di intrattenere relazioni anche con le più efferate dittature, come quella del Sudan, a cui la Cina ha più volte evitato le sanzioni per il genocidio del Darfur utilizzando il proprio veto all'Onu.

Il neocolonialismo cinese mostra in maniera spietata che il modello di cooperazione euroatlantico è morto. L'Occidente vincola l'elargizione di finanziamenti e di aiuti all'implementazione di riforme liberali e al rispetto del diritto, sperando così di esercitare una pressione democratizzatrice sui paesi sottosviluppati. La Cina, sovvenzionando qualsiasi tipo di regime politico, vanifica questo sforzo. L'esempio angolano è illuminante. L'Angola per oltre due anni non ha usufruito dei fondi dell'Unione Europea che pure le erano necessari perché il governo non soddisfaceva le condizioni di “buona condotta” poste da Bruxelles. All'inizio del 2000, in cambio di ricche concessioni petrolifere, i cinesi hanno chiuso tutti e due gli occhi, costruito autostrade ed aeroporti e finanziato il governo angolano, annientando il braccio di ferro in atto con Bruxelles. Ben lontano dalla non ingerenza, la cooperazione cinese rafforza i regimi e toglie dall'isolamento i dittatori. É tempo che l'Occidente recuperi il terreno perduto e ripensi il proprio ruolo e modello di cooperazione. Oppure trovi la maniera di spingere Pechino ad assumersi precise responsabilità quando opera sulla scena internazionale.

(c) Ideazione.com (2006)
Home Page
Rivista | In edicola | Arretrati | Editoriali | Feuilleton | La biblioteca di Babele | Ideazione Daily
Emporion | Ultimo numero | Arretrati
Fondazione | Home Page | Osservatorio sul Mezzogiorno | Osservatorio sull'Energia | Convegni | Libri
Network | Italiano | Internazionale
Redazione | Chi siamo | Contatti | Abbonamenti| L'archivio di Ideazione.com 2001-2006