Il Cavaliere tra buonismo e bontà
di Vittorio Mathieu
[02 mag 07]


Molti elettori della Cdl sono preoccupati: l’apertura a “larghe intese”, l’attenuazione della polemica, l’accordo su punti particolari non rivelano in Berlusconi una tendenza all’“inciucio”? Non è forse il “dialogo” (all’opposto della reazione) una manifestazione di resa morale? Non credo che questo si debba temere. Berlusconi non dà nessuna manifestazione di buonismo: il fatto è che è sempre stato “buono”, cioè dolce di cuore; riconoscente per i benefici ricevuti; compassionevole verso chi ha bisogno. In certi casi ciò può essere un inconveniente per un uomo politico. Nel Cavaliere lo si è visto più di una volta, non rispetto ai nemici, bensì ad alcuni collaboratori o possibili alleati. Non tutti i coordinatori regionali di Fi, ad esempio, sono stati all’altezza, e la loro sostituzione non è stata sollecita quanto sarebbe stato necessario. Qualche potere forte ha condizionato la scelta di ministri (e di un lontano presidente del Senato) rivelatisi poi controproducenti. 

La diplomazia – sviluppata in modo eccellente da Berlusconi in campo internazionale – in campo nazionale è stata a volte interpretata da alcuni collaboratori come un cercare l’accordo  cedendo semplicemente alle richieste della controparte (esempio classico le lontane trattative con D’Alema per le riforme costituzionali; ma anche più recenti accordi sul Cda della Rai). Il presidente stesso ha sempre rimediato a questi scivoloni, con qualche inevitabile ritardo. In secondo luogo si tenga conto del suo vero “conflitto di interessi”, che è quello tra la sua ambizione politica e il suo patrimonio privato. Il protagonista è tirato in senso opposto da forze che hanno interessi diversi. Per fortuna la sua giusta ambizione e gli impegni assunti gli impediscono di cedere. L’esito finale (ma non siamo profeti) potrebbe essere il dirigersi dell’ambizione verso il “colle più alto”. Ciò implicherebbe senza dubbio una posizione super partes. Ma la fedeltà di Berlusconi agli impegni già assunti gli impone, per questo, di cercare anzitutto un successore; e questa ricerca si direbbe, per ora, illuminata dalla lanterna di Diogene.


 

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