Iran, è l'ora delle sanzioni intelligenti
di Francesco Giumelli
[27 apr 07]

5. Le altre vie percorribili

La risoluzione 1737 approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha l’obiettivo di convincere Teheran ad interrompere i suoi piani di arricchimento dell’uranio, impone severe restrizioni finanziarie e commerciali a tutte le imprese e persone fisiche in Iran coinvolte nei piani nucleari nazionali. Inoltre, a tutti i paesi membri dell’Onu è vietato vendere beni o sostenere direttamente o indirettamente il processo di arricchimento dell’uranio da parte del regime iraniano. L’obiettivo di questo articolo era quello di definire il concetto di sanzione intelligente alla luce del dibattito in corso, cercare di evincere alcune indicazioni sulle misure approvate dalle Nazioni Unite contro l’Iran lo scorso dicembre e di trarre alcune lezioni sul funzionamento delle sanzioni intelligenti. Primo, il dibattito sull’efficacia delle sanzioni intelligenti contro l’Iran è ancora aperto e rimane difficile stabilire quanto le sanzioni influiscano sullo svolgimento delle trattative fra il regime teocratico degli Ayatollah e la comunità internazionale. Tuttavia, di sanzioni economiche, di sanzioni intelligenti, e del loro inasprimento si continua a parlare ad ogni livello: leader politici, governi ed organizzazioni internazionali non lesinano riferimenti a questo tema nelle loro valutazioni sulla questione iraniana. Parte dell’obiettivo di questo articolo era quello di valutare l’applicazione dei principi delle sanzioni intelligenti al caso iraniano per osservare e, eventualmente, apprendere alcune lezioni per il futuro ed è questo il punto in cui è possibile trarre alcune indicazioni dal nostro case study.

Prima di tutto le sanzioni, intelligenti e non, non sono una panacea. Sbagliano coloro che ripongono nelle sanzioni economiche o intelligenti le speranze della risoluzione dei conflitti. Le sanzioni possono solo contribuire ad influenzare le relazioni fra due attori, non risolvono certo il problema e non annullano l’importanza di altri fattori, come ad esempio l’interesse in gioco, le motivazioni, la minaccia dell’uso della forza. Secondo, per una corretta applicazione delle sanzioni economiche ed ancor di più nel caso di sanzioni intelligenti, è necessaria una vasta cooperazione internazionale. L’Onu sta svolgendo un importante ruolo di coordinamento, ma in molti casi questo non è sufficiente. Se da un lato globalizzazione ed innovazioni tecnologiche forniscono nuovi strumenti per disegnare sanzioni mirate ed individuali, dall’altro le medesime forze forniscono ai bersagli una miriade di escamotage per eludere gli effetti di quei provvedimenti. Ad esempio, le sanzioni finanziarie hanno senso se tutti gli istituti di credito chiudono i flussi di capitale verso gli investitori iraniani. Infatti, una delle preoccupazioni degli Stati Uniti è che grandi paesi come Cina e Russia abbiano interesse a non implementare le sanzioni decise dall’Onu per attrarre verso di loro gli interessi economici iraniani. Stesso discorso vale per le sanzioni commerciali. È noto che molti paesi in Europa non hanno interesse ad interrompere i legami economici con Teheran per non perdere canali privilegiati di relazioni economiche con quel regime, su tutti l’Italia,[1] ma queste defezioni creano dei buchi nella rete delle sanzioni che ne minano fortemente l’efficacia. Terzo, la vera efficacia delle sanzioni intelligenti si valuta alla luce delle alternative disponibili per risolvere un problema.

Quali altre strade la comunità internazionale avrebbe potuto percorrere per affrontare la questione iraniana? In breve, le opzioni sono tre: uso della forza, contenimento oppure inclusione. L’alternativa militare è ancora sul tavolo, ma è possibile fin da ora affermare che i costi di una tale operazione sarebbero immensi: un paese di 70 milioni di abitanti non si può invadere e conquistare né in breve tempo, né senza subire ingenti perdite. Alcuni sostengono la fattibilità di raid aerei per distruggere i siti nucleari iraniani, ma Teheran sembra abbia deciso di frammentare gli impianti di arricchimento dell’uranio, il che rende poco probabile il successo di tale missione. Inoltre, non c’è certezza sull’esatta locazione degli impianti nucleari iraniani: i raid aerei non garantirebbero di distruggere tutto l’apparato del regime, quindi comporterebbero enormi costi sia politici che diplomatici. In sostanza, è ancora troppo presto per ritenere l’opzione militare credibile. La seconda alternativa è contenere l’Iran, limitare le sue capacità di sviluppare l’arma atomica e finanziare i gruppi dissidenti interni. Questa opzione è certamente meno invasiva sia di quella militare, sia della scelta di imporre sanzioni intelligenti, ma non è altrettanto efficace. Il contenimento non garantisce né risultati positivi, né può dare garanzie sui tempi entro i quali gli obiettivi si intendono raggiungere. Potrebbe essere un mese, come vent’anni, ma la minaccia di un Iran nucleare deve essere affrontata oggi, non si può aspettare. Quindi, anche questa opzione non sembra percorribile. L’ultima opzione è quella dell’inclusione, ovvero lavorare con l’Iran per inserire il regime di Teheran all’interno della comunità internazionale, con l’obiettivo di istituzionalizzare e socializzare il regime degli Ayatollah. Come il contenimento, questa strada non garantisce risposte in tempi ragionevoli. Inoltre, un approccio diplomatico di questo tipo era già stato provato dalla Russia, la quale aveva offerto il proprio territorio per ospitare un impianto nucleare iraniano, ma questa proposta non era stata accettata. Infine, sarebbe difficile credere alla parola di un regime teocratico che rende conto prima ad Allah e poi alla comunità internazionale. Pertanto, anche questa opzione non appare possibile.

In definitiva, le sanzioni intelligenti sembrano l’unica strada percorribile per la comunità internazionale. Il dibattito sull’efficacia delle sanzioni economiche imposte lo scorso 23 dicembre è ancora aperto e rimane difficile stabilire quanto le sanzioni influiscano sull’esito delle trattative. Tuttavia, le sanzioni rappresentano un segnale della comunità internazionale al quale l’Iran deve rendere conto. Inoltre, il mancato rispetto delle richieste dell’Onu rappresenta un costo per il regime di Teheran che non può essere facilmente eluso. Infine, questo strumento permette alla comunità internazionale da un lato di tenere aperto il canale diplomatico con l’Iran, e dall’altro di guadagnare tempo con la speranza che gli oppositori del regime acquistino forza e contribuiscano a contrastare il pericolo posto dai piani nucleari di Khamenei e Ahmadinejad. Le sanzioni intelligenti concentrano i loro effetti sui responsabili del programma di arricchimento dell’uranio e limitano le esternalità negative delle sanzioni economiche del passato. Questo non significa che funzionino sempre, ma sono di gran lunga lo strumento migliore in mano alla comunità internazionale per fare i conti con l’Iran.


 

[1] L’Italia è il primo partner commerciale dell’Iran. Vedere Stephen Fidler, “Washington Frustrated by Europe’s Hesitation on Iran,” Financial Times, 8 Febbraio 2007.

(c) Ideazione.com (2006)
Home Page
Rivista | In edicola | Arretrati | Editoriali | Feuilleton | La biblioteca di Babele | Ideazione Daily
Emporion | Ultimo numero | Arretrati
Fondazione | Home Page | Osservatorio sul Mezzogiorno | Osservatorio sull'Energia | Convegni | Libri
Network | Italiano | Internazionale
Redazione | Chi siamo | Contatti | Abbonamenti| L'archivio di Ideazione.com 2001-2006