5.
Le altre vie percorribili
La
risoluzione 1737 approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, che ha l’obiettivo di convincere Teheran ad
interrompere i suoi piani di arricchimento dell’uranio, impone
severe restrizioni finanziarie e commerciali a tutte le imprese e
persone fisiche in Iran coinvolte nei piani nucleari nazionali.
Inoltre, a tutti i paesi membri dell’Onu è vietato vendere beni o
sostenere direttamente o indirettamente il processo di arricchimento
dell’uranio da parte del regime iraniano. L’obiettivo di questo
articolo era quello di definire il concetto di sanzione intelligente
alla luce del dibattito in corso, cercare di evincere alcune
indicazioni sulle misure approvate dalle Nazioni Unite contro l’Iran
lo scorso dicembre e di trarre alcune lezioni sul funzionamento
delle sanzioni intelligenti. Primo, il dibattito sull’efficacia
delle sanzioni intelligenti contro l’Iran è ancora aperto e rimane
difficile stabilire quanto le sanzioni influiscano sullo svolgimento
delle trattative fra il regime teocratico degli Ayatollah e la
comunità internazionale. Tuttavia, di sanzioni economiche, di
sanzioni intelligenti, e del loro inasprimento si continua a parlare
ad ogni livello: leader politici, governi ed organizzazioni
internazionali non lesinano riferimenti a questo tema nelle loro
valutazioni sulla questione iraniana. Parte dell’obiettivo di questo
articolo era quello di valutare l’applicazione dei principi delle
sanzioni intelligenti al caso iraniano per osservare e,
eventualmente, apprendere alcune lezioni per il futuro ed è questo
il punto in cui è possibile trarre alcune indicazioni dal nostro
case study.
Prima
di tutto le sanzioni, intelligenti e non, non sono una panacea.
Sbagliano coloro che ripongono nelle sanzioni economiche o
intelligenti le speranze della risoluzione dei conflitti. Le
sanzioni possono solo contribuire ad influenzare le relazioni fra
due attori, non risolvono certo il problema e non annullano
l’importanza di altri fattori, come ad esempio l’interesse in gioco,
le motivazioni, la minaccia dell’uso della forza. Secondo, per una
corretta applicazione delle sanzioni economiche ed ancor di più nel
caso di sanzioni intelligenti, è necessaria una vasta cooperazione
internazionale. L’Onu sta svolgendo un importante ruolo di
coordinamento, ma in molti casi questo non è sufficiente. Se da un
lato globalizzazione ed innovazioni tecnologiche forniscono nuovi
strumenti per disegnare sanzioni mirate ed individuali, dall’altro
le medesime forze forniscono ai bersagli una miriade di escamotage
per eludere gli effetti di quei provvedimenti. Ad esempio, le
sanzioni finanziarie hanno senso se tutti gli istituti di credito
chiudono i flussi di capitale verso gli investitori iraniani.
Infatti, una delle preoccupazioni degli Stati Uniti è che grandi
paesi come Cina e Russia abbiano interesse a non implementare le
sanzioni decise dall’Onu per attrarre verso di loro gli interessi
economici iraniani. Stesso discorso vale per le sanzioni
commerciali. È noto che molti paesi in Europa non hanno interesse ad
interrompere i legami economici con Teheran per non perdere canali
privilegiati di relazioni economiche con quel regime, su tutti
l’Italia,[1]
ma queste defezioni creano dei buchi nella rete delle sanzioni che
ne minano fortemente l’efficacia. Terzo, la vera efficacia delle
sanzioni intelligenti si valuta alla luce delle alternative
disponibili per risolvere un problema.
Quali
altre strade la comunità internazionale avrebbe potuto percorrere
per affrontare la questione iraniana? In breve, le opzioni sono tre:
uso della forza, contenimento oppure inclusione. L’alternativa
militare è ancora sul tavolo, ma è possibile fin da ora affermare
che i costi di una tale operazione sarebbero immensi: un paese di 70
milioni di abitanti non si può invadere e conquistare né in breve
tempo, né senza subire ingenti perdite. Alcuni sostengono la
fattibilità di raid aerei per distruggere i siti nucleari iraniani,
ma Teheran sembra abbia deciso di frammentare gli impianti di
arricchimento dell’uranio, il che rende poco probabile il successo
di tale missione. Inoltre, non c’è certezza sull’esatta locazione
degli impianti nucleari iraniani: i raid aerei non garantirebbero di
distruggere tutto l’apparato del regime, quindi comporterebbero
enormi costi sia politici che diplomatici. In sostanza, è ancora
troppo presto per ritenere l’opzione militare credibile. La seconda
alternativa è contenere l’Iran, limitare le sue capacità di
sviluppare l’arma atomica e finanziare i gruppi dissidenti interni.
Questa opzione è certamente meno invasiva sia di quella militare,
sia della scelta di imporre sanzioni intelligenti, ma non è
altrettanto efficace. Il contenimento non garantisce né risultati
positivi, né può dare garanzie sui tempi entro i quali gli obiettivi
si intendono raggiungere. Potrebbe essere un mese, come vent’anni,
ma la minaccia di un Iran nucleare deve essere affrontata oggi, non
si può aspettare. Quindi, anche questa opzione non sembra
percorribile. L’ultima opzione è quella dell’inclusione, ovvero
lavorare con l’Iran per inserire il regime di Teheran all’interno
della comunità internazionale, con l’obiettivo di istituzionalizzare
e socializzare il regime degli Ayatollah. Come il contenimento,
questa strada non garantisce risposte in tempi ragionevoli. Inoltre,
un approccio diplomatico di questo tipo era già stato provato dalla
Russia, la quale aveva offerto il proprio territorio per ospitare un
impianto nucleare iraniano, ma questa proposta non era stata
accettata. Infine, sarebbe difficile credere alla parola di un
regime teocratico che rende conto prima ad Allah e poi alla comunità
internazionale. Pertanto, anche questa opzione non appare possibile.
In
definitiva, le sanzioni intelligenti sembrano l’unica strada
percorribile per la comunità internazionale. Il dibattito
sull’efficacia delle sanzioni economiche imposte lo scorso 23
dicembre è ancora aperto e rimane difficile stabilire quanto le
sanzioni influiscano sull’esito delle trattative. Tuttavia, le
sanzioni rappresentano un segnale della comunità internazionale al
quale l’Iran deve rendere conto. Inoltre, il mancato rispetto delle
richieste dell’Onu rappresenta un costo per il regime di Teheran che
non può essere facilmente eluso. Infine, questo strumento permette
alla comunità internazionale da un lato di tenere aperto il canale
diplomatico con l’Iran, e dall’altro di guadagnare tempo con la
speranza che gli oppositori del regime acquistino forza e
contribuiscano a contrastare il pericolo posto dai piani nucleari di
Khamenei e Ahmadinejad. Le sanzioni intelligenti concentrano i loro
effetti sui responsabili del programma di arricchimento dell’uranio
e limitano le esternalità negative delle sanzioni economiche del
passato. Questo non significa che funzionino sempre, ma sono di gran
lunga lo strumento migliore in mano alla comunità internazionale per
fare i conti con l’Iran.
[1] L’Italia è il primo partner commerciale dell’Iran. Vedere Stephen Fidler, “Washington Frustrated by Europe’s Hesitation on Iran,” Financial Times, 8 Febbraio 2007.
(c)
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