Pd, la sinistra è avanti e la destra deve inseguire
di Pierluigi Mennitti
[26 apr 07]


Nel 1994 fu il centrodestra a imporre le novità politiche che sconvolsero il panorama partitico italiano: Forza Italia, il suo ruolo di cerniera, le alleanze con la Lega al nord e il Msi al sud, i poli delle libertà e del buongoverno, il leader carismatico, Silvio Berlusconi. Effetto a catena della caduta del muro di Berlino, del crollo dell’ideologia comunista, dello scongelamento degli equilibri politici e culturali nati con la fine della seconda guerra mondiale. Si apriva, anche per l’Italia, una nuova stagione politica che avrebbe avuto nella personalizzazione della leadership, nel bipolarismo, nel sistema maggioritario i suoi punti cardine. O di qua o di là, come recitava una trasmissione televisiva di quegli anni, l’Italia si spaccava in due ma il centrodestra aveva una marcia in più, l’iniziativa politica, le idee dirompenti, il leader. La destra vincente e moderna, la sinistra a inseguire, a danzare sulle macerie del vecchio in una lunga marcia nel deserto della ricostruzione. Oggi, invece, è il centrosinistra che prova a prendere l’iniziativa, a sparigliare, a inventarsi quella iniziativa sorprendente che rimetta in gioco il sistema politico incartato. Questa mossa è il partito democratico. 

La scelta sofferta dei Ds di appendere al chiodo la ingloriosa storia del post-comunismo, quella più leggera della Margherita di porre fine alla transizione partitica di piccoli gruppi centristi e la decisione di entrambi di confluire in un più ampio rassemblement progressista, vorrebbe essere – appunto – la mossa vincente. Niente più socialismo, niente più centrismo post-democristiano ma una nuova casa che dovrebbe guardare al futuro, abbracciando la tradizione democratica americana e, di fatto, ripudiando quella socialista di stampo più europeo. Il nuovo partito porta in eredità l’intuizione delle primarie per la scelta del leader, che da episodio un po’ surreale e scontato in occasione della scelta di Romano Prodi candidato premier alle ultime elezioni, si promette di far diventare una vera competizione interna, proprio come negli Usa. Alcuni osservatori l’hanno chiamato “il partito americano”, cogliendone allo stesso tempo le novità e le debolezze. 

Si dice che se questa operazione avrà successo anche il centrodestra dovrà muoversi nella stessa direzione, dare vita a un partito unico o, almeno, a una federazione che stringa le alleanze ancor di più. Insomma, dovrà inseguire, che in politica non è mai una buona cosa. Ma la sfida del partito democratico, per quanto intrigante, resta ancora tutta da giocare. I dubbi di Mussi sono più che legittimi. Noi li abbiamo ascoltati al congresso di Firenze, li abbiamo insomma valutati al di là delle lacrime e delle commozioni per uno strappo politico e umano. E ci chiediamo se davvero la via americana – che a sinistra è la via democratica – sia la scelta giusta per la sinistra italiana. Nel resto dell’Europa, l’opzione socialista e socialdemocratica appaga appieno le prospettive del mondo progressista e si riallaccia perfettamente a ideologie e storie politiche che appartengono alla tradizione del nostro continente. A seguire i primi dibattiti, specie nell’area della ex(?) Margherita, sembra che il progetto in fondo sia di creare un grande corpaccione centrista, con un po’ di progressismo, giusto per non lasciarsi troppo scoperti a sinistra. Già la chiamano la Balena rosa. 

Sarebbe un’altra cosa rispetto allo schema bipolare che si dice di voler rafforzare. Non è detto che sia una buona cosa per il paese, per la sua voglia di alternative, per le necessità di una competizione che ci attendiamo comunque più serena e meno rabbiosa di quella degli ultimi anni. E tuttavia non c’è dubbio che il centrosinistra abbia ripreso in pieno l’iniziativa politica. E, di conseguenza, che il centrodestra se la sia fatta sfilare. Quando si mettono i motori in stallo, in attesa di eventi che non ci saranno; quando si procrastinano le scelte che i tempi impongono; quando si deprimono gli staff; quando i luoghi che producono idee si lasciano allo sbando; quando succede questo e tanto altro, non è difficile poi accorgersi che non ci si fa nulla con due milioni di cittadini in piazza o con i bollettini quotidiani di sondaggi trionfali.

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