Ha avuto molto
successo, in Italia, la riduzione cinematografica del fumetto Ghost
Rider, uno dei più controversi personaggi dell’universo della Marvel
Comics. Il regista Mark Steven Johnson, dopo aver messo le mani in
modo discutibile su Daredevil – altro eroe Marvel - questa volta
riesce, grazie ad una sceneggiatura scorrevole, a giocare e far
giocare con disinvoltura Nicolas Cage, Eva Mendes, Wes Bentley,
Peter Fonda, Donal Logue e Sam Elliott, giovandosi di effetti
speciali eccellenti in grado di rendere alla perfezione i fotogrammi
evocati dalla lettura dell’ultima versione dello “Spirito della
Vendetta” datata 1990. Decisamente non è facile prendere sul serio
qualcuno che si aggira su una simil-harley davidson improvvisamente
dotata di anima propria, cui prendono fuoco le ruote; un essere
soprannaturale invincibile venuto direttamente dall’inferno, un
teschio parlante in mezzo alle fiamme: perché tale è il Ghost Rider.
Dopo essersi impiantato nel corpo dell’ultimo malcapitato che ha
firmato un patto con Mefisto, “Spirit Of Vengeance”, lo “Spirito
della Vendetta”, erra per la Terra in caccia di anime malvagie cui
frigge il cervello infliggendo il suo sguardo che riflette tutto il
dolore procurato a vittime innocenti.
La trama del film
riprende, nelle linee fondamentali, quella della prima serie del
fumetto, quando Johnny Blaze scopre suo padre malato di cancro (nel
fumetto è il padre putativo, proprietario del circo, che da quando
Johnny è divenuto orfano, decide ti tenerlo con sé). È solo un
ragazzo alle prese con il primo amore, per sbarcare il lunario, come
il padre, lavora in un circo producendosi in evoluzioni sulla moto.È
disperato. Non sa più cosa fare. Il padre è tutto per lui. La sua
casa. Il suo lavoro. Quindi la storia di sempre. Arriva Mefisto e
gli propone di dare la sua anima in cambio della vita del padre.
Johnny firma ma il padre il giorno dopo muore lo stesso durante il
suo numero di motociclismo acrobatico, così perde tutto, compreso
l’amore della sua bella dalla quale per responsabilità sente di
doversi allontanare. Allora si ribella al diavolo, Mefisto non ha
mantenuto la parola completamente: Johnny ha perso la sua anima ma
ha mantenuto il suo spirito. Si trasforma in una fiammeggiante
figura scheletrica capace di controllare il fuoco infernale”ma
anche, grazie alle conoscenze acquisite studiando ossessivamente
testi sacri e occultismo, combatte per evitare la trasformazione. Il
demone che si impossessa di lui da strumento del diavolo finisce per
diventarne il peggior nemico.
Ghost Rider uscì
negli Stati Uniti nel 1950 ed era un personaggio western, ripreso
poi nel film di Mark Steven Johnson. Per questo suo tentativo di
lasciar passare messaggi non proprio elementari, per gli archetipi
rappresentati nel meccanismo seriale del racconto, supercriminali
che in fondo erano gli elementi della natura, la prima serie Marvel
del fumetto, iniziata sulle pagine di Marvel Spotlight e durata 81
numeri, visse da subito qualche difficoltà. La storia era peraltro
sempre ambientata nel West e, al di là dell’interesse naturale per
l’innovativo carattere religioso di una nuova iniziativa pop art,
restava difficile pensare ad un supereroe fuori dal contesto
metropolitano americano, soprattutto per il 1971. Ma nell’economia
della storia del fumetto stars and stripes innegabilmente il Ghost
Rider divenne parte importante di quell’epidemia di produzioni
horror che si riversarono a cascata nel decennio, finendo per
diventare, del genere, uno dei migliori filoni prodotti, in omaggio
ad una tendenza ancora inarrestabile di irruzione nell’estetica
popolare e di tutti i generi, di un narrato che trae origine da uno
scomposto rapporto con l’irrazionale, quasi la difficoltà a dargli
un nome, un volto.
Esorcisti,
figliolanze più o meno legittime di Satana, lupi mannari, mostri,
fenomeni e scherzi della natura, nuove declinazioni di Dracula, ma
dopotutto buoni lavori per una grafica, come quella del Ghost Rider
prima maniera che ammicca alla horror story del cinema muto, con
contenuti stranianti, onirici, una narrazione che gioca sul piano
del subconscio, insomma uno stile inconsueto per la casa editrice
dei Fantastici Quattro e dell’Uomo Ragno. Johnson aveva nel cuore
questo quando ha buttato giù lo script del film, ma quando ha
cominciato a mettere in ordine immagini e inquadrature negli occhi
senz’altro aveva il Ghost Rider della serie del 1990, quello dei
disegni di Mark Texeira. Newyorkese, popolare artista di comic
books, per i suoi dipinti si è guadagnato l’attenzione della Society
of Illustrators e del Salmagundi Art Club, da più di 130 anni punto
d’incontro e di raccolta d’eccellenza per artisti, pittori, scultori
e fotografi. Un posto che negli anni ha riunito grandi artisti come
Childe Hassam, William Merrit Chase, Howard Pyle, N.C. Wyeth,
Charles Dana Gibson, Ogden Pleisner e molti altri, annoverando tra i
sui membri onorari Sir Winston Churchill, Buckminister Fuller, Paul
Cadmus, Al Hirschfeld, Thomas Hoving and Schuyler Chapin. Le chine
delle tavole di Texeira delineano pitture in movimento. Gli stessi
disegni sono densi di dinamicità, i colori non affogano il tratto
che resta efficace.
Come efficace del
resto nella seconda serie è proprio tutto. Il nuovo Ghost Rider
indossa una giacca di pelle scura, borchie, una moto da far invidia
a Valentino Rossi, ha una catena infernale a tracolla. Adesso si
chiama Danny Ketch. Danny si trova al cimitero di Cypress Hills, New
York, nel giorno di Halloween per far contenta la sorella. I due
finiscono al centro di un regolamento di conti tra criminali e la
sorella resta ferita gravemente, Danny si rifugia sotto un mucchio
di rottami d’auto in un deposito vicino al cimitero e mentre cerca
di arginare l’emorragia della sorella scorge una motocicletta il cui
tappo del serbatoio brilla in un modo strano. Lo tocca ed il Ghost
Rider è di nuovo su strada. Questo nuovo Ghost Rider combatte
crimini di ogni genere e grado, su cui la narrazione non esita ad
indugiare, sia nella descrizione di atti violenti, come nella
punizione esemplare e mai tenera dello “Spirito della Vendetta”.
Dalla critica
perbenista la nuova serie fu tacciata di essere gratuitamente
violenta, di lasciar passare nei lettori – principalmente giovani –
messaggi scorretti e ambigui. Accusa di cui furono tacciati tutti
gli emergenti di allora e maestri di oggi, da Frank Miller in poi.
Texeira appunto, ma anche Jim Lee, Mike Mignola e Romita Jr. La
realtà nel fumetto come nel paese, con buona pace di tanti, era ed è
ben diversa da quella che si vorrebbe corretta. L’eco della
difficoltà e a volte dell’impotenza dello Stato di diritto
nell’avere ragione di minacce terroristiche e non, nazionali ed
internazionali, si traduce nell’immaginario collettivo in rabbia,
una rabbia in cerca di uno “Spirito della Vendetta”; in Ghost Rider
come nei comics characters più crudi usciti in America negli ultimi
anni, tali ingredienti ci sono tutti e il film di Johnson li coglie
in buona parte.
(c)
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