Iran, è l'ora delle sanzioni intelligenti
di Francesco Giumelli
[20 apr 07]

4. Il caso iraniano

I piani nucleari iraniani risalgono agli anni ’50 e subito dopo la rivoluzione khomeinista furono rilanciati con rinnovato vigore. Tuttavia, la tensione internazionale riguardo alla ricerca della tecnologia nucleare da parte dell’Iran è rimasta nella norma fino al 2002, quando il dissidente iraniano Alireza Jafarzadeh denunciò le intenzioni del regime di Tehran di arricchire l’uranio senza notificarlo all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea). Da allora, l’intera comunità internazionale (e non più solo gli Stati Uniti che hanno imposto sanzioni economiche contro l’Iran dal 1979) ha alzato il livello di guardia ed ha dedicato particolare attenzione alle mosse del regime degli Ayatollah.[1]

Un Iran nucleare non è pericoloso solo per il possesso stesso di una tecnologia nucleare, anche perché fino ad oggi l’Iran non ha esplicitamente violato il Trattato di Non Proliferazione, ma solo alcune norme di trasparenza sottoscritte nel trattato don l’Aiea. Neppure molta importanza dovrebbe essere data alle esternazioni antisioniste del presidente estremista Mahmoud Ahmadinejad visto che, come ricordato recentemente in maniera poco diplomatica dal presidente Chirac, l’Iran non otterrebbe alcun beneficio da una politica ostile a Israele.[2] Quello che dovrebbe preoccupare non è neppure il malcelato interesse per le vicende del vicino Iraq, ma soprattutto i contatti e le collusioni fra l’Iran e diverse organizzazioni terroristiche internazionali. L’Iran non sarebbe in grado di gestire con attenzione e riservatezza gli impianti nucleari nazionali, soprattutto perché la Guardia Rivoluzionaria, ovvero quella che dovrebbe sorvegliare sulla sicurezza delle strutture nucleari, è facilmente infiltrabile da fanatici religiosi ed è già stata accusati in passato di collaborare con organizzazioni terroristiche.[3]

Dopo il fallimento di numerose negoziazioni, le Nazioni Unite hanno approvato il 23 dicembre scorso una risoluzione che impone sanzioni economiche al regime di Tehran. Vista la tipologia di queste misure appare evidente come esse rientrino nel quadro fin qui descritto delle sanzioni intelligenti. Ma cosa dicono le sanzioni? La risoluzione 1737 vieta a tutti gli Stati di vendere qualsiasi materiale che possa contribuire all’arricchimento dell’uranio avviato dall’Iran, vieta a tutti gli Stati ogni tipo di assistenza ai piani nucleari iraniani, obbliga tutti gli Stati a impedire l’importazione nei propri paesi anche da parte dei loro cittadini di beni legati all’arricchimento dell’uranio, obbliga tutti gli Stati a congelare tutti i beni, mobili ed immobili, che appartengono alle ventidue persone indicate nel testo della risoluzione[4] e di tutte le persone che il Consiglio di Sicurezza o l’Aiea riterranno responsabili di collaborare con l’Iran nei suoi piani di arricchimento dell’uranio, e proibisce tutti gli Stati di istruire cittadini iraniani con informazioni che potrebbero essere utili a Tehran nell’arricchimento dell’uranio.[5] In altre parole, le sanzioni imposte dalle Nazioni Unite contro il regime iraniano sono intelligenti perché da un lato mirano a penalizzare solo quei settori dell’economia funzionali ai piani nucleari, e dall’altro concentrano la loro attenzione su persone fisiche od organizzazioni direttamente coinvolte nel processo di arricchimento dell’uranio.

Le sanzioni sono state approvate dopo molte pressioni internazionali, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Ma dopo tanti sforzi, quale effetto stanno avendo? Il presidente Ahmadinejad ha dichiarato recentemente che le sanzioni non indeboliscono la volontà iraniana di arricchire l’uranio.[6] Tuttavia, lo scarso rendimento dell’economia iraniana[7] è spesso presentato come conseguenza anche delle sanzioni economiche – non solo le ultime, ma anche quelle precedenti.[8] Il Financial Times scrive che, mentre le sanzioni commerciali erano divenute famose per la loro inefficacia, quelle finanziarie hanno funzionato in Sud Africa e stanno funzionando oggi in Iran, dove compagnie legate alle elites iraniane stanno soffrendo la stretta di capitali stranieri ed anche aziende che nulla hanno a che vedere con il programma di arricchimento dell’uranio stanno avendo vita dura.[9] Un ulteriore elemento da considerare come parte delle sanzioni intelligenti, anche se non facente parte in maniera esplicita delle sanzioni Onu, sono le restrizioni finanziarie imposte contro gli istituti di credito. Ad esempio, la messa al bando di Banco Delta Asia, una banca con sede a Macao che collaborava con il regime di Pyongyang, sembra abbia contribuito in maniera decisiva a riportare la Corea del Nord al tavolo dei negoziati. Nel caso iraniano, gli Stati Uniti, che hanno legalizzato questo strumento con il Patrioct Act, hanno già incluso nel libro nero le banche iraniane Saderat, con la quale il regime di Tehran finanzia gli Hezbollah in Libano, e la banca Sepah, accusata dal ministro del tesoro statunitense di finanziare il programma missilistico nazionale.[10]

A corroborare l’idea che le sanzioni stiano avendo effetto arriva la notizia che l’Iran ha coniato una nuova banconota da 50mila rial, il doppio del più grande taglio attualmente in circolazione, per affrontare le conseguenze di un tasso altissimo di inflazione. Il deprezzamento della valuta iraniana ed il difficile accesso ai capitali hanno scatenato una controversia fra la russa Atomstroyexport ed il governo di Tehran. La compagnia russa, impegnata nella costruzione di uno dei due reattori di Bushehr ha accusato di insolvenza l’Iran ed ha sospeso i lavori in corso.[11] Questa tipologia di sanzioni contribuisce ad isolare il paese bersaglio delle sanzioni, rendendo difficile l’accesso al credito agli imprenditori ed al governo iraniani. Tuttavia, se sono in tanti a vedere il bicchiere mezzo pieno, altrettanti sono quelli che vedono il bicchiere delle sanzioni mezzo vuoto, se non completante vuoto. Ironicamente, proprio l’Unione Europea, che ha messo in gioco molta della sua reputazione nei negoziati con l’Iran, non crede all’efficacia delle sanzioni economiche. Il 13 febbraio scorso, il Financial Times ha pubblicato un documento dell’Unione che azzera le speranze di fermare la corsa iraniana al nucleare: la conclusione è che l’Iran otterrà quello che vuole. Sempre secondo il documento, le sanzioni economiche non hanno ottenuto alcun risultato, ed i ritardi nei progetti iraniani sono dovuti più a problemi tecnici che agli ostacoli posti dall’esterno.[12] 

Molti, convinti che le sanzioni in vigore non abbiano portato ai risultati attesi, chiedono un inasprimento delle misure restrittive contro l’Iran. Fra i maggiori sostenitori di ulteriori sanzioni economiche ci sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Germania, ma anche la Russia e le Nazioni Unite. Gli Stati Uniti premono per una stretta finanziaria che coinvolga anche le banche iraniane Sepah e Sedarat.[13] La Gran Bretagna sostiene misure più severe per aumentare la “pressione pacifica” sul regime degli Ayatollah.[14] La proposta tedesca riguarda invece le persone fisiche coinvolte nei piani nucleari iraniani: l’idea è quella di vietare loro la possibilità di viaggiare in Europa.[15] Anche la Russia ha dato il suo assenso all’inasprimento delle misure contro il regime di Tehran.[16] In definitiva, l’Onu, per voce dell’Aiea e dei cinque membri del consiglio di sicurezza più la Germania, invoca a gran voce ulteriori misure punitive contro l’Iran per il mancato rispetto della risoluzione 1737 votata lo scorso dicembre.[17]


 

[1] Vedere il suo sito personale
[2] Elaine Sciolino e Katrin Bennhold, “Chirac Strays From Assailing a Nuclear Iran,” The New York Times, 1 Febbraio 2007.
[3] Sagan, How to Keep the Bomb From Iran.,  By: Sagan, Scott D., Foreign Affairs, 00157120, Sep/Oct2006, Vol. 85, Issue 5
[4] Organizzazioni coinvolte nel programma di arricchimento dell’uranio (Atomic Energy Organisation of Iran, Mesbah Energy Company (fornitore del reattore A40— Arak), Kala-Electric (aka Kalaye Electric) (fornitore del PFEP — Natanz), Pars Trash Company (impegnata nel programma delle centrifughe, come documentato dall’Aiea), Farayand Technique (impegnata nel programma delle centrifughe, come documentato dall’Aiea), Defence Industries Organisation (centlare per il MODAFL-entità controllote , alcune delle quali subordinate sono coinvolte nelle programma di acquisizione delle centrifughe e dei missili), 7th of Tir (parte del DIO, coinvolto nel programma nucleare). Entità coinvolte nel programma missilistico ((Shahid Hemmat Industrial Group (SHIG) (parte dell’AIO), Shahid Bagheri Industrial Group (SBIG) (parte dell’AIO), Fajr Industrial Group (fu Instrumentation Factory Plant, oggi parte dell’AIO). Persone coinvolte nel programma nucleare (Mohammad Qannadi, Vice Presidente per la R&S dell’AEOI), Behman Asgarpour, Operational Manager (Arak), Dawood Agha-Jani, Capo del PFEP (Natanz), Ehsan Monajemi, Construction Project Manager, Natanz, Jafar Mohammadi, Consigliere Tecnico per l’AEOI (responsabile per la costruzione delle valvole per le centrifughe), Ali Hajinia Leilabadi, Direttore Generale della Mesbah Energy Company, Lt Gen Mohammad Mehdi Nejad Nouri, Rettore della Malek Ashtar University of Defence Technology (dipartimento di chimica, affiliato al MODALF, ha condotto esperimenti con il bedrillio). Persone coinvolte nel programma missilistico (Gen Hosein Salimi, Comandante delle Forza Aeree, IRGC (Pasdaran), Ahmad Vahid Dastjerdi, Capo dell’AIO, Reza-Gholi Esmaeli, Responsabile del Commercio e degli Affari Internazionali dell’AIO, Bahmanyar Morteza Bahmanyar, Responsabile Finanze dell’AIO). Persone coinvolte in entrambi i programmi nucleare e missilistico (Maj Gen Yahya Rahim Safavi, Comandante, IRGC (Pasdaran).
[5] Risoluzione 1737 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
[6] “Iran Leader Calls for Talks but Says Nuclear Work Won't Be Suspended,” The New York Times, 11 Febbraio 2007.
[7] Amir Taheri, “Iran: Looming Economic Crisis,” Arab News, 20 Gennaio 2007.                 
[8] Neil Jr. King, “Dissent in Tehran Buoys West,” Wall Street Journal, 9 Febbraio 2007; Jad Mouawad, “West Adds to Strains on Iran's Lifeline,” The New York Times, 13 Febbraio 2007; “Cracks in Iran; U.S. pressure may be having an impact on the mullahs. If so, the opportunity should be exploited,” The Washington Post, 28 Gennaio 2007; e Kenneth M. Pollack, The Persian Puzzle. The conflict between Iran and America, A Saban Center at Brookings Institution Book, 2004.
[9] “Making Iran pay for its nuclear choice Sticks and carrots are both needed to avoid catastrophe,” Finacial Times, 26 Gennaio 2007.
[10] David Ignatius, “U.S. Sanctions with Teeth,” The Washington Post, 28 Febbraio 2007.
[11] Mark Tran, Cash dispute delays opening of Iranian reactor,” The Guardian, 12 Marzo 2007.
[12] Daniel Dombey e Fidelius Schmid, “Too late to hald Iran’s N-bomb, EU is told,” FinancialTimes, 13 Febbraio 2007.
[13] Daniel Dombey e Stephen Fidler, “US pushes Europe on Iran sanctions,” Financial Times, 25 Gennaio 2007.
[14] Geneviève Roberts, “Hague calls for tough Iran sanctions,” The Independent, 1 Febbraio 2007.
[15] Daniel Dombey e Fidelius Schmid, “Germany Proposes Wider Set of European Sanctions Against Tehran,” Financial Times, 19 Gennaio 2007.
[16] Ian Traynor, “Russia joins west in turning sanctions screw on Iran,” The Guardian, 16 Marzo 2007.
[17]Kim Murphy, “U.N. nuclear agency plans to cancel some aid to Iran,” Los Angeles Times, 10 Febbraio 2007.

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