Naufraghi, il "Lost" della Seconda Repubblica
di Pierluigi Mennitti
[18 apr 07]

Non è appassionante. Non suscita emozioni. Non scalda i cuori. Ma la politica italiana s’è rimessa in movimento. Quella che abbiamo chiamato Seconda Repubblica è definitivamente tramontata nella lunga e drammatica notte elettorale dell’aprile 2006, quello della vittoria di misura di Prodi subito trasformata in un conflitto sordo tra revanscismi: brogli da un lato, brogli dall’altro, pronunciamenti, accuse, recriminazioni, pellicole cinematografiche. Nessuna legittimazione per i vincitori, nessun onore delle armi per gli sconfitti. La morte della Repubblica, almeno di quella che chiamavamo Seconda, s’è consumata, lentamente ma inesorabilmente, nei mesi successivi. Il governo Prodi non s’è corroso per il malgoverno, semplicemente per la consunzione di equilibri politici che duravano da tredici anni ma che non hanno trovato il modo di consolidarsi.

Da quel giorno, da quel 10 aprile, il mondo politico s’è rimesso in movimento. Caotico, incerto tra strappi e allunghi graduali, con leader magari già attempati per la media europea ma ancora sedicenti giovani per l’Italia, eterne promesse in attesa che l’adolescenza passi. Il grande (lungo) freddo prodian-berlusconiano, che ha congelato la politica italiana degli ultimi dieci anni, s’è sciolto in un disgelo, tanto impetuoso quanto (finora) improduttivo. Ha allagato strade e campi affogando il raccolto piuttosto che irrigarlo. La politica in movimento produce congressi rivoluzionari di partiti tuttavia insignificanti. L’Udc e il futuro redidivo Psi fanno grande audience mediatica ma poca sostanza elettorale. Il partito democratico non si sa più che cosa sia, a quali tradizioni si riferisca, quale spazio politico si costruirà: è più interessante seguire le convulsioni degli esclusi, quelle dei socialisti alla ricerca dell’unità perduta, quelle del correntone Ds allergico alle derive centriste, quelle di Rifondazione alla ricerca di un aggettivo che sostituisca l’ormai vetusto “comunista”. Sarà una buffa sinistra, ma almeno sappiamo che avrà il suo posto nella famiglia dei socialisti europei. 

A destra c’era una volta il partito unico. Doveva essere un’aggregazione, poi una federazione, forse una sommatoria, almeno un quotidiano. Non si sa dove sia finito né cosa sarà, se sarà. Un leader (Berlusconi) allergico a designare un delfino, un delfino (Fini) che fatica a caratterizzarsi come leader, un outsider (Casini) che in fondo sogna il ritorno a una balena centrista anche se in versione bonsai: su Repubblica l’hanno chiamata l’aringa bianca, un partito sottile sottile come un pesce sinuoso (però anche viscido), che Casini spera decisivo per nuovi equilibri, chissà quali. E’ iniziata un’ennesima transizione e nessuno sa verso dove. D’altronde non sempre le derive hanno degli approdi. Qualche volta, semplicemente, si naufraga come nel fortunato serial tv Lost. Che almeno è stata una trasmissione di successo.

(c) Ideazione.com (2006)
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