Pari dignità a istruzione e formazione
di Paola Liberace
[12 apr 07]

Pensiero manuale
La scommessa di un sistema educativo
di istruzione e di formazione di pari dignità

   Giuseppe Bertagna
     Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2006
    pp. 442, € 40,50
 

Fermare la “licealizzazione” dell’istruzione: questa la ragione dichiarata dal ministro Giuseppe Fioroni per motivare la recente sospensione della riforma delle scuole superiori, voluta dal suo predecessore Letizia Moratti. Eppure, non si tratta dello stesso rischio già più volte paventato, a partire dalla legge Berlinguer del 2000? E un simile rischio è intrinseco negli intenti e nello spirito della riforma Moratti, o non attiene piuttosto al suo esito ultimo (frutto più di inevitabili compromessi che di decisioni riflesse)? Sono dubbi affrontati in maniera diretta dal libro di Giuseppe Bertagna - uno degli animatori del progetto di riforma, membro dell’originario Gruppo Ristretto di Lavoro sull’istruzione designato dall’ex ministro. Il volume ricopre anzitutto un valore testimoniale, proponendo materiali e documenti variamente pubblicati a far data dal 2002, che ripercorrono l’iter di revisione del sistema educativo, e nel contempo illuminano i suoi presupposti teorici e storici. Da un lato, Bertagna prende le mosse dalla centralità del concetto di persona, fondamento di un modello educativo che rovescia la priorità del sistema tecnologico ed economico rispetto all’uomo che in esso pensa, apprende e agisce («lavoro per la persona, e non la persona per il lavoro» recita il primo dei “livelli essenziali di prestazione” previsti dalla legge Moratti per il sistema di istruzione e formazione professionale regionale). Dall’altro, ricostruendo la travagliata storia del nostro sistema educativo, il volume porta alla luce le radici della tradizionale (e indebita) gerarchizzazione tra due percorsi: un’istruzione socialmente e intellettualmente “alta” – identificata con la liceale – finalizzata al sapere, astratta e disincarnata, versus una formazione professionale, di prestigio sociale e di contenuto fatalmente “inferiori”, intesa a scopi eminentemente pratici – l’inserimento nel mondo lavorativo, visto non come scelta consapevole e valorizzante, ma come il ripiego riservato a chi fallisca nel tentativo di percorrere la prima strada. Una simile secolare mentalità, sanzionata dal regime fascista e sostanzialmente avallata nei decenni successivi, si sposa con un quadro statalista e dirigista che, contraddicendo la Costituzione, ha accentrato la gestione scolastica e irrigidito ancor più lo schema: separazione tra theoria e techne, tra sapere e fare, l’un contro l’altro armati. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il nostro paese avverte nel campo tecnico-scientifico un deficit formativo a tutto detrimento del sistema produttivo, e la scarsa qualità dell’educazione italiana, certificata nel confronto con i dati europei, è prodroma della crisi della ricerca e dell’innovazione che limita competitività e crescita.

Da qui la sfida per la riforma dell’educazione, cui fa cenno il sottotitolo del volume: la transizione dall’ottica gerarchica allo sviluppo di due sistemi, quello dell’istruzione e quello dell’istruzione e formazione professionale – l’uno affidato allo Stato, l’altro alle Regioni – necessariamente di pari dignità, simmetrici e integrati. Una sfida che va pensata in accordo con il panorama più complessivo di riforme istituzionali e strutturali che hanno interessato il nostro paese: da un lato, il nuovo ordinamento dello Stato previsto dalla modifica del titolo V della Costituzione; dall’altro, l’innovativa legislazione sul mondo del lavoro che costò la vita a Marco Biagi. É interessante notare, come rileva Bertagna, che le critiche attirate dalla regionalizzazione del sistema dell’istruzione e formazione professionale non tengono conto del fatto che tanto era già previsto nella riforma costituzionale voluta dal centrosinistra (oltre a tradire la radicata sfiducia verso l’autonomia degli enti locali, frutto del coriaceo vizio dello statalismo). D’altro canto, è emblematico che le manifestazioni studentesche anti-Moratti paventassero nell’alternanza scuola-lavoro (prevista nell’istruzione e formazione professionale come possibile alternativa al tempo pieno in aula) l’anticamera del precariato, obiettivo polemico della stessa ideologia che ha contrastato la riforma del lavoro foriera della maggiore occupazione storicamente mai raggiunta nel nostro paese.

La proposta di ordinamento dei due sistemi confluita nella legge delega 53/03, con le otto tipologie di licei e i quattro tipi di percorsi formativi, tutto intendeva essere, fuorché una reductio ad unum verso il modello liceale – per evitare la quale era stata appunto accantonata la riforma Berlinguer –, o la riproposizione della separatezza gerarchica tra apprendimento e pratica, tanto obsoleta quanto deleteria. Eppure, i successivi decreti legislativi hanno di fatto deviato dagli intenti originari, per virare verso soluzioni dall’impatto politicamente meno dirompente: ad esempio, la reintroduzione di “indirizzi” per i licei artistico, tecnologico ed economico, che avrebbero così assorbito gli istituti tecnici e professionali. Ha avuto gioco facile Fioroni, dunque, nel farsi paladino della lotta alla licealizzazione, rinviando la riforma del secondo ciclo dell’istruzione di un altro anno. D’altro canto, l’abolizione tout court dei licei tecnologico ed economico lascia aperti – oltre gli slogan d’occasione – gli interrogativi sul futuro della formazione professionale del nostro paese, e non sembra offrire risposte all’esigenza di una reale discontinuità rispetto alla tradizione culturale e pedagogica invalsa da oltre un secolo. Crescita della persona; valorizzazione di un paradigma educativo che affianca pensiero, tecnica e manualità; feconda osmosi tra aspirazioni formative e professionali e bisogni del territorio; pieno riconoscimento del valore educativo, non solo produttivo, dell’alternanza tra scuola e lavoro: la riforma appena smantellata, con tutti i suoi limiti, aveva tradotto simili presupposti in un quadro sistematico inedito per la storia dell’Italia repubblicana, mentre attualmente nulla di simile sembra profilarsi all’orizzonte. La scommessa di un sistema educativo di istruzione e formazione di pari dignità, insomma, rimane aperta: in tal senso va decifrata la costante preoccupazione di Bertagna di invitare alla riapertura della discussione, passando «dalla polemica [...] alla comprensione dei problemi sollevati dal processo di riforma».

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