Wind, come ti aggiro il decreto Bersani
di Domenico Naso
[02 apr 07]

Il decreto Bersani, che tra gli altri provvedimenti aboliva i costi di ricarica per la telefonia mobile, sembra aver mostrato i suoi limiti. La norma in questione, infatti, sembra essere stata aggirata attravero una lecita (seppur discutibile) contromisura.

Wind proporrà al Cliente eventuali modifiche del Contratto tramite comunicazione scritta nella fattura successiva o con altro mezzo. Il Cliente potrà accettare le modifiche proposte o recedere dal Contratto, dandone comunicazione a Wind mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, entro 30 (trenta) giorni dalla ricezione della comunicazione di Wind. In difetto di comunicazione da parte del Cliente entro il termine su indicato, le modifiche proposte s’intenderanno accettate.

È l’articolo 2, comma 4, del contratto tra Wind e i suoi utenti di telefonia mobile. Un articolo che ha permesso all’azienda di rivedere recentemente i piani tariffari, allo scopo di recuperare gli introiti persi con il decreto Bersani. Ma i clienti Wind hanno reagito male agli adeguamenti al rialzo dello scatto alla risposta e di altre tariffe telefoniche.

Già quando il decreto Bersani fu approvato Wind non voleva eliminare il costo di ricarica e oggi, di fatto, sta facendo rientrare dalla finestra quanto uscito dalla porta. Queste le cifre dei rincari: 12 centesimi di euro al minuto (con tariffazione a scatti ogni 30 secondi) e uno scatto alla risposta di 16 centesimi (contro i precedenti 15 cent); per ogni Sms, 15 centesimi (contro i 10 cent di prima). Gli aumenti delle tariffe risultano regolari poiché, come dicevamo in apertura, nelle condizioni generali di utilizzo (art. 2.4) il gestore telefonico si riserva il diritto di cambiare i termini del contratto (e quindi delle tariffe) con un preavviso di 30 giorni, entro i quali l’utente può decidere di accettare le modifiche o recedere il contratto. Gli utenti che hanno attivato una scheda di telefonia mobile Wind dopo il 4 marzo, inoltre, non hanno potuto più scegliere una delle tariffe che esistevano in precedenza poiché il gestore aveva approntato nuove tariffe per recuperare quanto perso con la nuova normativa.

La regolarità della mossa di Wind non cambia di una virgola, però, la percezione da parte degli utenti che chiedono l’intervento dell’Authority. Ma anche per quanto riguarda l’attività del Garante per le Telecomuncazioni le polemiche non mancano. Antonio Bosco, delegato telefonia dell’Adiconsum, definisce l’Agcom (Autorità per la Garanzia nelle Telecomunicazioni) “un’Authority senza autorevolezza. Cheli prima e Calabrò poi non hanno voluto o potuto combattere un cartello che arriva persino a stabilire, tramite accordo tra i gestori, il numero massimo di number portability quotidiani”.

Le associazioni a difesa dei consumatori sono sul piede di guerra e cercano di sopperire alla scarsa vigilanza dell’Authority e del governo sugli effetti del decreto Bersani. E gli stessi utenti non stanno certo a guardare. Sul sito dell’Adiconsum, nello spazio riservato ai commenti dei visitatori, sono già centinaia le persone che si lamentano e minacciano di cambiare gestore nei prossimi giorni.

L’iniziativa di Wind volta a recuperare quello che aveva perso con l’eliminazione dei costi di ricarica rischia dunque di trasformarsi in un boomerang. Se è vero che quello che è uscito dalla porta rientra dalla finestra, è altrettanto vero che molto di più potrebbe svanire nel nulla se le minacce di abbandono degli utenti si tradurranno in realtà. Anche Paolo Landi, segretario generale Adiconsum, è recentemente intervenuto con un video sul sito della sua associazione, affermando che “le proteste sono giustificate, ma purtroppo la legge consente di modificare un piano tariffario con l'unico obbligo di un preavviso di 30 giorni”.

Cosa possono fare i consumatori, dunque? Ben poco, purtroppo. La regolarità dell’azione di Wind mette a riparo l’azienda da qualsiasi iniziativa dell’Authority. L’inghippo, se così si può chiamare, nasce da una particolarità dei contratti di telefonia mobile, che non prevedono il mantenimento inalterato delle condizioni contrattuali (e quindi anche delle tariffe) per 12 mesi. Durante la discussione sul decreto Bersani era stata proprio l’Adiconsum a proporre un emendamento in tal senso, purtroppo senza successo.

L’intricata questione Wind alla fine sembra scontentare proprio tutti: gli utenti scontenti dovranno cambiare operatore, l’Authority si troverà a dover affrontare ancora una volta la propria impotenza nei confronti di casi del genere e la stessa Wind, che aveva tentato di recuperare almeno parte degli introiti persi con l’approvazione delel nuove normative, rischia di perdere un numero considerevole di clienti.
Molto verosimilmente tutto questo non sarebbe successo se per una volta nel nostro paese le regole fossero state chiare e rispettose dei diritti di tutti.

(c) Ideazione.com (2006)
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