Il decreto Bersani, che tra gli altri
provvedimenti aboliva i costi di ricarica per la telefonia mobile,
sembra aver mostrato i suoi limiti. La norma in questione, infatti,
sembra essere stata aggirata attravero una lecita (seppur
discutibile) contromisura.
Wind proporrà al Cliente eventuali modifiche del Contratto tramite comunicazione scritta nella fattura successiva o con altro mezzo. Il Cliente potrà accettare le modifiche proposte o recedere dal Contratto, dandone comunicazione a Wind mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, entro 30 (trenta) giorni dalla ricezione della comunicazione di Wind. In difetto di comunicazione da parte del Cliente entro il termine su indicato, le modifiche proposte s’intenderanno accettate.
È l’articolo 2, comma 4, del contratto tra Wind e i suoi utenti di telefonia mobile. Un articolo che ha permesso all’azienda di rivedere recentemente i piani tariffari, allo scopo di recuperare gli introiti persi con il decreto Bersani. Ma i clienti Wind hanno reagito male agli adeguamenti al rialzo dello scatto alla risposta e di altre tariffe telefoniche.
Già quando il
decreto Bersani fu approvato Wind non voleva eliminare il costo di
ricarica e oggi, di fatto, sta facendo rientrare dalla finestra
quanto uscito dalla porta. Queste le cifre dei rincari: 12 centesimi
di euro al minuto (con tariffazione a scatti ogni 30 secondi) e uno
scatto alla risposta di 16 centesimi (contro i precedenti 15 cent);
per ogni Sms, 15 centesimi (contro i 10 cent di prima). Gli
aumenti delle tariffe risultano regolari poiché, come dicevamo in
apertura, nelle condizioni generali di utilizzo (art. 2.4) il
gestore telefonico si riserva il diritto di cambiare i termini del
contratto (e quindi delle tariffe) con un preavviso di 30 giorni,
entro i quali l’utente può decidere di accettare le modifiche o
recedere il contratto. Gli utenti che hanno attivato una scheda di
telefonia mobile Wind dopo il 4 marzo, inoltre, non hanno potuto più
scegliere una delle tariffe che esistevano in precedenza poiché il
gestore aveva approntato nuove tariffe per recuperare quanto perso
con la nuova normativa.
La regolarità
della mossa di Wind non cambia di una virgola, però, la percezione
da parte degli utenti che chiedono l’intervento dell’Authority. Ma
anche per quanto riguarda l’attività del Garante per le
Telecomuncazioni le polemiche non mancano. Antonio Bosco, delegato
telefonia dell’Adiconsum, definisce l’Agcom (Autorità per la
Garanzia nelle Telecomunicazioni) “un’Authority senza autorevolezza.
Cheli prima e Calabrò poi non hanno voluto o potuto combattere un
cartello che arriva persino a stabilire, tramite accordo tra i
gestori, il numero massimo di number portability quotidiani”.
Le associazioni a difesa dei consumatori sono sul piede di guerra e cercano di sopperire alla scarsa vigilanza dell’Authority e del governo sugli effetti del decreto Bersani. E gli stessi utenti non stanno certo a guardare. Sul sito dell’Adiconsum, nello spazio riservato ai commenti dei visitatori, sono già centinaia le persone che si lamentano e minacciano di cambiare gestore nei prossimi giorni.
L’iniziativa
di Wind volta a recuperare quello che aveva perso con l’eliminazione
dei costi di ricarica rischia dunque di trasformarsi in un
boomerang. Se è vero che quello che è uscito dalla porta rientra
dalla finestra, è altrettanto vero che molto di più potrebbe svanire
nel nulla se le minacce di abbandono degli utenti si tradurranno in
realtà. Anche Paolo Landi, segretario generale Adiconsum, è
recentemente intervenuto con un video sul sito della sua
associazione, affermando che “le
proteste sono giustificate, ma purtroppo la legge consente di
modificare un piano tariffario con l'unico obbligo di un preavviso
di 30 giorni”.
Cosa possono fare i consumatori, dunque? Ben poco, purtroppo. La regolarità dell’azione di Wind mette a riparo l’azienda da qualsiasi iniziativa dell’Authority. L’inghippo, se così si può chiamare, nasce da una particolarità dei contratti di telefonia mobile, che non prevedono il mantenimento inalterato delle condizioni contrattuali (e quindi anche delle tariffe) per 12 mesi. Durante la discussione sul decreto Bersani era stata proprio l’Adiconsum a proporre un emendamento in tal senso, purtroppo senza successo.
L’intricata questione Wind alla fine sembra scontentare proprio
tutti: gli utenti scontenti dovranno cambiare operatore, l’Authority
si troverà a dover affrontare ancora una volta la propria impotenza
nei confronti di casi del genere e la stessa Wind, che aveva tentato
di recuperare almeno parte degli introiti persi con l’approvazione
delel nuove normative, rischia di perdere un numero considerevole di
clienti.
Molto verosimilmente tutto questo non sarebbe successo se per una
volta nel nostro paese le regole fossero state chiare e rispettose
dei diritti di tutti.
(c)
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