Iran, è l'ora delle sanzioni intelligenti
di Francesco Giumelli
[30 mar 07]

1. C'erano una volta le sanzioni economiche
Dopo mesi di dibattiti e minacce, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso all’unanimità di imporre sanzioni contro l’Iran: il regime di Tehran è accusato di non collaborare con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) in merito ai propri piani nucleari. L’Iran è intenzionato a sviluppare impianti per la produzione di energia nucleare che, secondo il governo iraniano, sarebbe utilizzata solo a scopi civili. Tuttavia, visto che la tecnologia nucleare è facilmente convertibile da fini civili a militari, esiste il timore che il vero obiettivo del regime degli Ayatollah sia quello di ottenere l’arma atomica. Questi sospetti sembrano trovare conferme nel comportamento poco trasparente adottato dall’Iran nei confronti dell’Aiea. Per questa ragione la risoluzione 1737, approvata dal Consiglio di Sicurezza lo scorso 23 dicembre, condanna il comportamento iraniano e vieta ai membri delle Nazioni Unite di fornire beni e servizi all’Iran che possano contribuire al processo di arricchimento dell’uranio, passaggio fondamentale per la produzione di energia atomica.

Le sanzioni imposte contro il regime di Tehran sono state definite “intelligenti.” Perché? Cosa hanno di diverso dalle sanzioni “normali”? Rappresentano una novità nel panorama internazionale? Perché adottare misure di questo tipo e non altre? L’obiettivo di questo articolo è rispondere a tutte queste domande e trarre alcune considerazioni sull’efficacia delle sanzioni “intelligenti” alla luce del caso iraniano. La tesi di chi scrive è che le sanzioni intelligenti non rappresentino una soluzione a tutti i mali, ma possano offrire alle Nazioni Unite uno strumento diplomatico che comporta un duplice vantaggio: da una parte, le sanzioni intelligenti impongono un costo ai responsabili di azioni che minacciano la pace e la stabilità internazionale (ad esempio, governanti, capi di Stato, ma anche aziende, partiti, e così via); dall’altra parte, il costo umanitario delle sanzioni economiche, diventato un problema rilevante soprattutto dopo il caso iracheno negli anni ’90,(1) è ridotto visto che i bersagli delle misure restrittive sono persone fisiche o entità circoscritte all’interno dello Stato oggetto di sanzioni (che d’ora in poi definiremo anche bersaglio, mentre l’attore che impone le sanzioni sarà definito mittente).(2) In breve, le sanzioni intelligenti rappresentano un valido, e forse l’unico, strumento per affrontare il problema delle velleità nucleari iraniane.

L’articolo che Ideazione.com pubblicherà “a puntate”, è diviso in cinque parti. La prima parte presenta la storia delle sanzioni economiche e il loro. La seconda parte è una rassegna dei principali studi fatti sulle sanzioni economiche. La terza parte introduce il concetto delle sanzioni intelligenti e spiega perché vengono definite in questo modo. La quarte parte affronta il caso iraniano ed entra nei dettagli delle sanzioni imposte dall’ONU con la Risoluzione 1737. Infine, la conclusione riassume brevemente le tesi dell’articolo e definisce alcune linee guida per determinare il successo delle sanzioni intelligenti.

Le sanzioni economiche: un po' di storia
Le sanzioni economiche non sono certo nuove del sistema internazionale. Il primo episodio documentato precede la guerra del Peloponneso, più di 2400 anni fa, quando Atene, nell’inverno del 433 a.C., decise di chiudere tutti i suoi porti alla piccola città filospartana di Megara, la quale si era rifiutata di entrare a far parte della Lega di Delo.

Oltre ai blocchi commerciali, esempi classici di sanzioni economiche sono gli assedi: Gerusalemme, Rouen, Baghdad, ma anche stati più grandi come Francia e Gran Bretagna sono stati soggetti a restrizioni economiche da parte dei loro avversari.(3)

L’Istituto di Economia Internazionale di Washington ha rilevato più di 200 episodi di sanzioni economiche solo nel Ventesimo secolo, il che dimostra come questo strumento di politica estera abbia ricevuto notevoli attenzioni dai leaders politici. Inoltre, la fine della guerra fredda è stata accompagnata da un considerevole intensificarsi di questa pratica: se le Nazioni Unite avevano imposto sanzioni economiche solo due volte fino al 1989 – in Rodesia nel 1965 ed in Sudafrica negli anni ’80 – dal crollo del muro di Berlino fino al 2000 il Consiglio di Sicurezza ha approvato ben dodici provvedimenti restrittivi.(4)

Ma quale logica sta dietro alle sanzioni economiche? Perché sono preferite ad altri strumenti coercitivi? Le sanzioni economiche hanno due obiettivi. Primo, causare un danno economico al bersaglio per indebolirlo nella volontà e nei mezzi per perseguire i propri obiettivi. Secondo, minare il consenso di cui godono i regimi politici attraverso il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni che li sostengono.(5)

Uno dei contributi più noti alla retorica sulle sanzioni economiche viene dal presidente americano Wilson subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Inaugurando una nuova stagione di pace fra gli Stati, Wilson si riferì alle sanzioni economiche come un “pacifico, e silenzioso rimedio” ai conflitti internazionali.(6) Ma è veramente così? Cosa abbiamo imparato dai passati casi di sanzioni economiche?

 


 

[1] David Lektzian, “Making Sanctions Smarter: Are Humanitarian Costs an Essential Element in the Success of Sanctions?” Norwegian Red Cross and International Peace Research Institute, Oslo, 2003.

[2] Dalla letteratura specialistica, si definisce sender lo stato che impone le sanzioni e target lo stato che ne è oggetto. Da questi, le traduzioni di mittente e bersaglio. Per la terminologia utilizzata, vedere Johan Galtung, “On the Effects of International Economic Sanctions, with Examples from the Case of Rhodesia,” World Politics 19, Aprile 1967.

[3] Hossein G. Ascari, John Forrer, Hildy Teegen, e Jiawen Yang, Economic Sanctions. Examining Their Philosophy and Efficacy, Westport, Connecticut London: Praeger, 2003, 6.

[4] Kimberly Ann Elliott, Economic Sanctions as a Foreign Policy Tool. Presentazione in Powerpoint per The Institute for International Economics and the Center for Global Development, Washington DC, Aprile 2006, disponibile su http://www.iie.com/publications/papers/elliott0406.pdf.

[5] Per utilizzare il linguaggio delle Nazioni Unite, le quali trovano fondamento legale delle sanzioni economiche nel Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.

[6] Hamilton Foley, Woodrow Wilson’s Case for the League of Nations, Princeton: Princeon University Press, 1923, p. 71.

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