Mubarak blinda il regime
di Federico Punzi
[28 mar 07]

L'Egitto sempre più stretto nella morsa tra integralismo islamico e autocrazia. Il presidente Mubarak sembra avere scelto la strada sbagliata, quella della repressione, che genera altro integralismo, ma soprattutto che ritarda l'emergere di voci liberali e riformatrici nel dibattito politico e di un'opinione pubblica correttamente informata. È, alla lunga, la scelta perdente. 

Nel referendum tenutosi lunedì scorso sulle modifiche costituzionali ha prevalso il sì, con il 76 per cento dei voti. Ma si è trattato di un referendum farsa, organizzato una sola settimana dopo l'approvazione di ben 34 emendamenti da parte del Parlamento. Nonostante la campagna mediatica del governo e la repressione delle opposizioni, che invece invitavano a boicottare la consultazione, secondo i dati ufficiali l'affluenza è stata del 27 per cento, anche se in realtà non avrebbe superato il 5-10 per cento, secondo il politologo Diaa Rashwan, del Centro studi politici e strategici Ahram del Cairo, e altri osservatori indipendenti. Una pesante sconfitta per il regime. È come se gli egiziani percepissero di non contare nulla. 

Gli Stati Uniti seguono da vicino la situazione, come si deve fare nei confronti di un paese centrale per gli equilibri dell'intero Medio Oriente, ma mantengono un basso profilo, non alzano la voce. Realmente preoccupata Condoleezza Rice: "Ho espresso le mie preoccupazioni, e le mie speranze per la continuazione del processo di riforme in Egitto", ha dichiarato il segretario di Stato dopo il suo incontro con il presidente egiziano. "Il processo di riforme è difficile e necessariamente ha degli alti e bassi". Sono stati modificati articoli riguardanti l'assetto economico-sociale, per superare l'ispirazione socialista del nasserismo, e sono stati posti ulteriori limiti ai diritti politici, alla libertà d'espressione e alle garanzie individuali in nome della sicurezza.

In particolare, il nuovo sistema elettorale, basato su liste di partito, sbarra la strada ai candidati indipendenti (articolo 62). Ciò non permetterà di candidarsi a esponenti di partiti messi fuori legge, come i Fratelli Musulmani e il liberale Al Ghad. A controllare la regolarità delle elezioni non saranno più i giudici, che in precedenza avevano dato prova di una certa indipendenza, ma appositi comitati definiti "indipendenti" ma di nomina governativa. "I giudici si lavano le mani dei risultati del referendum", ha dichiarato il portavoce del Club dei giudici (che raccoglie 10.000 iscritti), Ahmed Sabr, "Noi non saremo più l'albero che nasconde la foresta". Il vicepresidente della Corte di Cassazione, Ahmed Mekki, ha spiegato che "tutta la filosofia degli emendamenti costituzionali è basata sull'impedimento di un cambiamento del potere attraverso le elezioni ed in questo caso i giudici preferiscono allontanarsene e rifiutare di essere uno strumento di inganno". 

Il nuovo articolo 5 proibisce l'attività politica e l'istituzione di partiti "con base o orientamento religioso", misura che intende colpire il movimento islamico integralista dei Fratelli musulmani. In atto la chiusura anche dei siti di alcune organizzazioni per i diritti umani e la repressione dei blogger egiziani, punte di diamante del dissenso su internet in Medio Oriente. Tristemente famoso il caso del blogger ventiduenne conosciuto con lo pseudonimo di Karim Amer, tuttora nelle carceri egiziane per aver scritto di democrazia e diritti delle donne.

Le leggi d'emergenza entrate in vigore dopo l'assassinio di Sadat, nel 1981, vengono assorbite in un nuovo articolo costituzionale anti-terrorismo (179), che rischia di trasformare l'Egitto in un vero e proprio Stato di polizia: consente di condurre arresti, perquisizioni e intercettazioni senza man­dato nelle inchieste contro il terrorismo e permette di processare i sospettati in tribunali militari. 

Dura e compatta è stata la contestazione da parte di tutte le opposizioni e le Ong internazionali. Al Cairo, alla vigilia del voto, una manifestazione del principale cartello delle opposizioni, Kifaya (Basta), contro le modifiche costituzionali è stata dispersa dalla polizia. Centinaia di agenti sono intervenuti violentemente contro gruppi di dimostranti, con decine di arresti. "Nel tentativo di mettere sotto silenzio qualsiasi forma di opposizione agli emendamenti costituzionali imposti dal regime, le forze di sicurezza stanno usando la mano pesante nei confronti del partito Al Ghad", recita una nota del partito liberale. La sua sede principale e quella del sindacato dei giornalisti sono state messe sotto stretto controllo per ore e numerosi membri di Al Ghad sono stati aggrediti e arrestati. Il leader, Ayman Nour, è ancora in prigione. "Il regime sta cercando di spingere infrazioni illegali delle libertà civili nella gola di una nazione arrabbiata e di rendere costituzionale uno stato d'emergenza perenne, cosa che spinge l'Egitto su una strada pericolosa”, conclude il comunicato.

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