L'Unione e il fallimento della sua politica estera
di Rodolfo Bastianelli
[12 feb 07]

Con grande irritazione, Francesco Rutelli ha accusato gli esponenti della sinistra radicale di aver superato il limite con il comportamento tenuto al Senato in occasione del dibattito sull’ampliamento della base militare americana di Vicenza il limite, dichiarando inoltre come ormai sia necessario un chiarimento all’interno della maggioranza. Quello che però stupisce nelle affermazioni del vicepresidente del Consiglio non è tanto l’aver riconosciuto l’esistenza di posizioni estremiste all’interno dell’Unione, ma l’essersi accorto solo ora di come i loro atteggiamenti irresponsabili pongano il governo nella condizione di non avere una maggioranza autonoma nel campo della politica estera e della difesa. In queste ultime settimane è apparso evidente come l’esecutivo proceda nella più totale confusione: se da un lato, infatti, ha ribadito come l’alleanza con gli Stati Uniti costituisca il pilastro delle nostre relazioni internazionali, dall’altro ha continuato a correre dietro agli ambienti della sinistra pacifista proponendo per ogni problema la convocazione di conferenze internazionali in nome di un ritrovato multilateralismo oppure arrivando addirittura a non appoggiare le dichiarazioni del proprio ministro della Difesa nel maldestro tentativo di non approfondire e rendere insanabili le spaccature tra le due ali della maggioranza.

La politica estera è però un argomento troppo serio per essere gestita a colpi di tattiche parlamentari. E’ infatti la fonte principale della credibilità di qualsiasi governo. Proprio per questo l’Unione dovrebbe spiegare come mai solo in Italia in una coalizione di centrosinistra trovano spazio partiti che fanno viaggi o a Cuba, in Corea del Nord oppure in Libano per incontrare i dirigenti di Hezbollah, come mai solo da noi nella maggioranza vi sono esponenti che ancora si entusiasmano per i leader populisti sudamericani in nome del terzomondismo e usano un linguaggio altrove relegato a semplice antiquariato politico.  Ma soprattutto Prodi e il centrosinistra dovrebbero domandarsi se l’aver aperto l’alleanza ai partiti della sinistra più oltranzista non abbia incrinato l’immagine internazionale dell’Italia, che oggi rischia seriamente di tornare ad essere considerata come un paese inaffidabile guidato da un governo condizionato dagli ultimi nostalgici del comunismo.

Senza dubbio per il centrosinistra il quadro sarebbe stato diverso se i risultati elettorali avessero rispettato le previsioni dei sondaggi. Ma nei paesi normali, di fronte ad un risultato di parità, i due schieramenti non si aprono alle forze estreme ma cercano di raggiungere un’intesa di governo condividendone i principi fondamentali, tra i quali vi è la politica estera. In Italia, invece, l’Unione ha deciso di allearsi con le forze della sinistra antagonista, pur conoscendone gli atteggiamenti antioccidentali e l’ostilità al sistema di alleanze alle quali è legato il nostro paese. Ed ora il risultato di questa scelta è sotto gli occhi di tutti.

La delicata situazione in Medio Oriente ed in tante altre aree del pianeta richiede la massima attenzione da parte del governo. Prodi non solo deve fare chiarezza dichiarando  qual è la maggioranza che lo sostiene nelle scelte di politica estera, ma soprattutto deve illustrare quale sia oggi la posizione internazionale dell’Italia dicendo se siamo ancora a fianco dei nostri alleati tradizionali. Perché nessuno sente la mancanza di utopie rivoluzionarie e di nostalgie terzomondiste stile anni Settanta.

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