E' morto Markus Wolf, l'uomo senza volto
di Pierluigi Mennitti
[09 nov 06]

Curioso quando il destino bussa alla tua porta. E per Markus Wolf, in arte Misha, l'uomo senza volto, il più straordinario, feroce, inafferrabile, intelligente spione della guerra fredda, morire nella sua casa di Berlino la notte del 9 novembre, nel diciassettesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, deve essere stato proprio un segno del destino. Uno di quegli avvenimenti che chiudono spettacolarmente e perfettamente il cerchio della propria vita. Si rischia di scivolare nella letteratura, descrivendo la storia di questo personaggio chiave del mondo segreto e misterioso che ha sostanziato di delitti, intromissioni, assassini quarant'anni di un confronto mai sfociato in una guerra aperta. Si rischia di restare affascinati dall'intelligenza diabolica del nemico. Specie se questo nemico si chiamava Markus Wolf.

Questa notte Misha se n'è andato con i suoi segreti più intimi, quelli che non ha voluto e potuto confessare neppure nei suoi libri di memorie, scritti quando ormai il mondo che aveva servito e l'ideologia alla quale aveva sacrificato la propria vita, il proprio lavoro – e la vita e il lavoro delle tante persone da lui disintegrate – erano caduti, sconfitti, finiti. Entro i limiti del suo ruolo, non è mai stato un bastardo però, uno alla Erich Mielke, per intenderci, il capo della Stasi. La sua figura è sempre stata avvolta da un alone di idealismo romantico, complice anche la creazione di personaggi letterari come il Karla del romanzo La talpa di John Le Carré.

«E' morto serenamente nel suo letto all'età di 83 anni», ci dicono le cronache odierne da Berlino. Per ventinove, dal 1958 al 1987 aveva diretto i servizi di informazione all'estero della Germania comunista, alla testa di quattromila agenti sparsi in ogni angolo del pianeta. Ma i suoi capolavori li aveva realizzati soprattutto in patria. Come quando riuscì a infiltrare a fianco del cancelliere tedesco occidentale Willy Brandt un suo uomo, quel Günter Guillaume, capo della segreteria di Brandt che venne poi scoperto nel 1974 e arrestato assieme alla moglie Kristel: erano da diciassette anni alle dipendenze di Wolf. Per molti anni l’intelligence della DDR aveva avuto accesso al luogo più intimo del potere tedesco-occidentale. Poi Guillaume venne scoperto, Brandt fu costretto a dimettersi e Misha perse il suo aggancio più prezioso oltre al cancelliere che con la sua Ostpolitik aveva allentato il confronto (economicamente disastroso per la DDR) fra le due Germanie. Era stato comunque un capolavoro, ma Wolf, che era un perfezionista, la considerò una sconfitta.

Molte analisi e le testimonianze dirette di Wolf dopo la caduta del regime comunista hanno gettato una luce diversa sul suo ruolo negli anni della perestroijka. Oggi si ritiene che Wolf abbia fatto parte di un gruppo, se possibile, progressista, più legato al destini del comunismo internazionale che a quelle del suo paese: un gruppo che accompagnò le riforme gorbacioviane con la convinzione che sarebbero state l'unica possibilità per salvare il sistema. Wolf entrò nel grande gioco della politica interna di quegli anni, illudendosi che il riformismo avrebbe potuto salvare il comunismo dal crollo. Per questo entrò in conflitto con la dirigenza conservatrice della DDR. Per questo fu estromesso nel 1987 da Erich Honecker. Per questo, dopo un paio di anni di latitanza, fece rientro nella nuova Germania riunificata usufruendo di una strana indulgenza e ottenendo il «non luogo a procedere». Nonostante una sua certa ritrosia, è divenuto negli anni un personaggio amato dagli storici e dai giornalisti. Scrittore raffinato, ha messo su carta le sue memorie, ha rilasciato lunghe interviste, si è concesso anche qualche divertissement tra spionaggio e buona cucina raccontando le bontà della tavola russa. Agli storici il compito di valutarle, soppesarle e fornirci un quadro obiettivo del suo ruolo nella storia tragica e grandiosa del nostro Novecento.

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