Turchia, i dubbi di Bruxelles
di Alessandro Marrone
[06 nov 06]

Si avvicina il 28 novembre, data di partenza del Papa per la Turchia, e crescono le preoccupazioni: il 2 novembre gli spari al consolato italiano a Istanbul, poi la notizia che i servizi di sicurezza turchi e vaticani simuleranno attacchi terroristici nei luoghi che visiterà il Pontefice.

Il primo viaggio del Papa in un paese musulmano, in questi anni di tensioni interreligiose e internazionali, non poteva non incontrare ostacoli variegati e complessi. Spicca ad esempio la posizione del governo turco: il premier Erdogan, leader di un partito dal forte carattere religioso ma al tempo stesso primo sostenitore dell’ingresso della Turchia nella laica Ue, negli stessi giorni in cui il Papa arriverà in Turchia andrà all’estero. Benchè l’invito a Benedetto XVI sia stato fatto dal presidente della Repubblica turca, che riceverà il Pontefice, l’assenza del premier pesa sul piano politico e diplomatico. Lo sgarbo poteva segnare uno strappo grave, solo in parte ricucito dalla motivazione addotta per l’assenza: il 28 e il 29 Novembre si terrà un importante vertice della Nato a Riga, in Lettonia, con i ministri degli Esteri e della Difesa di tutti i paesi membri e alcuni importanti capi di governo, e l’Alleanza Atlantica è da sempre uno degli assi portanti della politica estera turca. Tuttavia non sfugge che il Pontefice sarà in Turchia anche il 30 novembre ed il 1 dicembre, a vertice Nato concluso, ma non sono comunque previsti incontri tra Erdogan e Benedetto XVI.

Il viaggio del Papa avviene in un momento particolarmente difficile dei lunghi negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. La sua candidatura è stata riconosciuta solo nel 1999, e i negoziati sono iniziati nell’ottobre 2005 dopo che l’Ue aveva affermato che con le riforme avviate erano “sufficientemente soddisfatti” i criteri relativi a diritti umani e democrazia. La Turchia fatica però a raggiungere tutti gli obiettivi, compreso quello della libertà religiosa tornata al centro dell’attenzione con il viaggio del Papa: la Costituzione sancisce la libertà di culto ma la legge non ne garantisce il completo esplicamento, e quindi la Commissione europea ha chiesto esplicitamente che fossero rimossi tutti gli ostacoli “per consentire l’effettiva libertà di religione sia per l’individuo che per le comunità”. Rimane aperta e dolorosa per l’opinione pubblica turca la questione di Cipro: i turco-ciprioti avevano approvato con referendum il Piano Annan per la riunificazione, i greco ciprioti l’aveano bocciato ma il loro Stato è entrato nell’Ue mentre la Turchia è da anni sulla soglia. Così oggi la chiusura dei porti turchi alle navi cipriote è solo l’ennesimo sintomo di un irrigidimento di Ankara: secondo l’ultimo sondaggio i favorevoli all’ingresso nell’Ue sono scesi dal 70 per cento al 50 per cento della popolazione.

Tale irrigidimento può essere collegato alle difficoltà dei negoziati con l’Ue, che alcuni imputano alla volontà franco-tedesca di giungere a una sospensione degli stessi. E’ indubbio che la legge approvata dall’Assemblea nazionale francese che rende reato la negazione del genocidio armeno, operato dai turchi dopo la prima guerra mondiale, complichi i rapporti con Ankara. Il freno francese al negoziato con la Turchia è solo in parte bilanciato dall’aperto sostegno del governo inglese, che tramite il ministro degli Esteri Jack Straw giudica l’allargamento alla Turchia “una occasione storica”, e mette in guardia dalla crisi che potrebbe aprire una sospensione dei negoziati.

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