
 
      Sei ore di interrogatorio, per Marco Mancini, di fronte ai magistrati milanesi. 
      Il vice capo del Sismi, accusato di concorso nel sequestro di persona aggravato 
      (la vittima sarebbe l’ex imam di viale Jenner, Abu Omar, arrestato 
      a Milano da agenti della CIA e consegnato alle autorità egiziane), 
      ha finora negato le sue presunte responsabilità. Contemporaneamentesi 
      è svolto l’interrogatorio del vicedirettore di Libero, Renato 
      Farina, accusato di favoreggiamento. 
 
      La 
      situazione pone essenzialmente un problema: quale immagine l’Italia 
      intende dare di sé nel contesto della lotta al terrorismo. Non è 
      futile. Mettendo sotto accusa un uomo come Mancini, che è stato strettissimo 
      collaboratore di Calipari, e che con lui ha partecipato al riscatto della 
      giornalista Giuliana Sgrena, la procura milanese comunica un messaggio a 
      dir poco ambiguo sul comportamento da tenere in un paese che ha scelto di 
      appoggiare la guerra al terrorismo del presidente Bush, paese, occorre ricordarlo 
      - più volte minacciato da Osama Bin Laden e dai suoi. 
 
      Non 
      sbaglia il Dottor Sottile, Giuliano Amato, a ricordare che sì, i 
      compiti dei servizi segreti necessitano di una nuova definizione, ma che 
      le renditions (che a molti possono sembrare una violazione dei diritti fondamentali), 
      realizzate per mezzo di collaborazioni tra servizi segreti, sono operazioni 
      di polizia internazionale. E che appunto altro fine non hanno che quello 
      della sicurezza. Il che è esattamente, come sottolinea Giuliano Ferrara, 
      tutto quello che della politica si sa, ma non si può dire, fondamentalmente 
      a causa di pregiudizi moralistici. 
 
      Stupisce 
      allora che la stessa Unione Europea incappi in queste stesse contraddizioni. 
      Strasburgo ha infatti chiesto al governo Prodi di estradare i 22 agenti 
      dei servizi segreti americani coinvolti nel rapimento di Omar, affermando 
      contemporaneamente che non è possibile difendersi dal terrorismo 
      applicando procedimenti di giustizia sommaria. A osservare la carta delle 
      presunte località associate alle renditions -da Aviano allo Shannon 
      Airport, da Guantanamo a Baku- i paesi “che non potevano sapere” 
      sembrano molteplici. Ma in ogni caso, non si può pretendere che i 
      servizi segreti operino alla luce del sole. 
 
      Alla 
      luce di una contraddizione così macroscopica, i legali di Abu Omar 
      faranno causa a Berlusconi. La sinistra dimentica in un sol colpo di aver 
      acclamato l’intelligence per più di cinque anni come unica 
      soluzione al problema del terrorismo, e ora che è al potere, improvvisamente 
      cambia le carte in tavola. Ma così facendo, si cade in quella pericolosa 
      pigrizia mentale che è equiparare i terroristi agli agenti, chi distrugge 
      e chi difende. Il messaggio che si comunica è uno solo: mollezza. 
      Se invece di fare chiarezza arriveremo a condannare i servizi segreti, allora 
      ha ragione Cossiga: aspettiamoci le congratulazioni di Bin Laden.
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