Dino Buzzati, un borghese grande grande

Lessico
di Dino Buzzati
Ideazione di novembre-dicembre 2006

«Non ho mai fatto il fattorino, non ho mai fatto lavori manuali… Sono un borghese tipico» 

«Io certe volte mi vesto così non dico in senso polemico (anche un po’, però…), ma per un amore conservativo delle vecchie cose […] Sta molto meglio quello col colletto duro. Fisicamente sta meglio»

«Uno che tiene duro e rimane collet monté anche quando viene la tragedia a me piace moltissimo. In questo sono molto conservatore. In questo sono militarista»

«Complessivamente sono un conservatore. Non è che sia pago del presente ma sono convinto che l’umanità del Tremila non sarà per niente più felice»

«Per quello che conosco io il primo grande contestatore è stato Gesù Cristo, e poi ci sono le morali di carattere marxista, ma il marxismo non mi piace perché in pratica è una morale basata sull’odio […] tant’è vero che la base di tutto quanto (la rivoluzione loro…) è l’odio di classe […] Che senso ha una classe che “odia”?... Perché un povero deve odiarmi? […] io personalmente come borghese non ho il minimo rimorso»

«La stessa cosa della contestazione globale mi sembra […] una cretineria bella e buona. Che significa? Se si tratta di cambiare il mondo, […] non è necessario farsi crescere la barba, posare da anarchici, invocare il nome di Mao o quello di Bakunin […]. Basterebbe una cosa piccolissima: scendere tutti in piazza e mettersi a fare la rivoluzione sul serio. Ma chi la vorrebbe davvero, oggi, la rivoluzione?»

«Io capisco che uno si tenga una barbetta per non aver la noia – che è una grossa noia – di farsi la barba tutte le mattine, ma questi barboni profetici, che hanno poi l’aria di reprimere il vizio negli altri, di rimproverare loro una vita immorale, no, io non li posso tollerare…»

«Tutti gli scrittori e gli artisti nella loro vita, per lunga che sia, dicono ciascuno una cosa sola! Chi con grande respiro, chi con esile fiato, ma sono sempre identici a se stessi»

«Quando scrivo la mia massima preoccupazione è di non rompere l’anima al lettore. Sono del parere di Voltaire: qualsiasi genere letterario è ammissibile tranne il genere noioso»

«Essere sinceri fino al punto da toccare di se stessi quel quid che è comune a tutti gli uomini. È il gran problema dell’arte. È tutto lì»

«Il fantastico deve sboccare su una forma di realtà. Se no si spappola. Il fantastico che funziona artisticamente è proprio quello che è rappresentato in una forma quanto più possibile reale»

«La poesia prima di tutto è uno sprigionamento di energie fisiche. Un uomo che sta veramente male non fa nulla. Non ci credo. […] Leopardi, che era un uomo malaticcio, soprattutto negli ultimi anni della sua vita […] io sono convinto che quando faceva quelle belle poesie stava benissimo. […] È vita, la poesia!»

«È chiaro che quei personaggi che sono impavidi e duri di fronte alle avversità del destino, di doti artistiche ce ne avranno ben poche, automaticamente…»

«Faccio un lavoro di giornalista, cioè cerco di spiegare al pubblico certi fenomeni dell’arte moderna, e m’illudo di riuscire a farlo molto meglio di tanti professori d’Università e di storia dell’arte. Perché io so scrivere, mentre loro non sanno scrivere. In italiano, s’intende...»

«I massimi piaceri che ho avuto li ho avuti nella mia testa, non c’è ombra di dubbio… Intendo – sia ben chiaro – senza nessun intervento sul mio corpo. Proprio così. Immobile»

«La mia teoria su Dio press’a poco è questa: che Dio esiste in quanto l’abbiamo fatto noi. Il vitello d’oro faceva dei miracoli, senza dubbio, ma perché c’erano centomila persone che ci credevano»

«Credo che Dio esista in quanto esiste l’uomo. L’uomo cioè che ha sentito il bisogno, il desiderio di Dio e se lo è creato. Ma poi, col passare del tempo, il suo desiderio di Dio si è affievolito, si è fatto sempre più debole. E ne è nato un vuoto spaventoso che è la tragedia del mondo moderno»

«Non è che io creda in Dio o nell’al di là… ma complessivamente sono un uomo cristiano».

«Ho effettivamente la nostalgia di questa cosa che vorrei credere, e a cui non credo…»

«Non credo nel libero arbitrio […] io credo che se uno sceglie tra due possibilità nella sua vita, una di queste possibilità la sceglie perché non poteva far altro»

«Solo chi non mi conosce può pensare che ho composto il Poema a fumetti per fare una cosa stravagante, per mettermi in mostra e, perché no? Per aggiornarmi. Io non ho bisogno di aggiornamenti»

«Ci può essere umorismo in una vita tristissima…»

«Direi che la cosa che più mi ossessiona è il tempo che passa e che divora. L’uomo non è mai pari al tempo […]. Il tempo sempre lo macina e lo distrugge»

«Fate bene a insuperbirvi, o giovanotti. Noi siamo ormai vecchi, da buttar via. Il mondo è già vostro e voi intendete disporne a piacimento, avete tutte le ragioni. Dai nostri funerali rincaserete con un appetito formidabile, pieni di vitalità e di progetti. Alla sera, coricandovi, sentirete un doloretto a destra dello stomaco, per ora una cosa da nulla».

«Ero già vecchio… avevo già diciott’anni»

«A me fanno pena quelli che muoiono senza eredi di nessun genere. È terribile se non c’è nessuno che si rallegri della nostra morte, ma c’è solo gente che piange»

«L’idea di morire – fatta a freddo – adesso mi spaventa meno di una volta, perché credo di essere un po’ più ragionevole. Adesso mi fa paura il dolore e l’umiliazione»

«Ci sono delle cose che mi sembrano fatte anche abbastanza bene, perché un certo mestiere ovviamente me lo sono fatto, ma in fondo è una prestazione, come l’attore che fa un virtuosismo, una sera…»

«Epicuro disse: “eccomi giunto all’ultimo e più felice giorno della mia vita…”. Uno che dice così, evidentemente, è un essere superiore…»

«Sarò bestia ma per mio conto andare nelle città nuove per passare il giorno in musei e nelle conversazioni cogli insopportabili ciceroni è un cretinismo da tedeschi di razza. Come se una città fosse rappresentata da quelle cose che nemmeno i cittadini conoscono… cambierò».

«Benché sia notte alta non riesco a dormire; mi persuado sempre più che bisogna vivere in modo da poter dopo ricordare; e la vita idiota si snebbia presto ed è come perduta»

«Io ho sempre sognato di raggiungere un solo traguardo: quello di commuovere la gente che mi legge. Essere lodato dai critici non mi interessa. Piacere agli intellettuali meno che meno. Mi sentirei invece riempire d’orgoglio se un lettore sconosciuto mi venisse a confessare che l’ho fatto piangere»

«Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse.)»

 


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