Leo Longanesi, l'italiano contro

Aforismi
di Maria Teresa Petti
Ideazione di marzo-aprile 2007

«La destra? Ma se non c’è nemmeno la sinistra in Italia! Qui non c’è nulla. [...] Qui si vive alla giornata, tra l’acqua santa e l’acqua minerale».

«Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi».

«Conservatore in un paese in cui non c’è nulla da conservare».

«Una democrazia, quella italiana, in cui un terzo dei cittadini rimpiange la passata dittatura, l’altro attende quella sovietica, e l’ultimo è disposto a adattarsi alla prossima dei democristiani».

«Dilagano in Italia tre diverse specie di paura: quella di sembrare fascista, quella di non sembrare abbastanza fascista e quella di non essere antifascisti del tutto. Se ne deduce che, per un verso o per l’altro, si gira sempre attorno a un punto fisso, cioè il fascismo. Il che dimostra che non siamo ancora riusciti a vincere il nostro “complesso di colpa”. Non resta, allora, che accettare una volta per tutte il fascismo come una esperienza storica da mettere in disparte. Ma quel che ci divide da molti è la scelta del luogo nel quale collocare questa esperienza: noi suggeriamo il museo, altri la galera».

«Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa»

«I delusi siamo noi, delusi due volte: delusi ieri, delusi oggi; delusi della dittatura, delusi della democrazia; delusi degli opposti ideali, delusi degli stessi risultati. Siamo i veterani di due illusioni, i reduci di due sconfitte, carichi di speranze perdute. Giovani nelle nuvole di un’epopea fallita, ci ritroviamo vecchi soldati di un esercito coi tamburi bucati, e marciamo a casaccio dietro la bandiera di Arlecchino».

«Da noi gli uomini politici si compiacciono di essere, come si dice, “alla portata di tutti”, e di comparire effigiati in atteggiamenti confidenziali; e ritengono inutile, anzi passatista anzi reazionario avere uno stile che combini la semplicità con il decoro, come faceva Mazzini […] il quale quando si rivolgeva a un sovrano, magari per avvertirlo che era il momento di cedere il trono all’appello del popolo, lo faceva sempre con le debite forme, che gli aveva insegnato la signora Maria, sua madre».

«La carne in scatola americana la mangio, ma le ideologie che l’accompagnano le lascio sul piatto».

«I nostri letterati vanno a sinistra; essi sperano che a sinistra la fantasia sia più fertile. Il comunismo, per costoro, è un lassativo che dovrebbe smuovere la loro stitichezza».

«L’undicesimo comandamento: credi, ma disubbidisci».

«In Italia tutti sono estremisti per prudenza».

«L’ipocrisia non è un male; è anzi una conquista civile, un prodotto di alta pedagogia!»

«Due anni fa, pubblicammo un breve libro in cui rintracciando in certe vecchie zie le ultime custodi di un ordine morale perduto, ci chiedevamo: “Ci salveranno le vecchie zie dall’incalzante rovina che ci minaccia?”. Due anni sono passati in fretta e il comunismo non ha conquistato lo Stato ma è accaduto qualcosa di peggio, forse di irrimediabile; ed è che quelle zie hanno ceduto, hanno aperto il passo alle nipoti, alla radio, alla tv, al frigidaire, a Marlon Brando, al latte in scatola, al provvisorio, al facile, al futile, al morbido; anch’esse sono cadute nel grande equivoco progressista che ha travolto la borghesia: un equivoco vasto, in cui tutto si amalgama, tutto si confonde, tutto si decompone in quella vecchia, vile, stanca abitudine nazionale che è il conformismo. Questa brutta parola [...] è l’ultimo regalo che la dc ha deposto sotto il camino  nelle case borghesi».

«La democrazia delle classi aristocratiche e colte, che si chiama liberalismo, è gradevole; ma quella popolare è intollerabile. Una fila di carrozze è elegante: una fila di Vespe disturba».

«Alla manutenzione l’Italia preferisce l’inaugurazione»

«La perdita più grave che abbia avuto l’umanità dalla fine della guerra a oggi è la scomparsa di Stalin. Fin che lui era vivo, si riusciva a capire quello che non volevamo».

«Milano crede di essere Milano; Roma sa di essere Roma.»

«Non ho mai assistito ad una trasmissione televisiva e mai vi assisterò».

«Una bomba al tritolo reca meno danno di una trasmissione televisiva».

«La nostra vita politica [...] ormai si avvia verso il fascismo degli antifascisti, cioè un fascismo ritardato, più bonario ma più inconcludente, un fascismo senza nicotina in borghese, spoglio di miti e debole, ma condannato, di giorno in giorno, a prendere il potere».

«Noi siamo veramente un popolo di costruttori, abbiamo qui costruito e costruiamo a dosso e bisdosso, senza una preoccupazione al mondo, senza un ritegno e un po’ di tutto alla rinfusa: casone in stile razionale per bagnanti, Ina-case e villine a serie per i meno abbienti, ville sfacciate per i nuovi ricchi e gallinai pretenti per i nuovi poveri, e tutto brutto, e tutto ben vicino al mare [...]. Le antiche villone del Settecento, che furono un giorno l’ornamento di questa riviera, sono, in mezzo a questo bailamme televisivo, come signore bennate decadute fino a battere il marciapiede».

«Qualcuno, giorni fa, rivolgeva a un conoscente la solita domanda che gli italiani fanno per abitudine, e alla quale nessuno risponde mai nello stesso modo: “Lei è monarchico o repubblicano?” La risposta fu semplice, ma sincera: “Eh, secondo i giorni. Sarei monarchico, ma oramai...”. è una risposta modesta ma solenne. Quell’ormai spiega, illustra, chiude per sempre la storia della monarchia in Italia, e non si può dir di meglio né di più. Oramai la repubblica è fatta, l’unità storica italiana è spezzata».

«La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: ho famiglia»

«Non ci facciamo molte illusioni: accade sotto i nostri occhi qualcosa di irrimediabile che ci trascina alla rovina.[...] Navighiamo in un mare placido, seduti in coperta a guardare i gabbiani, ma c’è un cadavere nella stiva. E' il cadavere della Nazione. Noi non sappiamo più cosa sia una Nazione, lo abbiamo scordato, abituati come siamo a godere dei piaceri di questa falsa concordia, di questo marcio benessere, di questo lento tramonto. La decadenza della borghesia è senza rimedio; il suo disinteresse alla vicenda nazionale trapela da ogni fatto di cronaca»

«Non credo alla virtù. Esistono solamente dei “momenti” di virtù. Una virtù costante e cocciuta diventa, a lungo andare, un vizio.»

«La democrazia è una scusa per fondare giornali».

«Qual è la “cosa” che mi spaventa di più? Giudicare il prossimo. Ho detto giudicare, non condannare. Condannare è semplicissimo».

«Quale epigrafe vorrei avere sulla mia tomba? “Torno subito”».

 


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