1989-2004, quindici anni che hanno sconvolto l'Europa
 

Tutto cominciò la notte del 9 novembre di quindici anni fa. Era il 1989, un anno che sarebbe entrato nella storia. Nel buio di Berlino, allora divisa tra Est e Ovest come l’intera Europa, migliaia di persone premevano sui punti di passaggio tra i due settori della città in attesa che le guardie di frontiera della Repubblica democratica tedesca alzassero le sbarre. Dopo quasi quarant’anni Berlino si apprestava a ritornare una capitale unita. Pochi minuti prima, nel corso di una confusa conferenza stampa, Günter Schabowsky, portavoce della Sed, il partito comunista al potere in Germania Est, si era lasciato sfuggire una notizia che sarebbe dovuta rimanere riservata: lo Stato comunista, pressato da settimane di imponenti manifestazioni di piazza, apriva le proprie frontiere. “Anche quelle di Berlino?”, chiese un incredulo giornalista italiano. “Anche quelle – replicò Schabowsky, neppure troppo convinto – da subito”. Tempo qualche minuto e il tam-tam di una città in fibrillazione scaraventò migliaia di persone ai posti di frontiera. Era troppo tardi per rimediare. I “vopos” alzarono le sbarre. La gente tracimò dall’altro lato, baci, abbracci, lacrime e champagne. Il vaso di Pandora era stato scoperchiato. Niente sarebbe più stato come prima.

A poco meno di quindici anni da quella notte l’Europa si riunifica. Dieci nuovi paesi, in gran parte dell’Europa centro-orientale, entrano a far parte dell’Unione. Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro, Malta e Slovenia. Si passa da 15 a 25 membri, in attesa che fra tre anni Romania e Bulgaria (e magari Croazia e Turchia) completino lo scacchiere. Poi si passerà agli altri paesi balcanici, ancora in ritardo sul piano politico ed economico. Il primo maggio sarà una festa, per celebrare i dieci nuovi arrivati. Il processo di allargamento è concluso, il continente riunificato, il comunismo morto e sepolto. O quasi. Si rifonda a Occidente, dove il passato ha il sapore della democrazia portata dagli anglo-americani, ma laddove il comunismo è stato vita quotidiana allora non c’è futuro. Neppure le durezze degli anni della transizione hanno realmente seminato la nostalgia per gli anni dello stalinismo.

Ideazione, nella sua storia ormai decennale, ha seguito la transizione dei paesi ex-comunisti con grande partecipazione. Ha raccontato ai propri lettori le speranze, le preoccupazioni, le ambizioni dei cittadini della Nuova Europa. Tanti reportage hanno spiegato cosa davvero pensavano quelle genti. Negli anni Novanta una leggenda metropolitana in Europa occidentale propagandava stanchezza e disincanto verso il libero mercato e la democrazia nelle terre est-europee. Non era così e noi lo abbiamo testimoniato, dando la parola ai protagonisti di questa traversata lunga e difficile ma che non è affatto stata una traversata nel deserto. Poi, di colpo, sul finire degli anni Novanta, il panorama è risultato a tutti assai più roseo, i sacrifici hanno cominciato a dare i frutti sperati, i colori e le passioni hanno rivoluzionato piazze, strade, anime e genti, da Varsavia a Tallin, da Budapest a Praga, da Lubiana a Bratislava.

Oggi le sfide sono tutte nuove e riguardano un’Europa che si allarga ma non rimarca la propria identità. Un’Europa gonfia di abitanti, di regole, di benessere ma che non sa più cosa vuole né dove andare. Una Costituzione che piace a pochi e che forse non serve a nessuno e che comunque non è stata ancora approvata. Un’impalcatura istituzionale che rischia di implodere sotto il peso di 25 paesi. Una politica estera inesistente (dov’è Bruxelles nella crisi irachena degli ostaggi di un suo paese membro?). Un governo lontano dal controllo popolare. Un Parlamento ideologico che sforna mozioni solo su sollecitazioni di tipo elettorale. Grandi raggruppamenti sovranazionali che non reggono le tensioni di diverse sensibilità. Non è un bel bilancio quello che Romano Prodi e la sua commissione ci consegnano dopo cinque anni di lavoro. Consoliamoci con l’entusiasmo dei dieci nuovi vicini. Qualcosa dei festeggiamenti di quella notte berlinese è rimasta nei nostri cuori. (p. men)




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